Lo spettacolo della realtà

Intanto una precisazione: negli Stati Uniti reality è semplicemente il contrario di fiction, un macrogenere che raccoglie sotto la sua ala il Grande Fratello come il ciclo estivo di documentari della HBO. Insomma, la parola in sé non ha un collegamento univoco e immediato con quella che noi amiamo definire “tv spazzatura”. L’unica discriminante è che si tratti di uno show non sceneggiato: che a parlare siano animali, casalinghe, indigeni dell’Amazzonia o del New Jersey, l’importante è che nessuno gli abbia scritto le battute.

Poi: inutile ribadire che i reality (nell’accezione italiana del termine, questa volta) fatti sono meglio di quelli fatti qui. Ma serve a poco trastullarci (non pensavo che avrei mai scritto “trastullarci” in vita mia) con l’idea che qui le cose non le sappiamo fare, che non c’è più rispetto, signora mia, eccetera. Nel 2001, un anno dopo il suo debutto negli USA, Italia1 ha comprato il format di Survivor (reality che è tra i più belli e seguiti di sempre): la prima edizione ha fatto ascolti bassissimi, l’esperienza si è chiusa lì e due anni dopo si è trasformata nell’Isola dei Famosi, su RaiDue, grandissimo successo di pubblico. Quindi, ecco, a conti fatti e con le dovute puntualizzazioni che non è né tempo né luogo, mi azzarderei a dire che sì, meno budget e meno know-how e quello che vi pare, ma forse è proprio il pubblico a essere diverso.

Una volta chiarito il concetto di “bravi americani”, arriviamo al concetto di “cattivi americani”. O meglio: non è tutto oro quello che luccica. O meglio: sì, bravi, ma non immuni alle porcate. O meglio: mi vendo mia nonna per un punto di share in più.

Un marito nel reality per eccellenza sulle mogli, cioè The Real Housewives of-aggiungete località a caso, si è suicidato un paio di settimane fa. Non poteva reggere lo stress, si dice, dello stile di vita richiesto dal programma. Sua moglie aveva appena chiesto il divorzio, lui era pieno di debiti e si millantava l’imminente pubblicazione di un libro che avrebbe svelato al pubblico le sue torbide preferenze sessuali.

La reazione dei produttori è stata semplice e immediata: pieno supporto alla famiglia, vicini in questa situazione di dolore bla bla comunicato stampa bla, e adesso rimbocchiamoci le mani e giriamo un episodio speciale sulle reazioni del cast al suicidio del loro “collega” e vicino di casa. La stampa si indigna: sappiamo già che sarà un successo.

Chiara Lino

Giornalista del Post. Scrive recensioni di serie tv su Serialmente e ha lavorato come grafica e interaction designer.