Un mexican standoff all’italiana

Ieri notte, tra me e me, poco prima di prendere sonno, ho provato a ricapitolarmi il momento politico, gli ultimi mesi e quindi l’improvvisa rottura tra le colombe PDL e il senatore Berlusconi. Per un istante mi si è riproposta in mente l’immagine e la metafora del mexican standoff: come noto, tre o più uomini che tengono l’arma puntata l’uno contro l’altro. Poi, all’improvviso, a palpebre chiuse, si è proiettata una seconda immagine. Forse più congrua. La seguente.

Angelino Alfano, all’ultimo piano della nuova sede di Forza Italia, viene ricevuto da Silvio Berlusconi. È notte. I due si guardano, dopo le incomprensioni degli ultimi giorni, si avvicinano, si tendono la mano, e poi si abbracciano. Nel mentre Alfano oltre la spalla di Berlusconi guarda nelle pupille di Maurizio Lupi, che è appena uscito da una tenda stringendo un coltello in mano, e con un movimento delle pupille Alfano fa capire a Lupi che è giunto il momento di uccidere. Ora.
Lupi fa per avvicinarsi, alzare la lama e pugnalare Berlusconi, ma proprio in quel momento Berlusconi ha guardato oltre le spalle di Alfano nelle pupille di Ghedini, che è appena uscito da una tenda stringendo un coltello in mano, e con un movimento delle pupille gli ha fatto capire che è giunto il momento di uccidere Alfano.
Oltre la figura composta dei due uomini abbracciati, Ghedini vede Lupi, e Lupi vede Ghedini, i quali sono così costretti a restare immobili, come statue, con i due pugnali levati, scintillanti e minacciosi.
Non vola una mosca.
Tappeti e velluti spengono ogni rumore.

Berlusconi e Alfano sono altrettanto obbligati a perdurare nell’abbraccio, e intanto Berlusconi annusa l’odore di lui, lo aspira e lo manda dentro i polmoni, e non può trattenersi dall’ordinargli di cambiare profumo, come già chiese a Bonaiuti di cambiare cravatta, mentre Alfano inala l’odore della pelle di lui, che è qualcosa di strano, di inusuale, tra il lucido da scarpe e la paraffina, che gli provoca periodici attacchi di tosse.

La cosa è andata avanti per giorni e giorni, per settimane e mesi, immobili a pugnali alzati Lupi e Ghedini, con Dudù che ha scodinzolato attorno a Berlusconi e Alfano, fiutando le scarpe, il risvolto dei pantaloni, e arrivando a fare un bisognino proprio lì, ai loro piedi, e così, restando abbracciati e avvinti l’uno all’altro, come un padre e un figlio che non si sono mai amati, trattando all’infinito direttamente nelle orecchie dell’uno e dell’altro, un mattino di sole forse si presenterà Gianni Letta, con paste e cappuccino, ad accarezzargli la nuca e a sussurrare una parola di pace. Oppure no, entrerà e troverà una strage.

Ivan Carozzi

Ivan Carozzi è stato caporedattore di Linus e lavora per la tv. Ha scritto per diversi quotidiani e periodici. È autore di Figli delle stelle (Baldini e Castoldi, 2014), Macao (Feltrinelli digital, 2012), Teneri violenti (Einaudi Stile Libero, 2016) e L’età della tigre (Il Saggiatore, 2019).