Una metafora perfetta

C’è qualcosa di strano nella foto ufficiale di Obama e dei leader europei riuniti ieri a Hannover. Come sempre, sorridono davanti alla bandiera del loro paese. Come sempre, Merkel ha le mani congiunte, Hollande l’aria impacciata, Renzi è un po’ scomposto. Ma sulla destra della foto c’è un elemento strano, che ne sballa la simmetria – una bandiera europea tutta sola. Sembra quasi una svista nella scenografia, un errore del protocollo. Forse in quel momento Jean-Claude Juncker era andato in bagno?

E invece non c’è stato nessun errore, nessun contrattempo. Al vertice tra Obama e i principali leader europei il presidente della Commissione non era proprio stato invitato, anche se si parlava di argomenti che lo riguardavano. Lo stesso Obama aveva appena pronunciato un “discorso agli europei”: «Sono venuto qui oggi, nel cuore dell’Europa, per dire che gli Stati Uniti e il mondo intero hanno bisogno di un’Europa forte, prospera, democratica, unita», per riconoscere che il successo dell’integrazione europea «rimane uno dei più grandi successi politici ed economici della nostra epoca», e per ricordare che «un’Europa unita – un tempo sogno di pochi – rimane la speranza di molti e una necessità per tutti noi».

Obama viene per dire queste cose, ma trova una situazione piuttosto diversa da quella che descrive. Una situazione rappresentata perfettamente dalla foto di ieri: l’Europa unita è una presenza retorica marginale, l’Europa vera sono quattro leader diversi spesso in disaccordo tra loro. La marginalizzazione della Commissione è data ormai così per scontata che nessuno sembra stupirsi di quella strana foto; né la stampa né i politici sembrano essersi accorti dell’assenza di Juncker dal vertice.

In realtà non c’è nulla di normale in quell’assenza: era da quarant’anni, dal G7 di Londra del 1978, che il presidente della Commissione europea partecipava ai vertici dei leader occidentali. Ai primi vertici G5, G6, G7 la sua non era una partecipazione scontata – ma Roy Jenkins, il presidente di allora, si impuntò e fece nascere questa prassi. Ieri invece in conferenza stampa il portavoce della Commissione dichiarava che a loro sta benissimo così: i leader europei possono discutere di questioni che riguardano direttamente la Commissione senza neanche fare finta di coinvolgerla. Per lungo tempo la Francia non ha voluto che l’Unione europea adottasse ufficialmente una sua bandiera, per il timore che finisse poi per nascere uno stato federale. È andata a finire esattamente nella maniera opposta, con le istituzioni comuni che in pratica non contano nulla – e che non chiedono nemmeno più di contare qualcosa. La bandiera europea non è diventata il simbolo di un superstato federale, è diventata un semplice ornamento che pare brutto tagliare dall’inquadratura.

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(Pubblicata da Matteo Renzi su Twitter)

Lorenzo Ferrari

Lorenzo Ferrari è uno storico, di mestiere fa libri. Gli piacciono l'Europa, le mappe e le montagne; di solito vive a Trento. Su Twitter è @lorferr.