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  • Mercoledì 10 giugno 2015

8 categorie per classificare i libri

#CollegeScrivere

Entrare in una libreria può far venire il mal di testa. Troppi titoli. Manca il senso dell’orientamento. Ultime uscite. Narrativa. Saggi. Gialli. Fantasy. Poesia. Teatro. Ragazzi.
Da secoli i libri vengono catalogati, più o meno, in questo modo. Che si tratti di una catalogazione superata, oltre che confusionaria?
Di certo non aiuta il lettore esperto – né tantomeno quello occasionale o quello che vuole iniziare a costruirsi una cultura letteraria – a scegliere il libro più consono alle sue esigenze.

La libreria è l’unico negozio che non espone in vetrina i migliori prodotti che possiede, bensì gli ultimi arrivi. Che spesso sono banali best-seller.
I prodotti più sofisticati sono nascosti tra gli scaffali. Difficile andarli a scovare senza una guida e, poiché i gusti sono soggettivi, chi lo ha detto che la guida (una guida può essere anche lo scaffale “Imperdibili” oppure quello “I migliori libri da leggere prima di…”) riesca davvero ad appagare i gusti del lettore?

Lettera V: Fabio Volo, Kurt Vonnegut. Cosa hanno in comune Volo e Vonnegut? Niente. Eppure si trovano nello stesso scompartimento. È chiaro che si tratta di una catalogazione confusionaria.
La letteratura è una delle forme d’arte più potenti, se parliamo di emozioni. Ci sono frasi che ti entrano dentro e dopo un secondo non sei più quello di prima e osservi la realtà in un modo nuovo.
La prima volta che mi successe fu con Le città invisibili di Italo Calvino.
Se non fosse stato per la biblioteca di mio padre, mai, entrando in libreria, avrei trovato quel libro, perché, da neofita, avrei seguito la massa e comprato l’ultimo best-seller, quello con la dicitura “3 edizione in due settimane”, convinto che solo perché lo leggevano tutti si sarebbe trattato di un grande libro.

Così per scegliere ci si affida alla classifica dei libri più venduti o alle novità del momento, si legge la quarta di copertina e tutto diventa una questione di “trama” come se si fosse da Blockbuster. Drammatico, avventura, per ragazzi, thriller, fantascienza, fantasy.
Però un libro non è un film. È stupido classificarlo come un film, è necessario inventarsi un altro modo. Anche perché le opere di narrativa sono una forma d’arte che non deve per forza intrattenere.

Dico una cosa banale: i libri sono diversi gli uni dagli altri, anche quelli appartenenti a uno stesso genere.
Cos’è che li differenzia?
Le inferenze. Cioè i vuoti temporali creati dall’autore. Vuoti che tocca al lettore riempire. Più ampi e frequenti sono i vuoti, più la comprensione del libro diventa ostica. La differenza tra un best seller e un libro di DeLillo (tanto per citare un autore considerato “difficile”) sta nel fatto che nel best seller tutto viene detto, il lettore deve solo lasciarsi trasportare dall’autore, mentre in DeLillo è ciò che non viene detto a risultare fondamentale per la comprensione della storia.
È un po’ quello che succede con la settimana enigmistica. C’è chi fa i cruciverba facilitati, chi i rebus, chi si i limita ad unire i puntini. È chiaro che non si può dare un giudizio estetico. I rebus non sono migliori dei cruciverba perché più difficili, tantomeno più “belli”.

Leggere un best-seller spesso equivale ad unire i puntini della settimana enigmistica. Leggere DeLillo, al contrario, equivale a risolvere rebus intricati. Riuscirci richiede allenamento. Si inizia dai puntini, si passa ai cruciverba, si finisce a DeLillo. È una questione di scelta, non mi permetterei di giudicare l’intelligenza di una persona sulla base di questa scelta.
(Conosco ingegneri ed informatici geniali che non riescono a risolvere neanche i cruciverba facilitati, per esempio)

Troppi libri. Cruciverba mischiati ai rebus. Non se ne viene a capo. Che una soluzione per riavvicinare la gente alla narrativa sia ordinare questo mondo caotico?
Ma per mettere in ordine bisogna fissare delle direttive.
Categorie, le chiamo io. È quello che mi sono divertito a fare. Si tratta di una sorta di esperimento. Pretestuoso stabilire se sia riuscito o meno, perché, al momento, tale esperimento è solo un insieme di parole su un blog del Il Post.
Per ogni categoria ho inserito 10 libri. Mi sono basato sulla mia esperienza di lettore e sui consigli ricevuti da scrittori, editori, editor, sceneggiatori, compagni di classe, eccetera incrociati durante i miei due anni alla Holden.

