Lo strano sciopero degli avvocati

Quando si parla di sciopero non è che deve pensare ai minatori descritti da Zola in Germinal. I tempi son cambiati. Il concetto di sciopero però rimane intimamente legato ad una rinuncia, ad un costo o ad un sacrificio che si paga volontariamente per difendere un diritto o un interesse legittimo o anche solo un’idea. Sacrificio contro danno, per ottenere riconoscimento. Il danno del datore è legittimo a fronte della privazione della paga per il lavoratore. Uno sciopero a costo zero non può esser tutelato. L’inappetente che fa lo sciopero della fame per due giorni non funziona.
L’astensione dalle udienze degli avvocati non riesco a chiamarla “sciopero”. Non c’è sacrificio, ed anzi, nel settore penale rischia di esser un vantaggio.
E’ noto che ogni rinvio in Tribunale può esser una vittoria.
Tra un’udienza e l’altra in Italia passano mesi, ed il tempo è prezioso. Non si sa mai cosa può capitare: ti cambiano una legge, esce un condono, accorciano la prescrizione, depenalizzano qualcosina, o magari semplicemente il giudice viene trasferito e si deve ricominciare tutto daccapo.
Per farsi condannare, c’è sempre tempo. Anche se si è innocenti, meglio non sfidar la sorte. Certo un tempo la speranza per gli imputati era più concreta, posto che vi era una possibile comunanza d’interessi con i governanti, anche loro assidui “clienti” delle aule penali, ma la Giustizia in Italia ha mali antichi.
Non so in campo civile, ma nei tribunali penali, lo sciopero è sempre ben visto dall’utenza, che usualmente accoglie con gratitudine e sollievo la comunicazione del necessario rinvio della comparizione alla sbarra. Anzi, talvolta è imbarazzante dover spiegare al cliente che lui no, che lui il processo se lo becca, perché l’avvocato non aderisce all’astensione.
Le parti offese a onor del vero mugugnano, ma son comparse marginali nel processo.
E l’avvocato ovviamente non ne subisce danno alcuno. Non è che l’udienza rinviata sia un’ udienza persa, anzi. E poi si torna in studio prima, e si lavora, avendo recuperato una mattinata di tempo che può esser messa a reddito.
In vero neppure i giudici si disperano. Qualcuno particolarmente calato nella missione di render giustizia c’è, ma complessivamente anche per loro è un tempo risparmiato e non è un vizio rinviare a domani quel che tanto non si può fare oggi.
E così la protesta delle toghe passa, senza danno, senza sacrifici, ed anzi con il consenso e spesso con l’approvazione e la gratitudine degli imputati.
Uno sciopero a costo zero non è uno sciopero.
Per quanto valide e condivisibili possano esser le ragioni, e per quanto disinteressate le adesioni alla protesta (cosa di cui non dubito), credo sia sbagliato il metodo.
Troppo complesso e peculiare il ruolo dell’avvocato per consentire una forma di protesta come lo sciopero, che presuppone alla base un rapporto, anche mediato, tra domanda e offerta. La difesa non si riduce e non si esaurisce nella prestazione di un servizio contro un prezzo. E’ proprio questa visione arida e di mercato che gli avvocati giustamente avversano: solo che lo si fa con lo strumento sbagliato, che poggia sulla medesima visione…e che infatti non funziona. Nella protesta non c’è sinallagma. Se il taxista sciopera, non incassa un soldo, crea danno subendo danno, in una prova di forza che deve trovar soluzione. Se l’avvocato sciopera, l’udienza viene rinviata. Sai che notizia. Ed in fatti, la notizia non c’è.

Carlo Blengino

Avvocato penalista, affronta nelle aule giudiziarie il diritto delle nuove tecnologie, le questioni di copyright e di data protection. È fellow del NEXA Center for Internet & Society del Politecnico di Torino. @CBlengio su Twitter