Non esibirsi per Trump è anti-democratico?

Le Rockettes, le ballerine di fila che fin dal 1932 rallegrano con il loro “Christmas Spectacular” le feste natalizie degli americani, stavolta hanno passato un brutto Natale per colpa di Donald Trump. Il 22 dicembre scorso, infatti, il corpo di ballo del Radio City Music Hall di New York ha scoperto di essere stato ingaggiato per aprire, il 20 gennaio, la 58° cerimonia d’inaugurazione per la presidenza degli Stati Uniti, così come era già accaduto nel 2001 e nel 2005 per l’insediamento di George W. Bush. La differenza però è che questa volta molte si sono rifiutate di partecipare.

Le ballerine, contattate da diversi giornali, non hanno voluto commentare, tranne due: Phoebe Pearl, che in un post su Instagram, poi cancellato, ha dichiarato il profondo imbarazzo all’idea di danzare per Donald Trump e Mary, una Rockette che – sotto pseudonimo – ha rilasciato un’intervista esclusiva (questa sì, non me ne voglia il direttore) a Marie Claire, per denunciare il profondo malessere che le ballerine hanno provato all’idea di danzare per “un uomo del genere”.

Questa però non è la solita questione del genere “ballerine che si rifiutano di dimenarsi scosciate davanti a un sessista”. Non siamo dalle parti di “Totò, Peppino e la Malafemmina”, decisamente no. Qui la faccenda è molto più ricca e complessa: Mary ha raccontato che nessuna delle ballerine di colore vuole esibirsi davanti a un presidente che ha tra i suoi sostenitori i suprematisti bianchi. E se, come probabile, a danzare per il presidente saranno solo ballerine bianche, forse sarà anche peggio. All’organizzazione del Radio City lavorano in centinaia e tra loro ci sono persone LGBT e immigrati; i legami tra i dipendenti sono molti forti, in tanti si considerano non solo amici, ma si sentono anche parte della stessa famiglia. La Rockette ha ribadito come la questione non sia politica ma riguardi i diritti e la dignità umani: “Se danzassimo per Trump ci sembrerebbe di mancare di rispetto alle donne e agli uomini che lavorano con noi”.

Ovviamente, si è scatenato un putiferio tra i media e i social network, focalizzato più sul tema del sessismo, un argomento sacrosanto e che mi sta sempre molto a cuore, ma che di certo non è il più rilevante qui, perché la domanda a cui rispondere non è se Trump è sessista o se è giusto esibirsi davanti a lui, ma se, rifiutandosi di ballare, le Rockettes stanno mancando di rispetto alla Presidenza degli Stati Uniti.
Al di là del fatto che la direzione del Madison Square Garden non ha più imposto la partecipazione all’inaugurazione (come pareva inizialmente) ma ha chiesto alle ballerine la disponibilità ad esibirsi, le risposte hanno a che fare con una nuova declinazione del tema della disobbedienza civile.

Abbiamo quasi tutti un profilo online pubblico e chiunque può chiederti conto delle tue scelte e della tua coerenza e le Rockettes, inteso come corpo di ballo ma anche come singole ballerine, non fanno eccezione. La loro scelta non ha per nulla una valenza solo individuale; qui non c’è nessuna legge a cui disubbidire, è vero, ma c’è la massima istituzione degli Stati Uniti che richiede una prestazione e c’è un rapporto di lavoro da onorare (tenendo presente che su ottanta, solo tredici ballerine hanno un contratto a tempo indeterminato, mentre le altre sessantasette sono lavoratrici stagionali, che potrebbero rischiare delle ritorsioni). Se non si dichiareranno disponibili a esibirsi davanti a Trump, mancheranno di rispetto alle istituzioni?

Io non credo: così come Donald Trump è stato democraticamente eletto Presidente degli Stati Uniti d’America, allora una democrazia può definirsi tale solo se consente la disobbedienza civile, fosse anche il rifiuto da parte di lavoratrici dipendenti ad esibirsi alla cerimonia d’insediamento del Presidente. Forse potrà essere definita disobbedienza sociale, forse si conierà un altro termine, certo è che, comunque la si voglia chiamare, inizierà già il 20 gennaio all’insediamento della presidenza Trump, anche grazie a quelle Rockettes che si sono rifiutate di sgambare davanti al presidente vestite di soli lustrini.

Emanuela Marchiafava

Media Analyst e consulente per le imprese, già assessore della Provincia di Pavia, si occupa di turismo, politica e diritti.