Poi mi sono imposto 6 regole.

1. Ogni categoria può avere un solo libro dello stesso autore.

2. No autori italiani.

3. Solo i libri che ho letto fino all’ultima pagina.

4. No classici (categoria a parte).

5.  Ordine casuale dei libri, nessuno è migliore dell’altro, questa non è una classifica.

6. Nessuna distinzione tra fiction e non-fiction.

Categoria 1
Il finale è quello che conta

Sono i libri con un finale spiazzante, pregni di colpi di scena, in cui l’autore mette in discussione tutto quello che ha mostrato precedentemente. Testi per lettori che amano divorare le pagine ed essere sorpresi.

Fight Club, Chuck Palahniuk (libro che sarebbe potuto entrare anche nella seconda categoria, ma il finale è uno dei più spiazzanti della letteratura degli ultimi 50 anni)

Il senso di una fine, Julian Barnes (per alcuni un capolavoro, per altri un bluff. Finale dalle molte interpretazioni)

Dieci piccoli indiani, Agatha Christie (intenso come il resto della produzione della Christie. Le ultime pagine non deludono mai)

A sangue freddo, Truman Capote (uscì tra le polemiche, è il capolavoro di uno dei più grandi e controversi scrittori degli anni 60)

Postmortem, Patricia Cornwell (avventura e suspance, un giallo che trascende la categoria di romanzo giallo, diventando letteratura, oscenità, sensualità)

Il paradiso degli orchi, Daniel Pennac (scrittura impeccabile, finale sorprendente, già un classico della letteratura francese)

Comma 22, Joseph Heller (seconda guerra mondiale, Italia, capitoli scritti in modo cronologicamente disordinato, grande finale)

Millenium People, J. G. Ballard (terrorismo urbano, Londra, media borghesia. Parte lento ma dopo 50 pagine diventa impossibile staccarsene)

Non lasciarmi, Kazuo Ishiguro (romanzo dispotico. Ritmo incalzante. Può causare malinconia)

Chesil Beach, Ian McEwan (si tratta di mettersi a spiare una coppia di sposini degli anni 60 dal buco della serratura della loro camera da letto e chiedersi in continuazione: come andrà a finire?)

Categoria 2
La differenza la fa la voce.

Libri dallo stile impeccabile, per chi ama lasciarsi ipnotizzare dal suono della voce dell’autore. Non conta la trama, ma solo il modo in cui la storia (anche banale) viene raccontata. La voce: l’essenza di un’opera di narrativa.

Rumore Bianco, Don Delillo (da leggere in lingua originale per apprezzare una delle voci più grandi della letteratura americana. Spesso leggo altri libri “minori” di Delillo solo per farmi cullare e ipnotizzare dal suo modo di raccontare. In questo libro, però, oltre la voce, c’è tanta altra roba. Fondamentale)

La strada, Cormac McCarthy (eccolo un altro che ha uno stile unico. Libro che sfiora l’epica. Post apocalisse, un padre e un figlio sulla strada di un mondo distrutto. Necessario)

Trilogia della città di K., Agota Kristof (diviso in tre parti, la prima, “il grande quaderno”, è quella dove la Kristof, con l’uso del noi e di preposizioni secche, brevi, essenziali, trasforma la guerra in una specie di filastrocca ipnotica. Si potrebbe leggere all’infinito. Non stanca mai)

Trilogia della perdita, Alan Pauls (una voce originale per uno degli scrittori argentini più innovativi degli ultimi anni)

Nascita di un ponte, Maylis de Kerangal (quando ciò che conta è davvero solo la voce. Ritmo impressionante, un’opera lirica su carta)

Vergogna, J. M. Coetzee (terza persona al presente, frasi brevi come sentenze, riflessioni, domande, Coetzee è uno degli scrittori che sta nell’Olimpo della letteratura, Vergogna è il suo libro più intenso)

Kafka sulla spiaggia, Murakami Haruki (quando la voce di uno degli scrittori contemporanei più prolifici si mette al servizio del lettore e con estrema chiarezza e semplicità crea la magia)

Nessun luogo. Da nessuna parte, Christa Wolf (voce unica, a metà tra poesia e prosa, inimitabile, l’ho dovuto leggere due volte di fila per apprezzarne lo stile)

Meno di zero, B. E. Ellis (prima persona al presente, tanto ritmo, tanto alcool, tanta droga, si sente l’influenza di Camus, nella voce, ma è il mondo che racconta a renderla originale)

I figli della mezzanotte, Salman Rushdie (altro scrittore dalla voce autorevole. Libro quasi sperimentale)

Categoria 3
Personaggi indimenticabili

Si tratta di opere in cui la complessità dei personaggi spicca su tutto il resto. Anche in questo caso la trama conta poco o nulla. È il personaggio a fare la differenza. Con la sua profondità e particolarità. Spesso si tratta di protagonisti che somigliano a noi. Altre volte sono alieni, facciamo fatica a comprendere le loro scelte, ma restiamo ipnotizzati e li seguiamo lo stesso. Quando succede, vuol dire che stiamo leggendo un grande autore.

2666, Roberto Bolano (più di mille pagine, centinaia di personaggi indimenticabili e poi l’ultima parte, con Arcimboldi, il personaggi attorno a cui ruota tutto il libro, uno dei più geniali della storia della letteratura)

Factotum, Charles Bukowski (Herni Chinaski e Bukowski sono la stessa persona? Personaggio diventato un classico di quella che viene definita beat generation)

Pastorale Americana, Philip Roth (lo svedese. Impossibile non provare empatia per lui e le sue vicende)

Olive Kitteridge, Elizabeth Strout (la protagonista è l’insegnante che dà il titolo al romanzo. Memorabile)

Limonov, Emmanuel Carrère (personaggio inquietante, realmente esistito, Carrère ne fa un ritratto unico, da grande scrittore qual è)

La versione di Barney, Mordecai Richler (altro personaggio di spessore, libro ostico fino a pagina 100, poi è una lunga discesa. A tratti fa godere)

La breve favolosa vita di Oscar Wao, Juniot Diaz (lo straniero che si adatta a vivere negli Usa. Romanzo di fantasia con riferimenti biografici alla vita dell’autore. Intenso)

Lolita, Vladimir Nabokov (chi non ha mai sentito parlare di Lolita?)

Open, J. Moheringer (la biografia di Agassi è un libro che anche i non appassionati di tennis dovrebbero leggere. Moheringer la racconta usando la prima persona, tratteggiando gli aspetti umani di un alieno che ha vinto tutto. Scioccante)

Stoner, John Williams (ecco come si dovrebbe raccontare la storia di un uomo comune, uno come noi, che nasce, vive e muore senza particolari acuti. Un successo clamoroso. Un personaggio commovente)

Il soccombente, Thomas Bernhard (Glenn Gould, il pianista che spesso canticchiava mentre suonava. L’eccentrico, uno dei più grandi)

La stagione della migrazione a nord, Tayeb Salih (per il Norwegian book uno dei cento libri migliori del secolo, la vita di Mustafa Sa’id, un contadino intellettuale, un enfant prodige, un genio)

Categoria 4
Viaggiare. Attraversare un mondo, passeggiare di notte in una società straniera.

Il tema trattato è spesso quello dell’alienazione.
Viaggio inteso anche come percorso interiore. Qui la trama è lineare, i colpi di scena quasi inesistenti. Non conta la storia ma ciò che si osserva e si percepisce durante il viaggio. Sono cruciverba complessi. Per chi è poco allenato possono portare alla noia.

Gli anelli di saturno, Winfried Sebald (viaggio solitario dell’autore nel Suffolk. Mare, colline, incontri. Riflessioni. Il capostipite di questa categoria)

Città aperta, Teju Cole (New York, di notte e i suoi personaggi, anche qui riflessioni acute, ironiche e intelligenti sul mondo, un libro che nonostante la sua difficoltà nella lettura, visto che la trama non esiste, ha riscosso un ottimo successo di pubblico)

Bangkok, Lawrence Osborne (com’è vivere a Bangkok? A metà tra un romanzo di viaggio e un diario. Scrittura impeccabile)

Una cosa divertente che non farò mai più, D. F. Wallace (il libro di partenza se ci si vuole immergere nel mondo di Foster Wallace. Un genio. Ironico e profondo questo reportage dello scrittore su una nave da crociera. Impossibile staccarsene dopo averlo aperto)

Un uomo di passaggio, Ben Lerner (sulle orme di Sebald, Lerner è un giovane e promettente scrittore americano che non deluderà gli amanti del genere)

Un pedigree, Patrick Modiano (il percorso a ritroso della vita dell’autore. Non delude, come il resto della sua ricca produzione)

Mattatoio n. 5, Kurt Vonnegut (i viaggi temporali di Billy Pilgrim. La seconda guerra mondiale, un campo di prigionia, Dresda. Un chiaro esempio di come si può raccontare una storia drammatica e parlare di temi esistenziali usando l’ironia. Vonnegut era un maestro in questo)

Febbre bianca, Jacek Hugo-Bader (reportage di uno scrittore polacco che con una jeep percorre tutta la Russia. Scoperto per caso, mi ha colpito il modo in cui l’autore alterna il viaggio e le interviste con i personaggi che incontra. Tante riflessioni e domande. E poi la febbre bianca, una follia provocata dalla vodka)

Nelle terre estreme, Jon Krakauer (Into the wild, i più conosceranno il film, ma il libro merita)

L’isola di Sukkwann, David Vann (un uomo e suo figlio in Alaska. Da soli. Cosa potrà mai succedere?)

Categoria 5
Ciò che è definito (con superficialità) avanguardia. Sono libri per i lettori più audaci, più allenati. Sono rebus complessi. Esperimenti stilistici

Sono scritti in maniera non convenzionale, impossibili inquadrarli in un genere visto che avanguardia significa proprio mischiare generi diversi. Sono gran cousine. Sono una cena in uno dei ristoranti di Carlo Cracco.

Brevi interviste con uomini schifosi, David F. Wallace. (tema del sesso, racconti brevi, esperimenti stilistici, addirittura quiz. Il Foster Wallace più estremo)

Rayuela, Cortazar (quando il genio e la creatività di un autore si mettono al servizio dell’umanità nascono libri come Rayuela. Impossibile definirlo in poche righe. È un mondo. Perdersi in quel mondo, per me, per un po’ di tempo, è stato bellissimo)

I sette pazzi, Roberto Artl (scrittore argentino, appena uscì il libro fu definito “scritto male”. In realtà è scritto benissimo, ma il modo in cui vengono raccontate le vicende di Erogan non è convenzionale, per questo può portare a fraintendimenti)

Glifo, Percival Everett (un bambino prodigio che non parla per scelta e trascorre il tempo nella culla a leggere trattati di filosofia. Il Percival Everett più estremo)

Le cose, Georges Perec (la vita di una coppia di giovani vittime del consumismo. Alcune frasi sono memorabili)

Igiene dellassassino, Amelié Nothomb (il primo romanzo della Nothomb non poteva non essere sperimentale. Si tratta di un duello. Uno scrittore morente contro il resto del mondo)

L’opera galleggiante, John Barth (meta fiction allo stato puro. Barth mentre scrive la storia svela i trucchi della narrazione e si lascia andare a digressioni. È dura stargli dietro, ma ne vale la pena)

La falena, James M. Cain (un anti-eroe perennemente in fuga. Peripezie, condizioni estreme, scrittura a tratti visionaria)

L’opera struggente di un formidabile genio, Dave Eggers (il debutto di Eggers è di quelli che lasciano il segno, nella critica e nel pubblico, mai una storia drammatica era stata raccontata come fa lui. Si tratta della sua storia, il romanzo è un mischiarsi di stili e tecniche narrative che ai puristi potrebbe far storcere il naso)

Lo sguardo estraneo, ovvero la vita è un peto in un lampione, Herta Müller (un incidente, quindi un modo di scrivere la storia in modo slegato e spezzato. Herta Müller ci dimostra di poter fare quello che vuole con la penna in mano)

Categoria 6
Mondi e situazioni visionarie

La vetta della creatività. Ma chiamarli libri di fantascienza sarebbe riduttivo.

– Tutti i racconti di Philip K. Dick (uno degli autori più visionari di sempre. Leggendo i suoi racconti sembra che lui ci sia stato davvero nei mondi che descrive)

Infinite Jest, David F. Wallace (l’opera più importante di Foster Wallace. Un libro mondo. Più di 1000 pagine. Centinaia di note. Un futuro che somiglia al nostro presente. Le dipendenze, il tennis, i terroristi e un film che potrebbe essere la droga perfetta. Leggerlo è una sfida con se stessi. Leggerlo è anche fare un viaggio nelle visioni di un genio)

Underworld, Don Delillo (nessun mondo artificiale, nessun futuro, piuttosto un passato, una pallina da baseball e tutti i mondi che le gravitano attorno)

Cecità, José Saramago (l’umanità è diventata cieca tranne una donna. Eccolo il mondo di Saramago, in uno dei suoi libri più famosi)

1Q84, Murakami Haruki (tema dell’amore, certo, ma attorno un mondo fatto di ricordi, sogni, premonizioni, violenza. L’opera più complessa di Murakami)

Neuromante, William Gibson (manifesto del genere cyber punk. Alla sua uscita vinse tutti i più prestigiosi premi letterari dedicati alla science-fiction)

