Consigli e domande ai precari della ricerca

Lungi da me l’idea di attaccare i ricercatori precari, di produrre fuoco amico o di negare le ragioni di certe proteste. Sono anch’io convinto che ci vogliano più risorse, più ricercatori, meno precariato (e ci mancherebbe altro). Ma devo anche dire che il video che sta circolando in questi giorni sui social, qui sotto, mi sembra di fatto un grande autogol.

Un gruppo di candidati a un assegno di ricerca (la prima tappa di lavoro di ricerca dopo il dottorato) si scatena in un gioco a chi offre di meno di fronte a un banditore che rappresenta il professore medio (peraltro interpretato da un vero professore, che è anche bravo) che non ha neppure bisogno di ricattare i suoi aspiranti ricercatori, perché sono loro che spontaneamente si lanciano in un gioco al ribasso che, purtroppo, fotografa molto bene la situazione dei dipartimenti universitari. Secondo i ricercatori precari questo gioco al ribasso sarebbe l’effetto del “definanziamento dell’università”, e quindi ci sarebbe da pensare che moltiplicando le risorse, gli assegni di ricerca, i posti, l’indecoroso meccanismo che il video mostra così bene sarebbe destinato a sparire. Ma c’è davvero una relazione? In nessun paese del mondo verrebbe dato un posto da ricercatore, o un assegno di ricerca, a tutti quelli che in quel video aspirano ad averlo. Il contratto verrebbe però dato, in linea di principio, a chi tra loro per risultati, attitudini, capacità, potenzialità fosse giudicato il più idoneo. Senza selezione non c’è ricerca, per le caratteristiche stesse di un mestiere che non è facile e si nutre di diversità, di coraggio e di impegno. Quello che il video dei ricercatori precari mostra, mi pare involontariamente, è caso mai che ciò che manca alla radice è una competizione leale e nel merito. Nel contesto di quel video è assolutamente chiaro che se ci fossero due assegni al posto di uno verrebbero attribuiti con i metodi del banditore-professore, premiando il gioco al ribasso di chi non necessariamente ha i numeri per fare ricerca. A vincere sarebbero i soliti esponenti della casta dei poverini.

Finanziare un sistema come quello italiano è necessario e prioritario, perché troppi tagli sono stati fatti. Ma volete davvero più assegni così, senza cambiare una virgola nel modo di attribuirli (perché il banditore del video non ha niente a che vedere con i tagli, ma con l’assenza di regole e del loro rispetto)? Perché non proponete altri modi di fare quei concorsi-farsa che sono quelli degli assegni di ricerca, e via via fino ai concorsi da ricercatore e da professore? È davvero efficace lo sciopero alla rovescia di queste settimane, cioè il continuare a svolgere attività che non dovete svolgere (e che sono esattamente quelle stigmatizzate nel video), tenendo in piedi così il sistema che dite di voler attaccare? Non sarebbe più coraggioso e più incisivo fare uno sciopero vero (preciso però che lo sciopero alla rovescia è stato lanciato dai precari per protestare contro la mancata estensione dell’indennità di disoccupazione agli assegnisti)?

Mi rendo conto, non è facile e forse neanche possibile, ma allora oltre a proporre un aumento dei posti a vostra e nostra disposizione (che va bene), aiutiamoci tutti a pensare a un’altra università possibile. Siete contro la valutazione della ricerca vostra e dei vostri professori? Perché non proponete al ministero di essere giudicati per la ricerca svolta e per le vostre idee (ne avete, non sono ironico)? È vero, la valutazione ha anche degli inconvenienti, ma perché non proponete dei modi per migliorarla? Siete contro l’abilitazione scientifica? Contro uno standard minimo per partecipare a quei concorsi che non devono essere vinti al ribasso? Vi pare inaccettabile che le risorse siano distribuite a università e dipartimenti anche seguendo le vie del merito, fatti salvi altri fattori minimi da mantenere? La ricerca pubblica nei prossimi decenni potrà resistere e essere forte se sarà forte l’idea che di essa se ne farà la società, se riusciremo tutti insieme a farne capire il valore, il ruolo pubblico e la trasparenza del suo funzionamento.

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Aggiornamento
Il gruppo chiamato “Coordinamento delle ricercatrici e dei ricercatori non strutturati universitari”, autore del video che ho commentato, ha scritto una risposta alle mie domande: potete leggerla qui.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.