Feuilleton pornographique (6) – Scene da un matrimonio

In “Feuilleton pornographique” si narra a episodi la vicenda di due fratelli, per la precisione di un fratello e una sorella, di nome  rispettivamente Claude e Claude. Entrambi lavorano nell’industria pornografica, in ruoli diversi e con scopi opposti. A raccontare la loro storia sarà Frank Spiegelmann, produttore, proprietario della “Perverse Angels” e uomo fondamentalmente orrendo. Tutto inizia, si svolge e finisce all’interno del grattacielo della casa di produzione. Non è un racconto erotico – se a leggerlo non è un pervertito.

Qualcuno potrebbe riconoscere in qualche personaggio qualcun altro, ma sarà un caso: ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Episodi precedenti: Premessa dell’autore • 1. Il migliore • 2. Un’infanzia qualunque. • 3. Un increscioso incidente segna l’inizio di una fulgida carrier • 4. Nell’occhio del Beholder. • 5. Claude e Claude.

6. Scene da un matrimonio

Non c’era cucina, ma non se ne sentiva la mancanza; il lucido pilone metallico accanto al frigorifero, in apparenza parte dell’architettura, era in realtà uno scomparto collegato con un tubo pneumatico alle cucine del Perverse Angels.

Al settantesimo piano della Perverse Angels si trovava l’appartamento che riservavo ai miei migliori dipendenti. Era un enorme loft circondato da alte vetrate, il soffitto completamente affrescato da decorazioni floreali, con appesi sei grandi lampadari di cristallo. Il salone era ammobiliato con un gusto minimal-barocco che dava l’impressione di un lusso privo di opulenza; i mobili erano pochi ma splendidi. Un soppalco costeggiava tutto il salone come un largo corridoio, creando una specie di ciambella quadrata. Su questo piano superiore si trovavano i letti, gli armadi, le librerie e un secondo bagno. Il piano principale invece era adibito sia a salotto che a ufficio, con poltrone, divani, tavoli e una ben attrezzata postazione multimediale. Non c’era cucina, ma non se ne sentiva la mancanza; il lucido pilone metallico accanto al frigorifero, in apparenza parte dell’architettura, era in realtà uno scomparto collegato con un tubo pneumatico alle cucine del Perverse Angels. Bastava fare il proprio ordine su un menù digitale e la portata veniva preparata e spedita, pronta per essere servita e consumata. Quanto a bellezza ed eleganza, l’appartamento era secondo solo a quello all’ultimo piano – ma il mio sguardo, lo ammetto, è di parte. A dire il vero Claude lo trovava eccessivo, forse addirittura kitsch, ma si guardava bene dal lamentarsi, date le comodità e il prestigio che significava all’interno dell’azienda.

Quando aprì la porta di questa sontuosa residenza, vide Mindy semisdraiata sul divano, con indosso una canottiera che fasciava il seno prosperoso e un paio di pantaloni da ginnastica. Dai lunghi capelli biondi legati a coda di cavallo e una patina di sudore che le velava la pelle, Claude capì che aveva appena finito la sua quotidiana corsa sul tapirulan.

«Ciao Mindy»

«Ciao Claude» ripose lei, ancora affannata.

Era bella Mindy Fay, e lo amava; tanto bastò a Claude per sposarla.

Era bella Mindy Fay, e lo amava; tanto bastò a Claude per sposarla. Il loro però fu un matrimonio mal visto (non da me), credo in virtù del fatto che vederli accanto aveva un che di irritante, come fissare troppo a lungo un’illusione ottica costruita con colori contrastanti, dolorosi per gli occhi. Bisogna ammettere che fisicamente non erano una bella coppia; il prepotente erotismo di lei aveva un che di salubre ed esagerato, che mal si accostava con la raffinata cagionevolezza di Claude. Nonostante questo e quel che accadde in seguito, sono ancora dell’idea che fossero fatti l’uno per l’altra.

«Com’è andata a lavoro?» chiese la donna.

