Il copyright vince, AgCom perde

Probabilmente leggeremo notizie apparentemente contrastanti riguardo le conclusioni che  l’Avvocato Generale presso la Corte di giustizia europea, Pedro Cruz Villalón, ha depositato nella causa UPC Telekabel contro Constantin Film e Wega Film.

I titolari dei diritti d’autore e connessi avranno di che gioire: potranno dire legittimamente che il copyright (la proprietà intellettuale) vince su diritto d’accesso e di informazione (sulla libertà di espressione). Per l’Avvocato Generale infatti sono legittimi e conformi al diritto europeo i provvedimenti inibitori che ordinano ai provider di impedire l’accesso dei loro clienti a siti che diffondono abusivamente opere protette. I più temerari useranno la sintesi del parere contenuta nei comunicati stampa per dimostrare la legittimità di quanto vuol fare AgCom con il tormentato regolamento in via di approvazione. E proprio qui sta il punto interessante. Coloro che si oppongono a quel regolamento troveranno nelle argomentazioni di Villalón meravigliosi argomenti a sostegno dell’illegittimità dei provvedimenti inibitori ipotizzati da AgCom proprio nei confronti dei provider.

Per l’Avvocato Generale i provvedimenti di blocco a siti e servizi web sono sì ammissibili, ma solo a determinate condizioni: i) che vi sia una base normativa “forte”, ovvero una legge chiara, prevedibile e democraticamente approvata che definisca limiti e modalità delle inibitorie; ii) che a emettere il provvedimento sia l’autorità giudiziaria con provvedimenti specifici ed un attento bilanciamento dei diritti in gioco. I servizi intermediari – tutti, aggiungo io, dai fornitori di accesso, ai motori di ricerca, agli aggregatori di contenuti, fino alle piattaforme di condivisione – sono infatti riconosciuti indispensabili strumenti per la libertà d’espressione e di informazione e sono dunque depositari di diversi diritti fondamentali, non ultimo la libertà d’impresa. È possibile interferire nelle loro attività a difesa del copyright, ma, afferma Villalón «Spetta ai Giudici nazionali compiere un bilanciamento dei diritti fondamentali delle parti coinvolte, tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti e garantire in tal modo un giusto equilibrio tra tali diritti fondamentali». Il riferimento ai “giudici” può esser riferito al caso di specie, ma è indubbio, dal complesso delle argomentazioni che richiamano doverosamente la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che la garanzia giurisdizionale è elemento fondante per render legittima la compressione dei diritti fondamentali coinvolti.

Il parere in verità non contiene novità sconvolgenti e si basa su principi da tempo consolidati in sede europea, ma nel dar ragione ai titolari dei diritti di copyright, Villalón riprende nella sostanza le tesi di chi da sempre contesta la legittimazione di AgCom a intervenire nella circolazione dei contenuti in rete con provvedimenti di filtraggio e blocco dei siti a carico degli intermediari della comunicazione. E sono le stesse ragioni che hanno fatto dire recentemente a quel «tal signor La Rue» – il relatore speciale delle Nazioni Unite citato anche nel parere dell’Avvocato Generale – che il regolamento AgCom è contrario alla regolamentazione dei diritti fondamentali dell’uomo.

Il dibattito che si trascina da due anni sull’assenza di poteri regolamentari e sanzionatori in capo all’AgCom non è affatto una questione meramente formale o un cavillo di legulei fiancheggiatori della pirateria, ma una questione fondamentale, di diritti fondamentali. Lo si capisce anche leggendo le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia Europea, Pedro Cruz Villalón nella causa C-314/12.

Carlo Blengino

Avvocato penalista, affronta nelle aule giudiziarie il diritto delle nuove tecnologie, le questioni di copyright e di data protection. È fellow del NEXA Center for Internet & Society del Politecnico di Torino. @CBlengio su Twitter