Il filo rosso che lega Ucraina e UE

Dal 24 novembre a Kiev, la capitale dell’Ucraina, migliaia di manifestanti hanno iniziato a protestare contro la decisone presa dal presidente Viktor Yanukovych di non concludere un accordo di libero scambio con l’Unione Europea, quando invece sembrava cosa fatta. Sono molte le ipotesi, alcune del tutto verosimili, circolate in questi giorni sul perché è stato stabilito di interrompere una trattativa che va avanti dal marzo 2012.

Nella situazione attuale, complicata dalle relazioni geopolitiche ed economiche che caratterizzano la posizione dell’Ucraina, si intreccia il ruolo della Russia e del suo presidente Vladimir Putin, che ha deciso di avviare parallelamente un’altra trattativa per difendere i propri interessi. Il suo obiettivo è quello di riunire tutti e tre i protagonisti di questa vicenda, per portare avanti insieme un’unica trattativa, principalmente di natura commerciale.

L’accordo tra l’Unione Europea e l’Ucraina doveva essere formalizzato nella riunione in programma a Vilnius, in Lituania, il 28 e 29 novembre. In quell’occasione il presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, e il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, hanno fatto un ultimo tentativo per convincere Yanukovich sui benefici dell’accordo. Allo stesso tempo però hanno respinto la proposta del presidente ucraino di avviare dei colloqui a tre, insieme alla Russia, che formalizzava di fatto la volontà di Putin.

La questione è principalmente economica: sembra infatti che Yanukovich si sia fatto intimorire dalla minaccia russa di interrompere i rapporti commerciali con l’Ucraina bloccandone le esportazioni verso la Russia. Inoltre, per fare pressione, il governo russo ha rimesso avanti il tema delle importazioni di gas – necessarie per l’Ucraina, storicamente a basso prezzo – e presentato una serie di proposte per convincere il governo ucraino a rimanere nella sua sfera di influenza, proponendo di creare un’unione doganale.

Per fare un esempio, il 24 novembre c’è stata una cerimonia, a quanto sembra volutamente simbolica, per fare pressione sull’Ucraina, proprio per quanto riguarda la questione del gas. Nel villaggio di Šajkaš, in Serbia, sono stati avviati dei nuovi scavi che fanno parte del progetto South Stream, a opera della compagnia russa Gazprom, il maggiore estrattore al mondo di gas naturale. Si tratta della costruzione di un gasdotto che servirà a portare il gas naturale russo verso i Balcani e i paesi dell’Unione Europea, senza passare in territorio ucraino, con i benefici – a livello di tariffe – che ne conseguono.

Se da una parte il governo russo ha deciso di mettere in pratica delle azioni dimostrative, con lo scopo di intimorire il governo ucraino, dall’altra sta già siglando accordi per dimostrare al presidente Yanukovich che la Russia è pronta – più di quanto ha dimostrato fino a oggi la UE – di avanzare delle misure concrete per sostenere l’economia ucraina: alla Naftogaz, la compagnia statale di olio e gas, è stato concesso di rinviare i pagamenti per le forniture di gas alla primavera del 2014. Si tratta di grosse cifre: soltanto per quanto riguarda il mese di agosto “la bolletta” che l’Ucraina deve (ancora) pagare alla Gazprom si aggira intorno ai 564 milioni di euro. L’accordo raggiunto il 3 dicembre riguarda invece il periodo che va da ottobre a dicembre, e riguarda una cifra molto maggiore.

Va ricordato che l’Ucraina ha debiti per circa 44 miliardi di euro e nelle riserve di valuta straniera sono rimasti soltanto circa 16 miliardi di euro, con una valutazione dei crediti simile a quella di Grecia e Cipro. Ma i funzionari europei, nonostante i prestiti in ballo anche tramite il Fondo Monetario Internazionale (FMI), non hanno voluto avviare una trattativa al rialzo sugli accordi commerciali, in concorrenza con la Russia.

Yanukovich, che in altre occasioni aveva alimentato una certa retorica sull’importanza di un accordo con l’Unione Europea, ha cercato di massimizzare il guadagno da questa situazione, soltanto per motivi economici, spiegando di voler concludere l’EU-Ukraine Association Agreement (AA) in un secondo momento. Per questo, i funzionari europei hanno lasciato la riunione quasi del tutto convinti che l’accordo si potrà fare, al limite, soltanto dopo le elezioni presidenziali del 28 marzo 2015, che Yanukovich spera di rivincere.

Su questo punto sarebbe stato trovato un accordo anche tra i principali partiti di opposizione ucraini e alcuni rappresentanti del Partito Popolare Europeo, che si sono incontrati a Vilnius nei giorni precedenti la riunione ufficiale. Per questo, sia l’Alleanza Democratica Ucraina per la Riforma – guidata da Vitalij Klyčko – sia l’Unione Pan-Ucraina “Patria” – il partito dell’ex primo ministro Yulia Tymoshenko – faranno il possibile per ottenere le elezioni anticipate. Al di là del clima politico attuale e delle manifestazioni che coinvolgono migliaia di persone, non ci sono i numeri in Parlamento per sperare che questo avvenga, come ha dimostrato il voto del 3 dicembre sulla mozione di sfiducia contro il governo guidato da Mykola Azarov: la mozione ha raccolto solo 186 voti dei 226 richiesti per l’approvazione.

I timori della Russia su un accordo tra Ucraina e Unione Europea sono legati al commercio. Putin lo ha in parte spiegato durante la sua visita in Italia: il presidente russo teme che a seguito di un accordo di libero scambio, le merci europee possano invadere il mercato russo, senza il pagamento di alcuna tariffa, dato che anche tra Ucraina e Russia c’è un accordo di libero scambio.

Una collaborazione tra UE e Ucraina si potrebbe ripercuotere soprattutto sui settori dell’agricoltura, dell’industria automobilistica e dell’aviazione russi, con possibili conseguenze sul tasso di disoccupazione interno: «Non siamo pronti ad aprire le nostre porte alle merci europee», ha detto Putin. A queste dichiarazioni hanno risposto, in un comunicato congiunto, Barroso e Van Rompuy, in cui hanno fortemente criticato l’atteggiamento della Russia.

Al di là di quanto riportato nel comunicato, la portavoce di Barroso, Pia Ahrenkilde Hansen, ci ha tenuto a sottolineare che un eventuale accordo tra Ucraina e UE non rappresenterebbe un ostacolo per futuri accordi tra Ucraina e Russia. Una posizione che almeno in apparenza sembra essere più conciliante, nonostante la fermezza mostrata dai funzionari presenti a Vilnius. Una strategia che da una parte non vuole fare il gioco della Russia, ma che dall’altra punta a non rovinare i rapporti con il governo russo. Il prossimo summit tra UE e Ucraina sarà all’inizio di gennaio, quello tra UE e Russia alla fine di gennaio. Sembrerà di assistere a un colloquio a tre, ma in due stanze diverse.

Francesco Marinelli

Giornalista, qui per parlare di Europa, su Twitter è @frankmarinelli