Sono stufo

Non c’è niente da fare: una condotta o è illecita (e quella di Berlusconi con le donne pare che non lo sia) oppure è lecita, e in quest’ultimo caso ogni giudizio attiene alla sfera della moralità o del moralismo. Attenzione, moralità e moralismo sono cose importanti: nei paesi protestanti i ministri saltano per un niente, è vero. Ma il punto resta: chi lo decide? Famiglia Cristiana? All’estero possono esserci prassi e sensibilità consolidate, ciò che determina una selezione d’ingresso nel mondo della politica. E da noi, dove il più pulito ha la rogna?
Delegittimare Berlusconi perché «malato» è roba che neanche in Cina, fingere di preoccuparsi per la sicurezza della sua carica è ridicolo. Il discorso della telefonata in questura già potrebbe essere più serio, ma alla fine che fai?

La risposta è deludente perché non cambia mai: a decidere sono i maledetti elettori, e non dite che manchi loro l’informazione, per favore. Dipendesse da me, Berlusconi potrebbe anche fare il trenino coi sette nani – a casa sua – e rotolarsi tra i cactus col cane di Sandro Bondi. Mentre per aver candidato – tra altre – la sua igienista dentale, ex ballerina di Colorado Cafè, invece lo prenderei a pedate per una settimana: ma io valgo uno, e me ne sono fatto una ragione. Altri, soprattutto a sinistra, da 18 anni non se la vogliono fare.
Detto questo, dire che sono stufo non rende neppure l’idea. Non si può campare pensando sempre che gli altri sono peggio, che i giudici sono comunisti e che Fini è un traditore: anche se ci fosse del vero in tutto quanto. Non si può passar la vita a difendere il privato di Berlusconi se poi Berlusconi non fa niente per difendere dal suo privato noi, cittadini o giornalisti che perdiamo intere stagioni a discutere delle sue mutande: e questo solo perché lui ha sottovalutato dei rischi o perché deve affermare qualche principio.
Berlusconi sarà anche un genio, ma i suoi casini impediscono di dimostrarlo e fanno perdere un sacco di tempo al Paese: e parlo di casini autoprocurati, non di complotti dei poteri forti. Se di notte il Premier non telefona a Obama ma a Nicole Minetti, e se la liberazione di una cubista marocchina è divenuta la missione più rilevante della nostra politica estera, la colpa non è mia. Se il Lodo Alfano serve a guadagnare tempo e a non farlo perdere al Paese, e però per farlo ci vogliono tre anni, la colpa non è mia. Se dietro Berlusconi non c’è un partito ma c’è solo lui, oltre a una serie di soldatini imbarazzanti, la colpa forse è addirittura sua.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera