Morto Troisi, Viva Troisi

Prima di diventare tutti scafatissimi SEO dotati di intuito per i gusti del pubblico, una cosa come «Oggi Massimo Troisi avrebbe compiuto 61 anni» non l’avremmo mai letta. Invece, nonostante l’anniversario fosse minore per la mancanza della cifra tonda (perché poi valga solo lo 0 o il 5 finale è curioso) la cosa – quantomeno tra i campani – non è passata inosservata. Con la consueta cascata di orgogliosi di essere terroni, citazioni, video (sempre gli stessi), quanto ci manca, chissà cosa avrebbe detto di quello che succede oggi, sciacquatevi la bocca quando parlate di Sud, sparuti insulti alla Lega Nord e a quelli che ce l’hanno sempre con Napoli. (Chissà cosa Troisi avrebbe detto del revanscismo neoborbonico da quattro soldi non se lo chiedeva nessuno).

Il guaio è che a me Massimo Troisi piaceva moltissimo e penso che sia stato un numero uno sia come comico e autore che come interprete (e che Che ora è sia il più bel film di Scola) perciò ho cercato di afferrare se (e cosa) ci fosse di fastidioso e ipocrita in quel genere di ricordo e di commenti. A me, poi, non dà affatto fastidio che Troisi sia presente sui cartoni delle pizze quanto Totò, né che per strada si possano comprare foto di scena dei suoi film con la stessa semplicità con cui trovi un accendino, quindi non doveva essere affatto l’abuso dell’immagine ma altro.

Una cosa di cui mi sono accorto immediatamente è che tra gli spezzoni condivisi non c’erano scene di Che ora è o de Il Viaggio di Capitan Fracassa o di Splendor o de Il Postino e neanche dell’ultimo film da regista di Troisi, Pensavo fosse amore… invece era un calesse; mentre tutti lo ricordavano con struggimento attraverso i link degli sketch con Arena e Decaro, con Ricomincio da tre, con Scusate il ritardo o, al massimo, con Non ci resta che piangere. Significa che Troisi ha vissuto fino al 1994 ma i disperati per la sua assenza considerano che dopo Non ci resta che piangere certe vette non siano state mai più toccate. Quale Massimo Troisi manca, allora, a queste persone? Non è che forse gli manca un solo Massimo Troisi? Quello che faceva ridere e basta?

Io sono cresciuto in Campania, ho fatto uno sforzo di memoria, non è che forse già nel 1991, nel 1992 la gente rimpiangeva quel Massimo Troisi lì? Non è che forse le stesse persone che prendono le pose da messa per il trigesimo già 1992, nel 1993, quando sentivano il nome di Troisi nicchiavano un po’? Dicevano quelle cose, sì, mi piace, ma non fa più ridere. Un paio di cose, ma l’ultimo film è triste. Gli voglio bene, Annunciazò Annunciaziò quanto mi ha fatto scendere le lacrime, ma ha fatto i soldi, gli è successo qualcosa, quello bravo davvero era Lello Arena, è diventato come gli altri. Non è che forse – se Troisi fosse vivo – quelle stesse persone sarebbero le prime a criticarlo qualsiasi cosa stesse facendo perché aveva smesso di far ridere e voleva darsi le arie e fare l’attore impegnato?

Roberto Benigni e Carlo Verdone, non mi vengono in mente altri personaggi la cui parabola possa essere presa in considerazione per immaginare come sarebbe potuta evolvere la carriera di Troisi. (Con tutti gli stra ovvii distinguo). Cosa dicono oggi sui social dei film di Verdone o di quando Verdone appare in tv? Come lo commentano? Come avrebbero ricordato Verdone oggi se invece non avesse fatto più nulla dal 1994 in poi? E di Benigni cosa dicono? Piacciono i suoi progetti? La Divina Commedia? Pinocchio? La costituzione più bella del mondo? Come lo ricorderemmo se, invece, non avesse fatto più nulla dopo Il piccolo diavolo o Johnny Stecchino?

È possibile immaginare come sarebbe proseguita la carriera di Massimo Troisi se non fosse morto? Io presumo che non avrebbe mai rifatto la Smorfia, me lo auguro almeno. Magari un giorno una reunion, chissà, per un progetto benefico, ma nessuna tournée. Mi piace rispondere che avrebbe proseguito la carriera che s’era scelto, quella di interprete, e che avrebbe girato altri film, alcuni buoni altri meno.

È ovvio che poter misurare una carriera conclusa è ben diverso da una in divenire, ma non è ridicolo usare i morti come santini della coerenza solo per potere essere più cinici con la realtà e non voler scendere a patti con essa? Inventarsi eroi per rinfacciare oneste carriere? Non c’è una misura e un peso eccessivo che diamo a certe esperienze rispetto ad altre per cui una cosa meno riuscita diventa una macchia indelebile? E non c’è anche una dismisura nella quantità di giudizi, nella possibilità che abbiamo di darne continuamente, nell’illusione che contino, nel successo che la demolizione, lo sberleffo o la critica di un personaggio hanno rispetto alla approvazione silenziosa o senza lode di una scelta? È possibile che l’unico modo per sfuggire ai tutori della coerenza sia morire? (A volta nemmeno quello. Quando è morto Raimondo Vianello delle persone hanno ritenuto un momento decisivo della sua vita quando in trenta secondi di un programma di calcio consigliò di votare Berlusconi). È la stessa ingenuità di chi crede che visto che leggendo lercio.it ride di più che guardando Crozza o visto che preferisce Il Testimone di Pif a Tale e Quale allora sarebbe da spostare lercio in tv e Il Testimone in prima serata del venerdì su raiuno. (E se non succede sono i potentati economici o gli agenti o le produzione esterne).

Non dico che non siano sinceramente dispiaciuti per la morte di Troisi ma sono gli stessi che, fosse ancora vivo, lo criticherebbero per una qualsiasi comparsata. Gli direbbero che s’è ridicolizzato facendosi vedere con Siani, che è uno zero perché è andato a Sanremo a leggere una poesia di Neruda, che rappresenta il peggio della Napoli da macchietta, che è un piddino, che non s’è fatto fotografare col cartello della terra dei fuochi san giorno non deve morire, che se n’è andato a vivere a Roma.

Arnaldo Greco

(1979) Ho pubblicato un paio di libri per Fandango. E, ogni tanto, scrivo per qualche rivista. Ma vivo e ho due bambini grazie al fatto che il mio nome scorre nei titoli di un programma tv.