Erode, Giuda e una risposta a Ferrara

Giuliano Ferrara reagisce a un mio articolo in cui invitavo Erodiani, Iscariotidi e atei devoti a scendere dalle stelle, cioè a smetterla con il richiamo irriflesso alla religione cristiana come identità ideologica, a finirla con i presepi come ultima trincea, con gli alberi di Natale come argomento unico dell’Occidente in pericolo, specie se non si conosce manco un articoletto del catechismo o un versetto della Bibbia.

Gli Erodiani e gli Iscariotidi, a livelli diversi e diversamente attrezzati, sono proprio loro, che devotamente atei fanno del cristianesimo un ideologismo, uno spezzone argomentativo che ci fa solo perdere tempo. Ferrara dichiara che per un attimo si è detto quasi convinto (e ammetto sarebbe stato un colpaccio), ma oppone al sottoscritto due argomenti, il primo un po’ tirato (direi anzi privo di senso), il secondo più interessante, senza i quali cadrei – se ho capito bene – in un irrazionale negazionismo sul pericolo dell’islam.

Basta guardare alla storia, è il primo argomento, per capire che l’islam è per definizione una religione legata alla violenza: conquiste di califfi, assalto a Bisanzio, dominazione spagnola (immagino sia l’epoca degli arabi in Andalusia), Poitiers, Lepanto, Vienna, fino a Talebani, Parigi, Stato islamico e così via.

Il destino della storia nel dibattito pubblico è sempre quello di essere colonizzata dalle esigenze e dalle ideologie del presente, non è che ci scandalizziamo. E questa è una lista bellissima, plastica, che profuma di sussidiario, che evoca la statua di Carlo Magno davanti a Notre-Dame a Parigi o quella di Don Giovanni d’Austria a Messina, ma nello specifico è una lista senza senso, che non può dimostrare nulla e che chiama altre liste.

Dobbiamo rileggere le cronache delle crociate per provare il raccapriccio di una violenza cieca (ma in realtà anche quella mediata da forme ricevute) per poi dire che il cristianesimo è intrinsecamente aggressivo? Le guerre di religione ci furono e sfinirono l’Europa, ma furono guerre tra religioni cristiane. È forse il caso di evocare Giovanna d’Arco (santificata nel 1920, proprio dopo la guerra della Francia vittoriosa) come fanno in certi ambienti d’Oltralpe per poi dirne che è l’essenza del cattolicesimo guerriero? Dovremmo ricordare che l’Europa moderna nasce dalla reazione alla destabilizzazione delle religioni cristiane in guerra? La conquista delle Americhe e di parte dell’Asia non furono progetti espansionisti con anche una forte matrice ideologica cristiana? Dovremmo attribuire al cristianesimo come condanna permanente ed essenzialista le streghe, Giordano Bruno e compagnia cantante (letteralmente cantante: per non disturbare i canti liturgici con le urla al condannato al rogo veniva inserita un attrezzo in bocca che gli impedisse il grido)? Dovremmo aggiungere i crociati del Ku Klux Klan (che hanno fatto una strage qualche mese fa), o il templare norvegese di qualche anno fa? E se anche questi volessimo considerarli come degli isolati, perché non dovremmo rileggere le guerre dei Balcani come un conflitto di religioni, con i croati cattolici, i serbi ortodossi, i bosniaci musulmani? Insomma la lista borgesiana non ha senso e non ha limiti.

Il problema non è opporre liste a liste, confutare col pallottoliere, perché la debolezza dell’argomentazione è il suo essenzialismo. Si stabilisce a priori l’”essenza” di un fenomeno culturale di lunga durata (l’”islam”, o il “cristianesimo”, o il “realismo”, o il “platonismo”, o l’”Occidente”) e poi si cercano prove storiche o concettuali che convaliderebbero l’esistenza di quell’essenza, scartando tutto quello che non ne farebbe parte. È un cazzeggio ottocentesco, non funziona, è la negazione della storia. Ferrara non può non saperlo.

Ma il secondo punto è più interessante. Abbiamo un problema, perché dentro una religione attuale – e non nella sua essenza astorica e metafisica – c’è una frangia sempre più importante e più ampia che cerca in tutti i modi di farci la pelle, c’è la teorizzazione di una violenza distruttrice mediata o prodotta dall’interpretazione religiosa di una vera e propria ideologia. Il problema c’è. L’ideologia religiosa anche.

Cosa dobbiamo fare? Andare a Messa? Fare il presepio? Cantare Tu scendi dalle stelle? È davvero questa l’identità che dobbiamo mobilitare?

Di certo ragionare per essenze ci fa perdere tempo e non ha nulla di pragmatico, perché ci impedisce di trovare alleati in quel mondo. Se un miliardo e mezzo di individui fa parte di una religione violenta per essenza allora non ci sono rimedi e non c’è guerra che tenga. Se invece l’islamismo – e non l’islam – è un’ideologia, che si manifesta con virulenza ma che è qualcosa che pertiene all’oggi, con le contraddizioni di oggi, allora la situazione cambia. È un pericolo grave, ma come altri che abbiamo affrontato nel secolo scorso. Senza la coloritura fuorviante dello scontro di civiltà o di religione – senza tentare di guardare a San Bernardino come fosse Poitiers o Lepanto (ma siamo sicuri di sapere cosa fu Poitiers?) – le guerre possono essere condotte e vinte, i cambiamenti culturali possono essere indotti, per vie spicce e per vie raffinate, le soluzioni possono arrivare. Scendere dalle stelle vuol dire chiudere con i birignao di tutte le tendenze: dobbiamo essere in grado di vedere la realtà, per come è, se ci riusciamo (e non è facile). Ma allora dobbiamo avere un quadro nitido dei nostri interessi nazionali, di cosa è pericolo, cosa non lo è, cosa potrebbe esserlo, del nostro posto nella politica estera, di quali alleati in quell’area sono veri e quali altri no, un quadro più chiaro dei nostri valori europei, che sono valori di libertà laica, di come integrare a noi, cioè dovremmo parlare di quelle contraddizioni nelle quali ci siamo imbrigliati negli ultimi 15 anni, anni in cui Erodiani e Iscariotidi con il loro brusio hanno avuto piccoli e transeunti vantaggi e si sono nutriti dei problemi irrisolti. È ora che chi li ascolta scenda dalle stelle e si metta a discutere di realtà.

PS Il Nazareno è tra le vittime per definizione sempre, ma il cristianesimo laico, come lo chiama Ferrara e se capisco bene cosa intende, siamo certi di ricordare com’è storicamente diventato laico?

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.