Il patentino di Gramellini

Ieri Massimo Gramellini, che stimo e apprezzo, ha scritto una cosa talmente enorme che è anche difficile commentarla, perché implicherebbe una risposta più articolata e molto più lunga della provocazione. Ma non avrei alcuna chance, perché in questi casi vige la legge ferrea che la cosa più semplice e immediata, al di là delle sue ragioni, vince sempre sulla risposta lunga e articolata. Ma c’è un paradosso che mi ha divertito molto.

In breve Gramellini vorrebbe provocatoriamente limitare il diritto di voto:

«Per realizzare una democrazia compiuta occorre avere il coraggio di rimettere in discussione il diritto di voto. Non posso guidare un aeroplano appellandomi al principio di uguaglianza: devo prima superare un esame di volo. Perché quindi il voto, attività non meno affascinante e pericolosa, dovrebbe essere sottratta a un esame preventivo di educazione civica e di conoscenza minima della Costituzione?»

Che questo configuri una “megliocrazia” è molto dubbio, ma credo sia anche molto dubbio che con un patentino di voto la classe politica sarebbe diversa o migliore e la nostra democrazia “compiuta”. Del resto spesso i “migliori” e i democratici sono semplicemente quelli che la pensano come noi e i cretini prevalenti gli altri. In ogni caso credo che una società che non riesce a esprimere la parte migliore di sé nella libertà e nella democrazia arriva al patentino (o ai suoi corrispettivi politico-istituzionali) come esito di una chiusura, di una caduta, non di un’apertura o come rimedio. Ma non possiamo qui sbrogliare la matassa, solo sottolineare il paradosso involontario (che però dice molto della complessità del tema).

Gramellini propone un principio in sostanza antidemocratico, cioé la limitazione del diritto di voto che viene subordinato a un esame di educazione civica e alla conoscenza della Costituzione. Ma la Costituzione e le vicende che le hanno dato vita, anche in rapporto alle costituzioni precedenti, come lo Statuto Albertino (in cui il suffragio universale non c’era), sono intimamente legate al diritto di voto universale come esito e strumento della democrazia. Generazioni di italiani si sono impegnate per raggiungere e costruire una Costituzione che fosse basata sul voto per tutti, maschi e femmine, al di là del censo e del grado di istruzione, hanno elaborato un sistema di garanzie e di protezioni, di accesso alle cariche e alla formazione delle scelte collettive che non prescinde dal suffragio.

Ecco, il paradosso è un po’ qui: se si insegnasse l’educazione civica si direbbe questo e a Gramellini, interrogato sullo spirito e il funzionamente della costituzione, non darebbero il patentino.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.