35 frasi dall’ultimo libro di Fabio Volo

Domenica 17 novembre, su La Lettura del Corriere della Sera è stato pubblicato il primo articolo di Fabio Volo. Si intitolava: “I miei libri, come broccoletti dell’anima” (una scelta piuttosto infelice di cui è quasi certamente responsabile il titolista del Corriere). Con un tempismo del tutto casuale proprio ieri ho finito di leggere “La strada verso casa”, il suo ultimo libro.

Per dirla con il popolare hashtag della scorsa settimana, Fabio Volo non è esattamente uno degli autori che tengo #sulcomodino (anche se i libri che sto leggendo in genere si trovano in un’altra stanza della casa che non ho certo intenzione di menzionare qui).

In realtà è stata una lettura tutto sommato interessante e mi ha spinto a distillare il succo del libro in 35 frasi che mi hanno colpito per vari motivi. Le ho divise in sette categorie al termine delle quali ho aggiunto un’avvertenza*.

Metafore che: eh?

“Keith Richards per ispirarsi tirerà delle righe di coca che a guardarle sembrano delle lepri morte sdraiate sul tavolo.”

Come un monaco tibetano, come un ninja di Milano.

Si rideva per ogni stupida cosa, si respirava una bontà che avrebbe potuto uccidere in meno di un secondo un intero pullman di cinici.

Al posto delle sedie c’erano dei pouf di pelle a forma di cubo, così bassi che lo stomaco era all’altezza delle orecchie.

Era stato assalito da mille ricordi, come se un treno pieno di immagini fosse deragliato su di lui.

Poesia del quotidiano

Secondo il suo contorto ragionamento da fumatore, la sigaretta del mattino era salutare e lo faceva cagare.

Quando incontrava uomini o donne senza mento, Marco si chiedeva sempre come facevano a infilare le federe nei cuscini o a piegare le lenzuola.

Tirò la maniglia ma il frigo non si apriva, come succede spesso quando lo si è appena chiuso.

Quando vedeva seni grandi come quelli della ragazza, che sembravano voler esplodere da un momento all’altro, a Marco veniva sempre il desiderio di toccarli, di infilarci dentro le mani e la faccia come un bambino davanti a una vaschetta di gelato”.

“Ma tu” lo interruppe Marco: “Ci pensi mai che le donne non lo immaginano neanche che un sacco di uomini si masturbano pensando a loro? Uomini di cui non sanno nemmeno l’esistenza.”

Si stava meglio quando si stava peggio

Le piante nel viale alberato erano state tagliate tutte allo stesso modo per dare alla strada una prospettiva più pulita. Marco amava pensare che quello che avevano fatto a quelle piante era quello che la società voleva fare con gli uomini. Tutti dritti, ordinati e soprattutto uguali.

Oggi la promessa, così come gli oggetti, è meno eterna, tutto dev’essere consumato e non conservato, se una cosa non funziona la si butta e se ne prende un’ altra. Quella del padre invece era una generazione in grado di riparare ciò che si guastava.

Tra le [vecchie] fotografie ce n’erano anche di sbagliate, fuori fuoco, o con le teste tagliate a metà. Quante imperfezioni, quante sbavature o sviste. Era tutto più vero. Tutto più a misura d’uomo. L’imperfezione come forma di libertà.

“Quando vedo il cortile di casa mia vuoto, senza nessun bambino che ci gioca, mi viene una tristezza nel cuore”
“Dove sono i ragazzi adesso?”
“A casa su Facebook.”

Nei vinili il suono [era] diverso. Più caldo e preciso. [i giovani d’oggi] mangiano male, scopano male, si drogano male e ascoltano musica di merda, e anche quella la ascoltano male. Nei loro iPhone.

Vietato ai minori

Celeste [aveva] un viso meno bello su un corpo da schianto, il culo piccolo, sodo e invitante.

Avevano iniziato a baciarsi, lui sentiva il calore delle cosce che sfioravano le sue, le mani di lei che afferravano il suo sesso duro, pronto a esplodere.

A casa della sua prima ragazza del liceo, parlando della madre di lei:
Si ricordava delle volte in cui si era masturbato nel lavandino del loro bagno annusando la vestaglia di quella donna.

Una volta nella cesta dei panni sporchi aveva trovato un paio di mutande della madre. Le aveva annusate a lungo. Un odore forte che gli aveva dato le vertigini.

Marco rispettava la scelta di lei, però dopo si alzava, andava in bagno, chiudeva gli occhi e si scopava la vestaglia di sua madre.

“Devi fare piano quando me lo metti dentro altrimenti mi fai male. Ce l’ho stretta.”

Andrea sentiva che Irene era bollente, calda, bagnata. Accogliente.

Aveva imparato una cosa nuova: possedere una donna con la punta della lingua.

Frasi che leggerete su Facebook

Le notti in cui la bellezza dilata il tempo, in cui il presente è così perfetto e lo si indossa così bene che si cominciano a fare promesse, giuramenti, patti, perché quella bellezza fa sentire dentro di sé una spinta verso il futuro.

“Marco, se dovessi cadere e farmi male, tu saresti in grado di aiutarmi a rialzarmi, di prenderti cura di me?”
“Sarò lì prima ancora che tu cada per afferrarti in tempo.”

Se era fortunato poteva vivere l’emozione meravigliosa che si prova quando legge le parole perfette per quel momento della tua vita.

“Può esistere al mondo un posto sereno per una persona che non si è sentita a suo agio a casa sua?”

Si erano abbracciati, l’incastro perfetto di due metà.

“Potrei non mangiare più se potessi annusarti tutti i giorni.”

“Che senso di libertà. Non c’era niente e avevamo tutto.”

Questioni personali

“Dev’essere frustrante fare il giornalista del TG delle otto […] quando eravamo piccoli guardavamo il tg per sapere cos’era successo nel modo, adesso leggiamo tutto su internet quasi in tempo reale e alla sera sappiamo già tutto.”

Dev’essere per questo che li pagano dieci volte quello che pagano chi lavora online. Altrimenti si deprimono.

Boh

“La biologia è la terza rivoluzione industriale.”

* Avvertenza
Nonostante io abbia vigliaccamente preso di mira alcune frasi non proprio felici estrapolandole dal contesto, ci tengo a specificare che ho letto libri peggiori de “La strada verso casa”. Ad esempio, non sono mai riuscito ad andare oltre le prime pagine dei romanzi di Wilbur Smith o Clive Cussler (per quanto mi ci sia impegnato con la concentrazione di un monaco tibetano o di un ninja di Milano). Per molte persone, invece, è stato probabilmente il miglior libro che abbiano mai letto e forse l’unico.

L’Italia è un paese dove si leggono pochissimi libri. Secondo gli ultimi dati Istat nel 2012 il 54 per cento della popolazione non ha letto nemmeno un libro. Letto al contrario, però, questo dato ci dice che nel 2012 il 46 per cento della popolazione ha letto almeno un libro: è il numero più alto dal 1995 ad oggi. Magari una parte del merito è anche di Fabio Volo.

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca