A che punto siamo con il piano Juncker?

A distanza di un anno il piano di investimenti di circa 315 miliardi di euro presentato dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, è stato utilizzato da ventidue Stati membri su ventotto, ma le più grandi operazioni sono state registrate in Spagna, Italia e Francia (in ordine di grandezza). Il governo francese, secondo quanto riporta Euractiv, è stato il terzo beneficiario per quota di capitali ricevuti in base ai progetti presentati, dopo quello italiano e quello spagnolo: ha ricevuto circa 1,3 miliardi di euro di fondi negli ultimi dodici mesi, che hanno generato investimenti per circa 7 miliardi di euro. I capitali investiti sono stati indirizzati per la maggior parte alle imprese che si occupano di ristrutturare le case sulla base di criteri di efficienza energetica.

Il piano Juncker è stato presentato con la promessa di mobilitare una serie di investimenti diretti alle piccole e medie imprese europee, alle infrastrutture, all’innovazione, ai progetti ambientali presentati dagli Stati membri. Lo scopo era far fronte al calo degli investimenti nel mercato europeo: «Gli investimenti fatti all’interno dell’Unione Europea risultano essere del 15 per cento in meno rispetto a quelli del 2007», ha detto Ambroise Fayolle, vicepresidente della Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Nell’anno 2015 i progetti da finanziare attraverso il piano Juncker sono stati selezionati proprio dalla BEI e convalidati dalla Commissione europea. La BEI al momento però non ha ancora nominato un Comitato Direttivo per gestire la questione, ma dovrebbe esserci una riunione ad hoc nelle prossime settimane. L’obiettivo è quello di validare ufficialmente tutti i progetti presentati fino a oggi. Inoltre, la Commissione europea ha stabilito che nel processo di verifica della gestione delle risorse dovrà essere incluso anche il Parlamento europeo: i vertici della BEI e del Fondo Strategico per gli Investimenti dovranno riferire in aula ogni sei mesi.

Jean-Claude Juncker (AP Photo/File)

Jean-Claude Juncker (AP Photo/File)

Alla quota iniziale assegnata l’anno scorso, e gestita dalla Banca Europea per gli Investimenti (circa 8 miliardi di euro), la Commissione Europea ha deciso di aggiungere per il 2016 altri 5 miliardi di euro. Inoltre, sono stati assegnati circa 8 miliardi di euro al Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS): si tratta di un fondo creato appositamente come base di gestione per la leva finanziaria del piano. La cifra immessa nel mercato europeo, al momento, è dunque di circa 21 miliardi di euro in totale. I capitali sono stati erogati sotto forma di garanzia e sono stati inseriti nel bilancio dell’Unione Europea. La BEI, riporta Euractiv, destinerà la sua quota agli investimenti che riguardano progetti “ad alto rischio”, diversi da quelli sostenuti normalmente dall’istituzione bancaria: i dirigenti che gestiscono il Fondo Europeo per gli Investimenti sostengono che la cifra raccolta fino a oggi (21 miliardi di euro in totale) possa moltiplicarsi di quindici volte e ottenere così la cifra prevista dal piano Juncker (315 miliardi di euro). Questo per chiarire che quella cifra (315 miliardi di euro) potrà essere raggiunta solo attraverso delle leve finanziarie: non si tratta di capitali che le istituzioni europee hanno già pianificato nei loro budget.

Quindi il Fondo Europeo per gli Investimenti serve come strumento di protezione del credito, per una serie di attività e progetti su cui si investirà, attraverso una serie di investimenti in strumenti finanziari che serviranno da leva, mentre la Banca Europea per gli Investimenti ha il compito di selezionare e monitorare i progetti. Inoltre, il piano Juncker stabilisce che i singoli Stati membri possono partecipare liberamente al finanziamento dei progetti: ai Paesi della zona euro sarà concesso di investire i propri soldi nei progetti che li riguardano. Queste cifre potranno essere scontate dai calcoli dei loro deficit all’interno del ciclo del Semestre europeo: all’inizio di ogni anno, per sei mesi, gli Stati membri devono allineare una serie di politiche economiche e di bilancio in linea con gli obiettivi e le norme concordate a livello comunitario. Gli investimenti fatti per questi progetti, quindi, non hanno l’obbligo di essere inclusi nel bilancio di questo ciclo di attività economiche.

Tra i dirigenti della Banca Centrale Europea (BCE) c’è stata fino a oggi una certa riluttanza a sostenere i progetti presentati, perché considerati eccessivamente ad alto rischio. Bisogna dire però che il piano Juncker ha proprio lo scopo di finanziare quei progetti che normalmente non sono in grado di attirare degli investitori privati, a causa dell’alto rischio in gioco. Si tratta di progetti, in sostanza, che il settore bancario negli ultimi anni ha smesso di finanziare, per evitare rischi eccessivi con investimenti dai ritorni non assicurati. Il piano dovrebbe quindi anche supportare e stimolare, in un certo senso, una ripresa della fiducia all’interno dello stesso settore bancario. Secondo quanto prevede il piano, presentato per la prima volta dalla Commissione europea il 25 novembre 2014, le risorse dovrebbero essere destinate soprattutto agli Stati membri dell’Europa del sud, cioè quelli più colpiti dalla crisi economica.

 

Francesco Marinelli

Giornalista, qui per parlare di Europa, su Twitter è @frankmarinelli