«Non saprei» rispose lui elusivo. Mindy, che aveva posto la domanda più per abitudine che per curiosità, lo guardò stupito.

«Cioè?» disse.

«Cioè oggi si è presentata Claude ai provini».

«Claude? Intendi tua sorella?»

«Già»

Mindy rimase immobile, con la bocca semiaperta per lo stupore. La mente dell’uomo era a tal punto altrove che ebbe l’impressione di averla già vista in quella posa, probabilmente in un qualche film.

«E tu che hai fatto scusa?» disse la donna, rompendo la pausa e riportandolo alla realtà.

«Che cosa dovevo fare?» disse lui scocciato «Ho chiuso il provino e l’ho chiamata nei miei uffici. Vuole lavorare qua.»

«Intendi dire che lavorerà alla Perverse Angels? Diventeremo colleghe

«Come se non bastasse esser cognate, vero?» concluse Claude al posto suo.

La platea eterogenea lasciava pensare a una ressa di lavoranti di un circo a riposo

 È necessario precisare che tra le due donne non scorreva buon sangue, anzi; per quanto si fossero viste solo in occasione del matrimonio, si può ben dire che Mindy la odiasse. Ricordo benissimo il lieto evento, ebbi persino l’onore di essere uno dei testimoni delle nozze. Si svolse in una bella giornata di Aprile, il sole accendeva gli abiti dei presenti di colori sgargianti, e gli ospiti si raccolsero nel grande giardino interno della Perverse Angels. La platea eterogenea lasciava pensare a una ressa di lavoranti di un circo a riposo; vi erano porno attori, manager in carriera, artisti stravaganti, ricchi magnati, tecnici, colleghi, alcuni familiari di Claude e la famiglia di Mindy al completo, dei fattori del V…, persone genuine e caciarone, poco abituate alla vita cittadina. Questa strana accozzaglia, nonostante le divergenze, era in qualche modo coesa, come se in occasione del matrimonio le differenze sociali e personali, per quanto evidenti, vivessero una sorta di armistizio alla lotta di classe. Forse ad accomunare quella folla variegata era la taciuta convinzione che il matrimonio non dovesse accadere; ma ormai erano lì, e tanto valeva divertirsi.

Mindy, a dispetto di tutto e di tutti, era raggiante; chi come me era abituato a vederla perlopiù nuda, rimase a bocca aperta non appena si presentò col suo elegante abito bianco. Era bellissima, e, bisognava ammetterlo, piena di una tenera sensualità. Claude le stava accanto con un sorriso che palesava questo identico pensiero. Eppure vi era in lui un senso di estraneità, di distacco, come se il matrimonio, più che il coronamento di un amore, fosse per lui un piacevole dovere. La prima testimone dello sposo era ovviamente la sorella, che, con indosso un attillato abito rosso, si coprì sin dall’inizio della perdonabile colpa di attrarre a sé quasi tanti sguardi quanto la sposa. Anche il primo incontro tra le due non fu dei migliori, ma nessuno se ne stupì; era raro che Claude sortisse una buona impressione sulle donne. Senza contare il legame che aveva col fratello, le loro differenze, le analogie, l’affetto freddo ma indissolubile, gli sguardi; tutto lasciava intendere che la donna più importante della vita del regista fosse lei, e che nulla avrebbe mai cambiato le cose. Il peggio però, doveva ancora venire.

«Tua sorella è incredibile. Ma come le è saltato in mente?» disse Mindy, mascherando a stento la rabbia.

«Claude è fatta a modo suo, mi sono stupito anch’io in effetti. Ma in fondo che problema c’è? Mica lavoreremo assieme. La Perverse Angels è piena di registi».

«Già. E se dovessi lavorarci io insieme?» rispose la donna.

«Puoi rifiutarti, siamo ancor più pieni di attrici» rispose l’uomo con calma.

«Puoi starne certo, che mi rifiuterò».

«Stai calma Mindy. Non cambierà nulla tra noi».

