Una poesia

Ci siamo molto amati, è vero.
C’è stato un tempo, ricordi,
in cui mandavamo i nostri scatti
al sito di Repubblica, con i post-it
sulla bocca: le tue labbra nascoste
contro la legge-bavaglio sapevano di grano,
grano saraceno e farro,
quanto farro abbiamo consumato insieme,
e adesso ciò che resta sono soltanto
queste analisi del sangue con i valori
nella norma: la glicemia piuttosto bassa,
niente bilirubina nelle urine.
Oggi, primo maggio, invece del concerto
sono stato in casa, ho archiviato molte foto.
Ce n’è una sotto il palco di Se non ora quando:
tu con i capelli rosa, io con la spilletta sulla giacca,
in posa da coatti, per far ridere tua madre.
O un’altra sfocata – troppo sole! – con noi vestiti
tutti di viola, era il 2009 o prima ancora,
in cui sono ancora magro, e tu con la mascherina
di Berlusca sulla nuca, mi sei salita sulle spalle
agitando un cartellone con su scritto:
“Mai più leggi ad personam”.
Poi cenammo coi tuoi amici di Lisbona
in quel posto nuovo verso Ostiense.

Eravamo sempre stanchi, la sera gonfi
di un’odio coltivato che non era solo nostro.
Ma ho imparato con te a fianco
a amare l’intelligenza delle donne –
te lo riconosco: Milena Gabanelli,
Margherita Hack, quanto avevano ragione!
Ho imparato cosa vuol dire essere uniti
dalla forza dello sdegno. Le domeniche,
ogni volta, erano l’inizio e la fine
di qualcosa: cominciare a fare sesso
sul divano dopo aver visto una puntata
di Report sui roghi dei rifiuti, tu che dopo
mi dicevi che non eri mai stata
in Campania in vita tua.

Oppure quando ti ostinavi a tenere
sul comodino le pile di libri
di Calamandrei, ne leggevi un pezzettino
prima che te lo buttassi via, e ti sfilassi
la maglietta. Ce l’ho ancora qui
quella maglietta, non l’ho nemmeno
mai più messa in lavatrice: la vignetta
di Vauro stampata sopra senza il tuo corpo
dentro è come un camino senza legna,
e sbiadita mi ricorda tutto che ciò
che siamo stati, un passato che già allora
rimpiangevo, io che ti prendevo in giro
perché sbagliavi sempre le parole a Bella Ciao
quando ballavamo insieme al Concertone.

Christian Raimo

Christian Raimo è nato (nel 1975) e cresciuto e vive a Roma. Ha studiato filosofia e ha pubblicato per Minimum Fax due raccolte di racconti: Latte (2001) e Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? (2004). È un redattore di «minima&moralia». Nel 2012 ha pubblicato per Einaudi Il peso della grazia.