Io sono leggenda, Richard Mathison (molti ricordano il film con Will Smith. Virus, ultimo uomo sulla terra, sopravvivenza, speranza in un mondo nuovo. L’idea originale è di Mathison. Uno dei primi a immaginare mondi così)

Il mostro degli Hawkline, Richard Brautigan (l’idea sembra folle: un mostro che entra nella testa delle persone e le pilota a suo piacimento. Abita in una caverna di ghiaccio vicino alla villa di una vecchia zitella che per liberarsi di lui contatta due Killer. Brautigan, all’apice della creatività)

Domani nella battaglia pensa a me, Javier Marías (Madrid, giorni nostri, un avventura erotica, e poi fantasmi, fantasia e realtà che si mischiano, tragedia e ironia. Marías è uno degli autori contemporanei più innovativi e creativi, questo romanzo ha vinto numerosi premi, da non farsi sfuggire)

L’infanzia di Gesù, J. M. Coetzee (l’ultimo libro del Nobel sudafricano è un mondo semplice, povero e visionario. Che mondo è? dove si trova? Chi sono quegli “zombie” – come li ha definiti Zadie Smith – che lo abitano? Forse il miglior Coetzee di sempre)

Categoria 7. Storie brevi come pugnalate
Racconti per chi vuole arrivare subito al dunque

– Tutti i racconti di Raymond Carver (Di cosa parliamo quando parliamo d’amore? Cattedrale, Vicini. Ma se ne potrebbero elencare ancora a decine. Carver, lo scrittore di storie breve più imitato. Le brutte figure sono assicurate)

La pianura in fiamme, Juan Rulfo (ha scritto poco, ma questa raccolta è sabbia, sole, sudore sulla pelle. Leggi e hai bisogno di bere acqua perché anche tu sei lì nel deserto, con i suoi personaggi, un grandissimo, inferiore a nessuno)

– Tutti i racconti di Alice Munro (il Nobel le ha dato il giusto riconoscimento per una grande carriera. Cosa aggiungere che non sia già stato detto?)

– Tutti i racconti di John Cheever (un altro dei maestri del racconto breve americano. La sua raccolta completa è un must per chi ama questa categoria)

– Ragioni per vivere, Amy Hempel (Gordon Lish e l’influenza di Carver. Alcuni racconti, però, sono delle chicche, considerando che in media non sono più lunghi di una cartella)

– Il viaggiatore, Stig Dagerman (genio della letteratura scandinava, ha scritto poco perché è morto suicida giovane. Peccato. La sua ossessione sono i bambini, non voleva diventare grande, nei suoi scritti si avverte questo desiderio)

Proprio quella notte, Tobias Wolff (c’è un racconto in cui un padre porta suo figlio in gita sulla neve. Non vi dico il resto, solo quello vale tutta la raccolta, un altro autore imprenscindibile)

Atti innaturali, pratiche innominabili, Donald Barthelme (racconti sperimentali, spesso incomprensibili, nient’altro che esercizi di stili, ma ce n’è uno, Il pallone, che da solo vale l’intera raccolta)

– Tutti i racconti di Bernard Malamud (i suoi racconti vedono per protagonisti personaggi di razza ebraica in vicende tragicomiche che mettono a nudo la fragilità di ognuno di loro. Autore sottovalutato)

Categoria 8
I classici

Tutto è nato da qui. Senza Beckett ed Henry James non ci sarebbe stato Coetzee. Senza Fitzgerald, Hemingway e Pynchon non avremmo mai sentito parlare di Foster Wallace e del postmodernismo. Così come della generazione italiana dei De Carlo, Ammaniti, Baricco, Veronesi che devono molto ad Italo Calvino, Pasolini, Berto. Per non parlare dell’eredità lasciata da Borges ai sudamericani.
Impossibile sceglierne dieci.

Queste sono le mie categorie. Non me ne sono venute in mente altre. Ma sono sicuro che ce ne saranno. Teoricamente, infatti, potrebbero essere infinite.
Immagino una biblioteca tecnologica gigantesca con i libri divisi per decine e decine di categorie. Sarebbe un modo, forse, per salvarli dall’estinzione.

-Francesco Aquino-

Host

Nata nel 1994 a Torino la Scuola Holden è una scuola di Scrittura e Storytelling dove si insegna a produrre oggetti di narrazione per il cinema, il teatro, il fumetto, il web e tutti i campi in cui si può sviluppare la narrazione. Tra i fondatori della scuola Alessandro Baricco, attuale preside.