Il messaggio del Papa e la fame nel mondo

Martedì 21 gennaio papa Francesco ha inviato un messaggio in occasione dell’apertura a Davos, in Svizzera, del World Economic Forum, l’evento annuale dove si incontrano uomini d’affari, finanzieri e capi di governo. Nel messaggio (che diversi giornali hanno immediatamente bollato come “di sinistra”) il Papa chiedeva ai partecipanti di riflettere di più sulla crisi economica, sulle ineguaglianze e di adoperarsi con più energia per combattere la fame nel mondo. Metterci un po’ più di energia è sempre una buona idea, ma cosa abbiamo fatto finora per combattere la fame nel mondo?

Prima di rispondere a questa domanda, però, vorrei dedicare un paio di righe a quello che ha scritto il Papa, visto che ho l’impressione che il marchio che gli è stato affibbiato (“il papa anticapitalista”) non sia proprio corretto. Qui potete leggere la versione integrale della sua lettera. Diciamo subito che il papa è partito con una captatio benevolentiae niente male.

Il nostro è un tempo caratterizzato da notevoli cambiamenti e da significativi progressi in diversi campi, con importanti conseguenze per la vita degli uomini […] e occorre riconoscere il ruolo fondamentale che l’imprenditoria moderna ha avuto in tali cambiamenti epocali, stimolando e sviluppando le immense risorse dell’intelligenza umana

Tutto giustissimo: come sappiamo bene gli ultimi decenni hanno visto grandi successi nella lotta alla povertà in diversi paesi del mondo. Subito dopo il Papa cade invece in quella che a me pare una contraddizione.

Tuttavia, i successi raggiunti, pur avendo ridotto la povertà per un grande numero di persone, non di rado hanno portato anche ad una diffusa esclusione sociale.

Mi sembra strano dire che la povertà è diminuita e che questo ha portato ad un aumento dell’esclusione sociale (che è definita come la marginalizzazione di un gruppo di persone che si trovano impossibilitate ad avere accesso a risorse come cure mediche, istruzione, abitazioni e così via). Povertà ed esclusione sociale vanno di pari passo. Difficile immaginare qualcuno che vede il suo reddito aumentare e nel contempo perde la possibilità di avere una casa, vestiti, istruzione e assistenza sanitaria. Poi il Papa continua:

Non si può tollerare che migliaia di persone muoiano ogni giorno di fame, pur essendo disponibili ingenti quantità di cibo, che spesso vengono semplicemente sprecate.

In questa frase è quasi tutto vero. Il World Food Program ha calcolato che circa 25 mila persone muoiono di fame ogni giorno. Che questa situazione sia “intollerabile” lo aveva già scritto la FAO – usando proprio questa parola – in uno dei suoi ultimi rapporti. Si può discutere un po’ di più sul fatto che la riduzione degli sprechi sia la risposta a questo problema. Un esempio chiaro di come l’equazione ridurre sprechi = riduzione fame sia sbagliata è quello del pane sprecato a Milano.

Qualche anno fa si è parlato molto del fatto che secondo alcuni calcoli ogni giorno a Milano si buttano via 180 quintali di pane. Perché, si domandavano diversi giornalisti, non si utilizza questo pane per dare da mangiare alle famiglie più povere? La risposta degli operatori del settore era piuttosto semplice: perché usare un furgone per raccogliere il pane invenduto e poi portarlo alle mense dei poveri costerebbe di più che comprare del pane nuovo. Quindi – tendenzialmente – il problema non è che noi sprechiamo il cibo che potrebbe arrivare ai più poveri. Il problema è che è costoso far arrivare il cibo dove serve.

Detto questo, torniamo alla mia domanda iniziale: cosa abbiamo fatto finora per combattere la fame nel mondo? Secondo un luogo comune che si sente spesso (e da parecchio tempo) non solo abbiamo fatto poco o niente, ma addirittura non c’è niente che possiamo fare. L’aumento della popolazione mondiale finirà inevitabilmente con il superare la nostra capacità di produrre cibo, costringendoci quindi a sanguinose guerre per impossessarci delle poche terre fertili rimaste.

Il sito da inserire tra i preferiti per potere avere sempre a portata di mano la risposta a chi porta avanti questo stereotipo è il portale sulla fame nel mondo della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di combattere la malnutrizione nel mondo. Come potete vedere dallo schema qui sotto, negli ultimi 20 anni abbiamo fatto progressi incredibili in questa battaglia. La percentuale di persone sottonutrite sul totale della popolazione dei paesi più poveri è scesa dal 23,6 per cento al 14 per cento. Il loro numero assoluto è passato da 995 milioni a 827. Se prendiamo in considerazione il mondo intero, la percentuale di persone sottonutrite si è addirittura dimezzata, passando dal 24 per cento al 12 per cento del 2010-2012.

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Frugando un po’ tra i dati FAO e su qualche altro database è possibile trovare varie risposte ad altri luoghi comuni dello stesso genere (le terre coltivabili sono destinati a terminare, l’acqua potabile è destinata a terminare e così via – se l’argomento interessa potrei tornarci su uno dei prossimi post).

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca