La libertà delle piccole scelte

Questa sera di ottimo umore mi vestirò e mi preparerò a cenare con Federico e alcuni amici e poi a passare con loro una serata di gioia e di allegria in un locale pubblico di una capitale europea, una di quelle città che non è in Italia ma è come se lo fosse: un po’ perché senti parlare italiano a ogni angolo di strada; un po’ perché in fondo per arrivare in aereo da queste parti ci vuole più o meno lo stesso tempo, ma meno soldi, che ci vogliono per arrivare da Milano a Palermo; un po’ perché tante persone dalla mia generazione in giù hanno fatto di questa città la loro casa. Mentre ci pensavo non ho potuto fare a meno di pensare che sono esattamente nel medesimo stato d’animo in cui doveva essere Valeria Solesin, e con lei tante altre persone a Parigi, nel pomeriggio di quel 13 novembre che ha spezzato le loro vite e cambiato probabilmente le nostre: felice e pronto a godermi la serata.

Confesso che questo senso di improvvisa immedesimazione mi ha fatto guardare alle prossime ore da tutta un’altra angolazione. Ho pensato anche al pomeriggio del 13 novembre vissuto da quei ragazzi, per la massima parte europei come noi, che in quelle ore si preparavano a uccidere e a morire. Ci fossero qui ragazzi come quelli, e sicuramente ce ne sono, e stessero preparando una macelleria come quella parigina – mi sono detto – quale miglior momento per far casino di una notte come quella di capodanno? Quale miglior posto della capitale di uno stato storicamente alleato degli Stati Uniti, militarmente impegnato contro Daesh? Quale miglior obiettivo di un locale stipato di persone possibilmente dedite a un peccaminosissimo “stile di vita”, la cui esistenza per Daesh merita di finire nel migliore dei casi con un volo giù da una finestra? Ammetto che una voce mi ha detto che la cosa migliore da fare era cambiare programma stasera, e di restare a casa.

Racconto questo episodio perché ho pensato che se in me, che pure mi ritengo persona lucida e tendenzialmente al riparo da fobie immotivate, si era sistemato da qualche parte a dormire il seme della paura, allora voleva dire che gli attacchi di Parigi avevano sì potenzialmente cambiato la vita mia e di molto altre persone e che a questo punto mi trovavo per davvero, concretamente, davanti a una scelta secca. O rinunciare alla mia festa o non farlo, non vi era terza alternativa. Ovviamente ho deciso che ci andrò, e credo anche che berrò un secondo drink in omaggio alla libertà, alla laicità, alla vita e a quella meravigliosa frase della famosa canzone di John Lennon, quando dice “Nothing to kill or die for”.

Ci andrò perché quest’oggi ho toccato per la prima volta con mano la possibilità di cambiare la mia vita non solo potenzialmente, ma concretamente, davvero. Cominciando a classificare i posti dove vado come “obiettivi sensibili” o meno: ma qual è poi un obiettivo non sensibile? Forse non lo sono il parlamento o gli uffici del governo dove lavoro, per i quali la sicurezza è garantita, ma magari lo sono i tratti di strada che faccio a piedi per andare al lavoro o per tornare a casa. Forse non lo sono gli hotel dove dormo o i posti dove mangio quando vado in Puglia, ma magari lo sono gli aeroporti di Milano, Roma e Bari che sono le mie basi nei viaggi da e per la Puglia. Magari non lo è la strada dove abito a Milano, ma forse lo è il supermercato dove faccio la spesa. Di Londra, altra città dove ancora passo una rilevante parte di quel poco di tempo libero che mi è rimasto, non ne parliamo proprio: praticamente una città con sopra il disegno dei centri concentrici di un bersaglio del tiro a segno.

Insomma, teoria a parte, quest’oggi mi è sembrato di avere davanti a me la scelta definitiva nella guerra personale che ciascuno di noi combatte con Daesh: quella della difesa della propria libertà personale e delle piccole scelte della propria vita. Stasera andrò dunque a cena casa di amici, e poi con il mio compagno a una festa, dove ci sarà musica, gioia, e gente che celebrerà in libertà e rispetto degli altri l’arrivo del 2016. Niente da fare: non mi avranno, non ci avranno.

Ivan Scalfarotto

Deputato di Italia Viva e sottosegretario agli Esteri. È stato sottosegretario alle riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento e successivamente al commercio internazionale. Ha fondato Parks, associazione tra imprese per il Diversity Management.