Chi tocca Barbara muore

4 dicembre – Santa Barbara (273-306), mina vagante

Martirio e folgorazione (un olio di Antonio Concioli, di rara violenza).

Martirio e folgorazione (un olio di Antonio Concioli, di rara violenza).

Stamattina alla fine la Messa nel tunnel TAV di Susa la celebreranno. Ieri a un certo punto sembrava di no, era scoppiato un piccolo caso perché nessun parroco della Valle si era detto disponibile. Per i No-Tav si trattava di una dimostrazione di impopolarità dell’opera, e quindi il vescovo si è affrettato a spiegare che no, non c’è nessuna volontà di protesta; è solo che i parroci della diocesi sono tutti impegnati e che quindi bisognerà farne venire uno da fuori. Meno male, perché oltre a essere patrona dei vigili del fuoco, dei marinai, degli artiglieri, degli architetti, dei muratori, dei campanari e degli ombrellai, Barbara è veneratissima anche dai minatori, che fino a qualche tempo fa piazzavano una sua statuetta all’imbocco di ogni nuovo traforo. Esplosioni e incendi del resto continuano a essere gli incubi più ricorrenti di chi scava sotto terra. Ma la Barbara originale guardava piuttosto verso il cielo; la sua specialità era la folgore.

Doveva essere una ragazza particolarmente graziosa, poiché il padre decise di rinchiuderla in un’altissima torre – anch’io farei lo stesso – onde mettere più spazio possibile tra lei e i suoi spasimanti, tra l’infanzia beata e il matrimonio, le responsabilità, l’invecchiamento e la morte. Il progetto della torre prevedeva due finestre, ma Barbara s’impuntò coi manovali: tre, ne voleva tre. Quando udì del capriccio, il padre pensò tra sé e sé: tre? Come il Padre, il Figlio, e Quell’Altro? ecco, mi è diventata pure cristiana. Ai tempi era peggio di scoprire un figlio gay – Diocleziano era appena andato in pensione, ma le persecuzioni proseguivano violentissime; insomma, dopo essersi svenato per costruire una torre con tutto ciò che comporta di permessi e bustarelle e vertenze con le maestranze, il genitore decise che dopotutto sua figlia non meritava di vivere e la denunciò al magistrato. Quest’ultimo sarebbe stato infine colpito dalla folgore, ma non prima di infliggere tutte quelle torture che vivacizzano le altrimenti noiosissime pagine di Iacopo di Varazze, rendendo un po’ piccante il pasto dei monaci (che le leggevano appunto in refettorio): Barbara fu dunque flagellata, ma il flagello si trasformò in piumino per miracolo – poi fu un po’ bruciacchiata, le furono mozzati i seni e quindi fu decapitata, buon appetito confratelli, oggi abbiamo brodo di pollo con dadini di pane secco.
“Ma è abbrustolito almeno?”
“Stai scherzando? Lo sai quanto ci si mette ad accendere un fuoco?”

"Tre finestre, capite? Questa svergognata..."

“Tre finestre, capite? Questa svergognata…”

Fosse un’invenzione un po’ più recente, probabilmente il cattolicesimo avrebbe previsto una specializzazione più capillare: e avremmo un santo diverso per gli ustionati, per gli elettricisti e per gli artificieri. Invece è roba di venti secoli fa, quando le esplosioni erano ancora eventi più che fortuiti, miracolosi: e una santa sola bastava e avanzava per fulmini e incendi. L’arrivo della polvere da sparo nel ‘400 cambia radicalmente le cose: da lì in poi “santabarbara” diventa sinonimo di polveriera, soprattutto sulle imbarcazioni. L’età moderna è l’età delle esplosioni: tutto ciò che è interessante è infiammabile. Per Benjamin (pron. “Beniamin”) l’uomo moderno nasce con il fiammifero, quando per la prima volta una lunga prassi quotidiana viene sostituita da un gesto rapido e violento, uno scatto: oggi la nostra vita è tutta un premere tasti, aprire e chiudere miliardi di circuiti con un clic o un tap, ma è tutto cominciato coi fiammiferi. Quando rilevò il patronato della folgore dal suo predecessore, Giove Pluvio, l’elettricità era curiosa bizzarria della natura, temibile ma abbastanza occasionale: oggi ci possiede e ci ricatta, non riusciremmo nemmeno a uscire di casa (senza ascensore? senza luce per le scale? E magari è elettrica pure la serratura).
Ma Santabarbara nella mia testa è sempre rimasta la polveriera nella nave dei pirati, quella che bastava colpire con un petardo per far esplodere tutto il vascello. L’unica femmina ammessa a bordo, una mina vagante sotto i nostri tacchi e le nostre gambe di legno. Certe donne mi fanno ancora quest’effetto, e poi si domandano perché non mi faccio mai vivo, che mi è successo? Una volta non ero così stronzo, Eh, si sa, gli impegni, la famiglia, il tempo è sempre meno – tutte balle, vi porto ancora nella mia stiva. Ma ho una paura matta che esplodiate. Basterebbe un niente, attivare un circuito, inviare un impulso, premere un tasto, comporre un numero, mettere un like: Booooooom.

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.