Quando Bart chiamò in Australia

Gli Australian Open sono probabilmente il torneo in cui si respira l’atmosfera più rilassata. Pochi giornalisti, fuso orario impossibile, piena estate, organizzazione impeccabile. A Melbourne Park questo torneo ci è arrivato nel 1988, quando il cemento ha preso il posto dell’erba e dopo un lungo pellegrinaggio che lo ha portato anche in Nuova Zelanda. Il grande vantaggio è che qui si servono due continenti, Oceania e Asia, con un potenziale bacino d’utenza enorme e siccome il tennis si muove ai soldi come i girasoli al sole, l’evento è in continua e inarrestabile crescita. Ci sono 22 campi a Melbourne Park: la Rod Laver Arena, ovvero il centrale dotato di tetto apribile, la Hisense Arena, altro stadio coperto che durante l’anno ospita concerti, la Margaret Court Arena che a breve verrà completamente rifatta e dotata anch’essa di tetto e altri 18 campi minori.

L’idea che si sta sviluppando nello sport e molto sensibile è quella di creare strutture polifunzionali che permettano allo spettatore di trovare in un’unica soluzione alloggio, vitto, shopping e sport. Eliminare gli spostamenti e concentrare tutto in uno spazio ridotto dovrebbe invogliare a spendere. In questo senso le ruspe a Melbourne sono in azione da tempo e il complesso è pieno di zone transennate e operai al lavoro per i lavori che nel 2016 dovrebbero dare più o meno questo risultato:

In tutto ciò il 2010 rischia di diventare l’anno in cui la tecnologia si dimenticò di fare capolino in Australia. Aveva inizato qualche giorno fa la forte giocatrice polacca Radwanska, vittima di una inaspettata mutilazione del suo strumento di lavoro. In risposta al servizio, contro una giocatrice 40enne, l’espressione di Agnieswka parla da sola:

E se la struttura regge i problemi possono trasferirsi alla stabilità della racchetta. Qui Juan Martin Del Potro che si chiede “manca niente”?

Ma la situazione più imbarazzante per il torneo è stata sicuramente quella di venerdì in cui due giocatrici in fase di riscaldamento sono state gentilmente invitate a tornarsene negli spogliatoi perchè sulla superficie della Hisense Arena, in prossimità della rete, si era formata una bolla d’aria. Qui trovate i tecnici con tanto di trapano per sistemare la falla.

Infine, nell’era degli iPhone e degli smartphone, i giornalisti più attempati preferiscono affidarsi ai vecchi telefoni a tastiera. Ogni mattina alle mie spalle un corrispondente europeo chiama casa appena arrivato. La pressione dei tasti corrisponde ad un tono e l’effetto è quello che Bart creava chiamando in Australia per sapere se l’acqua del water gira al contrario.

Enrico Maria Riva

Enrico Maria Riva ha collaborato con Matchpoint, SpazioTennis, The Tennis Space (UK) e Tennis Panorama News (USA). Per Ubitennis è stato inviato a Wimbledon e agli Australian Open. Il suo account twitter è @enricomariariva