Contare gli zeri degli IBAN

Il mio IBAN è IT86X0623009449000063509904.
Ha solo quattro zeri di fila, non si fa fatica a contarli. Forse per questo qualcuno, dopo la lettura del pezzo, mi ha fatto un bonifico. Grazie.

Ma esistono anche IBAN infernali. Sono quasi tutti infernali.

Scegliendo a caso tra quelli che hanno afflitto me negli ultimi mesi: IT67G0503401608000000000628, IT10Y0301503200000000221620, IT54J0558401664000000000173, IT89K0760103200000080594013.

Strisce di cifre e numeri, in cui gli zeri si affastellano, si intrecciano, si infilano l’uno dentro l’altro, costringendoti a contare infilzandoli uno a uno con una matita appuntita oppure muovendo il cursore di posizione in posizione, dall’ultimo al primo o dal primo all’ultimo, la lingua che spunta tra i denti, il respiro affannoso, gocce di sudore che colano dalla fronte e bagnano la tastiera, e alla fine non sei mai sicuro di aver contato giusto e devi ricominciare da capo.

Stai pagando online una cosa tipo un corso di judo di tuo figlio, un pezzo di maniglia rotta di un frigo o l’Inpgi, l’Inps e l’Enpals o una qualsiasi delle casse previdenziali a cui chissà perché sei stato iscritto, il tuo nervosismo cresce, stai per esplodere, ma la tua è una rabbia sconsolata da schiavo, una condizione di umiliata rassegnazione che ti vieta di porre le domande che andrebbero poste.

Chi ha inventato l’IBAN? Perché esiste? Da quando? Con quale diritto un manipolo di burocrati e di banche hanno imposto all’umanità una cosa concepita così male?

Vuoi vederci chiaro e scopri che l’IBAN è stato inventato da un organismo tecnico europeo – il Comitato Europeo per gli Standard Bancari, European Committee for Banking Standards –, è stato adottato nel 1997 come standard dall’ISO, International Organization for Standardization di Ginevra (e mentre reinfilzi gli zeri visualizzi le facce uguali di quelli che lavorano all’Agenzia Internazionale per la Normazione), è diventato obbligatorio il 1° gennaio 2008, ed è composto dal codice del Paese seguito da due cifre di controllo, e dal famigerato BBAN che in Italia è composto da 1 lettera CIN, 5 numeri ABI, 5 CAB e 12 caratteri alfanumerici del CC, per un totale di 27 caratteri, mentre in Albania, per esempio, sono 12, ma poi ti dici, perché devo saperlo, che me ne importa in fondo, io ho di meglio da fare.

Nell’istante in cui clicchi, finalmente, dopo avere ricontato per l’ennesima volta gli zeri dell’IBAN per scongiurare il rischio di pagare, invece dell’istruttore di judo, che so? l’International Organization for Standardization di Ginevra, e autorizzi finalmente la transazione, nella tua mente riaffiorano tutte le umiliazioni tecnologiche e burocratiche a cui sei stato sottoposto nella tua vita e che hai accettato senza fiatare, perché pensavi che fossero questione troppo piccole per valere il tuo tempo e il tuo impegno, problemi troppo meschini per diventare questioni politiche, anche se cambiarle migliorerebbe la vita di tutti.

Chi ha stabilito che i bidoni per la raccolta differenziata del vetro debbano essere svuotati alle cinque di mattina?

Chi ha avuto ha avuto l’idea dei risponditori automatici? E chi ha imposto per la prima volta alle persone l’umiliazione di dire ad alta voce il proprio nome a una voce preregistrata?

Chi ha nascosto per primo la x di chiusura dei pop up pubblicitari?

Chi ha inventato la scritta: “This video ends in 27 seconds”?

Chi ha inventato la sincronizzazione degli iPhone?

Chi ha progettato la macchina per incellophanare i cd in modo che fosse impossibile scartarli?

Tutte queste e altre persone – tra cui gli inventori dell’IBAN – dovrebbero essere chiamate al cospetto del popolo per rispondere delle proprie azioni.

Ci vorrebbe un database universale delle cose insopportabili.
Quasi niente oggi sarebbe più utile, politicamente meritevole e democraticamente necessario. Si tratterebbe di individuare a suffragio universale ciò che rovina la vita delle persone, per incuria o stupidità, e abolirlo in modo da rendere il mondo un posto migliore.

Ognuno può, anzi deve, dire la sua, elencando i piccoli soprusi subiti per anni in silenzio.

Il mio IBAN, comunque – IT86X0623009449000063509904 – ha solo quattro zeri di fila e non si fa troppa fatica a contarli. Molte grazie a chi, letto il pezzo, ha gentilmente provveduto a farmi un bonifico.

Giacomo Papi

Giacomo Papi è nato a Milano nel 1968. Il suo ultimo romanzo si intitola Happydemia, quello precedente Il censimento dei radical chic. Qui la lista dei suoi articoli sui libri e sull’editoria.