Sono stato alla prima della Scala

Alla Scala il problema è sempre la scenografia, dentro e fuori il Teatro. Pioggia come l’anno scorso, freddo come l’anno scorso, transenne e poliziotti e camionette e cori demenziali come negli ultimi quarant’anni, soliti tafferugli coreografici, e poi – dentro, sul palco – un’altra scenografia da incubo che serve soltanto a far discutere di sé. Mancava soltanto che Daniel Barenboim si mettesse a leggere l’articolo 9 della Costituzione: l’avesse fatto un mese fa, probabilmente, l’avrebbero invitato da Fabio Fazio a leggere partiture in si bemolle.

Per il resto, Dio – anzi, l’Odino wagneriano – vi scampi dagli articoli sui vip divisi per gironi d’importanza, dalle rassegne facciali di chirurgia plastica, dagli stormi plananti di giornaliste-valchirie che porgono microfoni: rivolgersi altrove, grazie. Il problema è che Dio – anzi, Odino – dovrebbe scamparvi anche dal solito articolo che promuova con lode il collaudatissimo Wagner di Barenboim per poi rifarsi sulla regia e sulla scenografia: così, tanto per sfogarsi, per mostrare una residuale indipendenza critica. E’ un esercizio che prosegue da un’ottantina d’anni e che molte volte è apparso pienamente e storicamente giustificato: ma che alla fine sa sempre di ripiego, di rifugio del cronista canaglia che in realtà non saprebbe dire granché d’altro, tantopiù di questi tempi in cui tutto sommato dovremmo soltanto inginocchiarci al cospetto di Dio – Odino – e limitarci a ringraziarlo perché esiste Wagner, e soprattutto perché alla Scala esiste un Barenboim che è in grado di eseguirlo. Fortunato chi abbia a disposizione decenni di esperienza critica e in passato abbia ascoltato supremi interpreti wagneriani in giro per mondo: ma oggi, realisticamente, occorre chiedersi se esista un esecutore wagneriano migliore di Baremboim nel presente, e chiedersi, soprattutto, chi si affacci all’orizzonte del futuro.

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Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera