Il Nobel all’Europa dei diritti

Se il Nobel all’Unione Europea suscita perplessità, è perchè ormai identifichiamo l’Europa con l’Euro e con i nostri problemi. Se si parla d’Europa sui giornali, è sempre e solo per le politiche economiche, finanziarie o monetarie. La cosa è comprensibile in questi tempi complessi (dovrei dir di crisi, ma il termine ormai mi irrita) e non si può disconoscere nell’attuale Europa residui di quella visione meramente economicistica che deriva dalla vecchia Comunità Economica Europea, che sino a poco tempo fa costituiva il primo pilastro dell’Unione.
E’ però riduttivo e sbagliato come molti commentatori hanno fatto, leggere il Nobel ricevuto come un semplice auspicio, paragonandolo a quello dato ad Obama, o limitarsi a ironizzare sulle indubbie carenze delle politiche finanziarie e monetarie di Bruxelles, con le disastrose conseguenze che conosciamo.

La scelta degli accademici scandinavi poggia a mio giudizio su basi solidissime. Non mi riferisco tanto alla visione storica dell’Europa pacificata, pur rilevante, quanto al riconoscimento e all’effettiva tutela dei diritti umani fondamentali: aspetto citato più volte nella motivazione del premio.

L’Europa è oggi nel mondo la regione con il più alto livello di civiltà giuridica. Nel primo dopoguerra il vecchio continente ha posto l’asticella dei diritti umani molto in alto, tanto che ancora oggi non vi è regione sovranazionale sull’intero pianeta che possa vantare il sistema di tutela dei diritti fondamentali simile a quello creato dal Consiglio d’Europa con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e l’istituzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Sistema oggi rafforzato dall’Unione Europea nel trattato di Lisbona.

Vi è molta confusione sui mass media tra le varie istituzioni europee, ed è forse utile rammentare che il Consiglio d’Europa è organizzazione diversa e distinta dall’Unione. Del Consiglio fanno parte oltre ai membri dell’Unione, tutti gli Stati del continente (compresi Turchia Balcani e Russia). Solo nei prossimi anni l’Unione Europea come soggetto autonomo entrerà a far parte del Consiglio.

Tuttavia l’Unione Europea di oggi poggia le proprie basi in tema di diritti fondamentali sulla straordinaria esperienza della CEDU.
La Carta di Nizza approvata nel 2000, che è la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione, fa espresso riferimento alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo approvata nel 1950 ed all’interpretazione data in questi 50 anni dalla CEDU, e ne attualizza e rafforza i principi.
I provvedimenti dei nostri legislatori nazionali e dei nostri giudici debbono oggi rispettare e sottostare al diritto dell’Unione ed i cittadini europei hanno diritti fondamentali che possono esser fatti valere concretamente: davanti a tribunali terzi– alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo o alla Corte di Giustizia dell’Unione- anche contro il proprio Stato, a dispetto dei propri governanti o dello stesso potere giudiziario.

E si badi che l’Italia, o meglio noi cittadini abbiamo beneficiato e beneficiamo costantemente del complesso sistema giuridico che l’Europa ha creato in questi ultimi 60 anni. Più di ogni altro stato dell’Unione: siamo infatti i primi tra gli stati membri per numero di ricorsi alla CEDU.
Non è un buon segno, ma almeno a buona ragione possiamo dire, come fece il Mugnaio di Sans Souci davanti all’Imperatore che voleva confiscare il suo mulino, “ci son dei giudici anche a Berlino”. Oggi sono a Strasburgo o in Lussemburgo.

Se non ci fosse stata l’Europa, le deliranti politiche sull’immigrazione che propugnava la Lega non avrebbero avuto ostacoli culturali nelle forze politiche che ci hanno governato negli ultimi 20 anni, e sarebbero oggi peggiori di quanto non siano.
Se si parla oggi di diritti delle coppie di fatto o di protezione dei dati personali, è grazie all’Europa ed ai nuovi diritti che la Carta di Nizza ci permette di pretendere. E’ stata la CEDU a rilevare formalmente l’assurdità della legge sulla procreazione medicalmente assistita. Di esempi se ne potrebbero far mille.

Se oggi la libertà di espressione è riconosciuta non solo come diritto di esprimere le proprie opinioni (così la nostra vecchia Costituzione), ma anche come libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenze e senza limiti di frontiera, è perchè così recita la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione.
Se oggi internet, che è riconosciuto come fondamentale strumento di democrazia, è oggetto di grande attenzione e si può discutere di neutralità della rete e di diritto di accesso come nuovo diritto fondamentale, lo si deve soprattutto all’Europa: non certo ai nostri legislatori, disconnessi dal paese e dal nostro tempo.
Tutto questo, dal mio punto di vista, rende concreto, attuale e condivisibile il riconoscimento conferito all’Unione Europea.

Carlo Blengino

Avvocato penalista, affronta nelle aule giudiziarie il diritto delle nuove tecnologie, le questioni di copyright e di data protection. È fellow del NEXA Center for Internet & Society del Politecnico di Torino. @CBlengio su Twitter