Più francescana di Francesco

Il velo lungo è una forma di censura, lei andava a piedi nudi e non li nascondeva.

11 agosto – Santa Chiara (1193-1253), fondatrice delle Clarisse, amica di Francesco, patrona della TV.

C’è questa proposta di legge di cui avrete sentito parlare, che vorrebbe introdurre il “reato di istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare”. Nel mirino ci sarebbero soprattutto i siti pro-ana, di cui da qualche tempo non sentivo più parlare; e invece nella bozza della legge c’è scritto che in Italia ce ne sarebbero almeno trecentomila. Io è da molti anni che bazzico nell’internet italiana, e ormai avevo la sensazione di conoscere tutti perlomeno di vista – quel tipo di percezione che ti è nota se passi i tuoi vent’anni in una cittadina di medie dimensioni – niente, mi stavo ormai convincendo che l’internet italiana fosse una cittadina di settantamila anime nei giorni feriali. Poi improvvisamente salta fuori che nascosto da qualche parte (in un sotterraneo?) c’è un capoluogo di regione tutto di ragazze magre magre magre che vogliono essere ancora più magre, ancora più magre, finché muoiono. Boh. Comunque una legge del genere avrebbe falciato anche un sacco di trattati di mistiche e sante medievali, per le cronache dei digiuni che compivano o che raccomandavano (e che le mandavano in paradiso molto presto). Ma in un certo senso è sempre stato così, non è che procurarsi i loro libri fosse molto semplice nel medioevo e durante la controriforma. I digiunatori – e ancor più le digiunatrici – hanno sempre creato qualche preoccupazione nell’autorità costituita, che si preoccupa per la nostra salute ma anche delle eventuali difficoltà che abbiamo a prendere il posto che ci è stato assegnato.

Il caso di Chiara Scifi è un po’ diverso. Non che non digiunasse – era anzi una campionessa della categoria – ma le sue lettere non ci lasciano nessun compiacimento morboso. Nessun delirio mistico. È anche vero che ne scrisse poche, ma ci danno la sensazione di una persona poco incline alle esperienze estreme. Ad Agnese di Boemia lascia intendere che dovrebbe anzi sforzarsi di mangiare qualcosa di più:

Siccome però, non abbiamo un corpo di bronzo, né la nostra è la robustezza del granito, anzi siamo piuttosto fragili e inclini ad ogni debolezza corporale, ti prego e ti supplico nel Signore, o carissima, di moderarti con saggia discrezione nell’austerità, quasi esagerata e impossibile, nella quale ho saputo che ti sei avviata.

Santa Chiara è un caso forse unico di mistica non visionaria: l’unica esperienza che si può paragonare a un’allucinazione fu quella famosa messa di Natale a cui avrebbe voluto tanto partecipare – celebrava il suo amico Francesco – ma siccome era malata a letto, se la vide scorrere davanti come, come… come una diretta televisiva! (Pare che fu Ugo Gregoretti a suggerire l’episodio a Pio XII che stava cercando un patrono del nuovo media audiovisivo). A dire il vero fu una tv un po’ più interattiva di quella che abbiamo in casa, visto che in Chiara riuscì persino a fare la comunione. Forse a monte dell’aneddoto c’è soltanto una metafora colloquiale, qualcosa come “mi sembrava che tu fossi qui davanti a me”, che gli agiografi hanno sviluppato nel modo più miracolistico possibile. In ogni caso è molto significativo che l’unica visione miracolosa di Chiara non riguardi né il Santissimo, né Maria, né Madonna Povertà: Chiara vide il suo amico Francesco.

Giotto: Pianto di Santa Chiara su Francesco morto. Non so la storia del tipo che monta sull’albero, ma un po’ mi ci riconosco: un impiccione che vorrebbe saperne di più senza averne il diritto.

Credo che per capirla dovremmo partire da qui. Chiara amò Francesco per tutta la sua vita, che fu più lunga di quella dell’amico. Fu la prima ragazza a seguirlo – forse non aveva 18 anni – entrando in rotta con la famiglia nobile che l’avrebbe preferita accasata con qualche cavaliere, o persino monaca, se proprio ci teneva: ma in un monastero come si deve, servita e riverita da monachelle di rango inferiore. Chiara invece voleva vivere del sudore della sua fronte e se ne scappò in quella comune della Porziuncola che forse non aveva ancora ottenuto l’approvazione papale: in sostanza, quando Chiara si fece tagliare i capelli, Francesco era ancora il capo carismatico di una piccola comunità di giovinastri di buona famiglia scalzi e vestiti di sacco che andavano in giro cantando e restaurando chiesette diroccate. Prima o poi si sarebbero stancati, come si erano già stancati di altre cose, degli amorazzi e della guerra. Oppure si sarebbero montati la testa come i patarini o i valdesi, e sarebbe stato necessario bruciarne un po’. La situazione era talmente rischiosa che lo stesso Francesco cercò di allontanare la ragazza, indirizzandola presso un monastero benedettino. Chiara non ci restò a lungo… (continua…)

Tornò ad Assisi, riuscì a trovarsi un posto a San Damiano, e nel giro di pochi anni dirigeva un convento. Tra le prime seguaci (che poi sarebbero state chiamate ‘clarisse’), una sorella e la madre.

Francesco è figlio di un mercante, anche se molto ricco, mentre Chiara è figlia di una famiglia nobile, una delle più importanti di Assisi. Chiara quindi è più colta, conosce bene il latino, e ha una mentalità diversa da Francesco perché, per esempio, non ha, come lui, orrore del denaro. Per Francesco il fatto di essere figlio di un mercante è sentito come un marchio. Dice ai frati che non devono mai toccare il denaro. Per lui anche chiedere la carità era rubare ai poveri. Noi siamo abituati a parlare di ordini mendicanti, ma al tempo di Francesco era assolutamente proibito chiedere l’elemosina. Tutti dovevano vivere con il lavoro delle proprie mani e Francesco puniva anche in modo molto crudele i frati che avevano toccato del denaro, sia pure per usarlo poi per i malati. Non andava bene lo stesso. Invece Chiara, anche nella regola che scriverà, dice che, se qualche parente dà dei soldi a una monaca, la Superiora glieli deve lasciare, sarà la monaca stessa a decidere cosa farne, se tenerli per sé o darli a un’altra consorella oppure ai poveri (Chiara Frugoni quando parla di Santa Chiara è meravigliosa).

Nel 1209 Francesco prese la decisione più ragionevole e controversa della sua vita di giullare di Dio: decise di affidarsi al Papa. Si recò addirittura a Roma per convincerlo. Non era una mossa così scontata: Innocenzo III non rientrava certamente nell’idea francescana di povertà. Lotario dei Conti di Segni aveva appena incoronato un imperatore e lo avrebbe scomunicato di lì a poco. Prostrarsi a lui, venirci a patti, era magari l’unico modo per non essere presto o tardi spazzati via da un’inquisizione: ma comportava inevitabilmente qualche compromesso. Francesco stesso finì per sottoscrivere nel 1223 una nuova Regola meno estrema, stilata in collaborazione con un cardinale. Ma era ormai un Francesco stanco, sfinito dalle penitenze e dai lunghi viaggi, dimissionario dal suo stesso movimento, che sarebbe morto di lì a quattro anni. Chiara ne aveva una trentina, e si ritrovava senza più guide a capo del ramo femminile di un movimento religioso in piena espansione. Altre al suo posto si sarebbero lasciate andare – in fondo bastava digiunare con più assiduità, chi avrebbe impedito a una ragazza già acclamata come santa di raggiungere un po’ più presto il proprio posto nel calendario?

Chiara invece resistette su questa terra altri per altri 27 anni, e non cedette mai. Restò fedele a Francesco e a tutto quello che aveva rappresentato. Non mise mai i sandali, né il velo da badessa: continuò ad andare scalza e vestita di stracci finché riuscì a uscire dal convento. Quando fu il momento di far riscrivere al cardinale anche la regola delle clarisse, Chiara tenne duro. Il progetto era creare un grande movimento di monache di clausura che nel segreto dei loro chiostri l’avrebbero venerata come fondatrice. Chiara non strepitò, non si lamentò, non sognò madonne o cuori di Cristo sanguinanti, ma non firmò. Qualche anno dopo fu quello stesso cardinale, eletto Papa, a cedere: Chiara ottenne il “privilegio della povertà”, in sostanza il diritto di seguire la sua regola originale (modellata sugli insegnamenti di Francesco) e andar scalza.

Get thee to a nunnery, go.

A quel punto Chiara probabilmente non scendeva più da letto. Lavorava ancora al filatoio; ogni tanto magari si riguardava quella vecchia messa di Natale in videocassetta. Ma quel che importa è che nella regola ci fosse scritto che le clarisse potevano uscire, dal convento, e lavorare: anche ben calzate, se il lavoro lo avesse richiesto. Con Chiara le suore escono dai conventi ed entrano nel mondo. Ci sarebbero rimaste poco, ma fu un precedente importante.

Bisogna arrivare fin quasi al 1500 per incontrare donne religiose che lavorano negli ospedali o che insegnano. Prima per le donne c’era solo la clausura. Chiara, invece, voleva portare avanti la proposta di Francesco, naturalmente con alcune limitazioni e cautele perché anche lei, donna di quel tempo, non è che pensasse di andare in piazza. Però, come si desume da tante cose che lei dice, prevedeva non solo un continuo rapporto con Assisi, ma anche delle sue monache con la gente. Il suo è un monastero aperto, vanno e vengono una quantità di persone: mamme con bambini che si sono fatti male, donne che soffrono, ma anche uomini che hanno problemi con la moglie… E Chiara predica, fa proprio delle prediche. Uno dei miracoli di Chiara ci racconta che un giorno l’uscio del monastero si sgancia e cade su Chiara ma lei rimane illesa. Si può desumere che un monastero il cui uscio era così traballante fosse assai poco custodito e quindi molto aperto. Poi Chiara non definisce mai in maniera molto precisa il rapporto con le monache che servono fuori del monastero, lei le tratta esattamente allo stesso modo delle monache che rimangono dentro il monastero. Dagli indizi che si possono ricavare sono monache che vanno a curare dei malati, soprattutto le lebbrose. E lei dice loro: “Quando siete per la strada e incontrate la gente, dite quanto è bello il creato, quanto sono belli i fiori, cercate di dire, appunto, la gratitudine che bisogna avere per questo mondo così bello”

Di Chiara i cronisti parlano poco. Soffre senz’altro la vicinanza con Francesco, la cui vita fu senz’altro più interessante e avventurosa. Francesco digiunava, ma andava anche alle crociate, e aveva visioni mistiche, e dettava i cantici, e se ne andò presto lasciò un movimento nel caos. Chiara scriveva poco, alle crociate non poteva andarci, di visione ne ebbe una sola. Me la immagino raggrinzire nella sua cella come una tartaruga, saggia e tetragona. Francesco aveva tante idee per la testa: qualcuna la realizzò, altre si persero per strada. Chiara aveva un’idea sola: ci appoggiò la casa sopra ed è ancora lì. La più francescana dei due, probabilmente.

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.