Non si passa

Cosa penso della condanna definitiva di Berlusconi? Che in teoria sposterebbe anche poco: non è certo da oggi che la storia giudiziaria del cavaliere lo rende “unfit” non solo a governare l’Italia, ma anche a essere un personaggio pubblico. I milioni di voti che prende non sono né un lasciapassare né un lavacro: in nessun paese occidentale una persona con quel curriculum (ripeto, anche prima della Cassazione) avrebbe l’ardire di stare sulla scena pubblica.

Il problema del PD, checché ne dicano Vendola e Grillo, non sorge dunque con il passaggio in giudicato della sentenza per la frode fiscale. Il nostro problema è stato ed é quello di aver fatto un governo col PdL e con Berlusconi, e risale a quel momento. La ragione per cui lo si è fatto è che si è ritenuto che la situazione non consentisse altro. L’esito delle elezioni, la legge elettorale vigente, la situazione economica e la paura che i mercati voltassero le spalle a un’Italia che si fosse trovata ad affrontare le seconde elezioni generali in pochi mesi, peraltro senza nemmeno la garanzia di ottenere uno scenario più stabile.

Nemmeno una di queste circostanze è venuta meno dopo la sentenza di giovedì sera, e quindi nessun motivo per far cadere il governo. Fatta eccezione per una fondamentale questione, tutta interna al PdL, quella sì sorta con la decisione della Suprema Corte: se la condanna di Berlusconi sia per il PdL prevalente rispetto alle ragioni emergenziali che hanno condotto alla nascita del governo. Se veder condannare il proprio “leader maximo” sia un affronto tale da fregarsene della disperazione del paese.

Quando giovedì sera ho affrontato la Santanché a Linea Notte, la pitonessa ha detto che la questione della condanna di Berlusconi è più importante della crisi italiana, perché costituisce una limitazione dei diritti della democrazia. A me pare invece che si tratti di un’affermazione della democrazia, perché si è affermato con chiarezza che la legge è uguale per tutti, e che il consenso popolare non costituisce un’eccezione alla regola per cui la responsabilità penale è personale. Ma tant’è.

Io credo che il PD debba essere saldo nei suoi principi. Se ci sarà da sostenere Letta e il suo governo in un’azione efficace di governo (che sia efficace!), dovremo essere là. Se il PdL deciderà di staccare la spina, dovremo saper far fronte a una nuova campagna elettorale o, perché no?, all’idea di un governo con M5S, sempre che Grillo & Casaleggio recuperino il ben dell’intelletto. Se in nome dell’emergenza abbiamo considerato un’alleanza con Berlusconi, in nome della stessa emergenza dovremo adattarci a governare pure con Grillo. Quanto meno per fare la legge elettorale, qualche provvedimento importante che continua a essere atteso e poi tornare a votare nello stesso tempo che ci si attendeva in ogni caso.

Il nostro ruolo non può che essere quello di coloro che senza esitazioni difendono l’assetto costituzionale della repubblica, la legalità, la separazione dei poteri e ogni altra caratteristica fondamentale dello Stato democratico. Se qualcuno vuole farci diventare una satrapia post-sovietica, sappia che di qui non si passa.

Ivan Scalfarotto

Deputato di Italia Viva e sottosegretario agli Esteri. È stato sottosegretario alle riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento e successivamente al commercio internazionale. Ha fondato Parks, associazione tra imprese per il Diversity Management.