«Lo spero. Ma sarò costretta a vederla spesso, e lo sai che non mi piace»

«L’hai vista solo una volta»

«Mi è bastato»

«Ancora quella storia… è stata una tua impressione, te l’ho ripetuto mille volte. E comunque non sarai costretta a incontrarla, non ho l’intenzione di frequentarla spesso. Sai che non amo visite né distrazioni.»

Mindy puntò lo sguardo su di lui, gli occhi si fecero lucidi, la voce compassionevole: «Claude, prometti che non la vedrai spesso. Quella donna ha un pessimo ascendente su di te»

«Quella donna, come la chiami tu, è mia sorella, e non ha alcun ascendente su di me. Siamo diversissimi, non ci vediamo mai, abbiamo passato a malapena l’infanzia assieme. O meglio, la sua infanzia, io ero già grande.»

«Non siete così diversi. O meglio sì, lo siete. Però… quando siete assieme… diventate un altro».

«Un altro?»

«Sì… volevo dire… diversi, diverso.»

«Ma che dici? Mindy, ci hai visto assieme una sola volta, al matrimonio! Inoltre c’era così tanta gente che a malapena le ho parlato» l’uomo fece una pausa, si avvicinò alla donna e lasciò cadere un abbraccio sulle sue spalle. «Tesoro» le disse «credo tu ti sia lasciata influenzare da un episodio, che, come ti ripeto da anni, non è mai accaduto».

Mindy scosse le spalle e frignò: «Tua sorella mi odia».

«Mia sorella non ti odia. Non odia nessuno».

«Come potrebbe, non prova emozioni!» rispose Mindy con stizza. Poi si calmò, e aggiunse «Scusa Claude, forse hai ragione. Sarà una mia impressione.»

«È così infatti. È una tua impressione.»

Per capire se davvero lo fosse, una sua impressione, devo tornare al momento in cui chiesero a Claude se volesse prendere Mindy come legittima sposa

Per capire se davvero lo fosse, una sua impressione, devo tornare al momento in cui chiesero a Claude se volesse prendere Mindy come legittima sposa. È difficile dire se quel che vide Mindy accadde realmente; Claude da parte sua negò sempre con decisione e la sorella nemmeno si espresse. Io ero là, ma non so davvero cosa dire. In un certo senso ci fu qualcosa, senza contar che non è mia abitudine remare contro l’intuizione femminile… ma non potrei mettere la mano sul fuoco; si trattò, se ci fu, di un gesto quasi invisibile. In breve la versione della sposa è la seguente: al momento della fatidica domanda, lo sposo, prima di voltarsi verso la futura moglie, piegò gli occhi verso il lato della sorella, come a cercare un tacito consenso. Non solo; ad aggravare l’indelicatezza ci fu la reazione della donna, che, sempre a detta di Mindy, fece spallucce, lasciando intendere qualcosa come «Fa come credi». Dello sguardo dello sposo non posso dire nulla, ero voltato dall’altra parte. Quanto al gesto della sorella, mi parve di percepire qualcosa… ma potrebbe essere una suggestione, senza contare che era così facile imputarle un’espressione, che davvero non saprei che dire. Quella ragazza era così immobile, sembrava una lavagna in attesa di un gessetto che le desse la voce, potrebbe ben essere tutto un’invenzione… eppure qualcosa, sì qualcosa… davvero non saprei. In ogni caso, da quel giorno Mindy odiò Claude, che col suo silenzio non aiutò di certo a farsi “perdonare”.

A difesa della sposa comunque, o perlomeno come doveroso debito alla sua chiaroveggenza, devo aggiungere che non ebbe tutti i torti a odiarla. Non tanto per il ruolo che ebbe nell’evoluzione del suo matrimonio – credo minimo – quanto per quel che accade dopo, l’evento che trascinò i nostri destini in una comune tragedia. È tempo ch’io mi concentri su di lei dunque, e sul suo sconcertante debutto.

Francesco D'Isa

Artista e scrittore. Da quando è nato, nel settembre del 1980 a Firenze, Francesco D'Isa ama la sintesi e odia la biografia.