Se fosse solo un orologio, sarebbe un grande orologio

In passato avevo parlato di watchOS 2 di Apple, il sistema operativo per l’orologio dell’azienda di Cupertino. La seconda versione aveva bisogno di essere affinata, dicevo, perché aveva ancora aspetti dell’interfaccia discutibili e performance non all’altezza. Neanche mi avessero sentito, quelli di Apple hanno presentato la versione 3 che è a mio avviso un forte passo in avanti e al tempo stesso una manifestazione di coraggio: anziché migliorare in maniera incrementale (cosa facile da fare ma che poi pone problemi notevoli da un punto di vista strutturale del software: il rischio è dare soluzioni solo cosmetiche) sono tornati indietro e hanno rifatto ampie parti del sistema. Il risultato, provato per un paio di mesi con il mio primo modello di Apple Watch, è stato significativo. Per me vale la pena sottolineare soprattutto due cose: la maggiore rapidità e l’interfaccia adesso più razionale.

Preso dall’entusiasmo, mi sono chiesto come sarebbe utilizzare il nuovo sistema operativo nell’Apple Watch 2. Detto fatto: sono passato da un prima versione argento a un Series 2 nero con bracciale di maglia milanese nero. Il vantaggio è che ho potuto tenere i bracciali e cinturini accumulati nei mesi precedenti (è una droga, io ve lo dico) a parte quello a maglie color argento, che con il nero proprio non ci sta. Era il cinturino in dotazione con l’orologio e se ne è andato via assieme al vecchio Apple Watch: ciao!

Ora, per me l’Apple Watch è stato un oggetto complesso da addomesticare, perché ho avuto difficoltà a trovargli un senso. Sono abbastanza vecchio da essere abituato a portare l’orologio e negli anni mi sono appassionato al genere e sono diventato un “watch guy”: di orologi leggo e addirittura scrivo, se vi ricordate tra l’altro qui e qui: e finalmente pare ci siano sorprese sull’argomento in arrivo dopo Natale). E soprattutto gli orologi mi piace metterli: quei due o tre che posseggo hanno un periodo di rotazione al mio polso legato ai viaggi che faccio o al periodo dell’anno. Ecco, l’Apple Watch prima versione ha dovuto combattere per trovare il suo spazio, perché da un lato chiede continuità (per le misurazioni delle attività e dei dati biometrici) e dall’altro è noioso da caricare tutte le sere.

Alla fine, ho risolto parzialmente il problema eliminando tutte le notifiche tranne gli sms e utilizzando l’orologio sostanzialmente come un orologio. Ciao ciao comunicatore personale e meccanismo di fitness (che non pratico con l’orologio). Utili invece la modalità “respiro” e soprattutto l’impermeabilità dell’apparecchio, che adesso viene in piscina o sotto la doccia con me.

Ma la sorpresa maggiore deriva dall’autonomia dell’Apple Watch. Tenendolo al polso per sapere l’ora e senza che vibri tremila volte al giorno per i messaggi di Whatsapp e Telegram, più notifiche dei social (Facebook, Instagram, Twitter) e altro, lo smart watch fa tranquillamente due giorni e arriva al terzo con una buona autonomia. Si ricarica molto più velocemente del precedente ma soprattutto adesso non è più necessario connetterlo al medaglione alluminio e bianco tutte le sere per dargli nuova linfa vitale.

Potrà sembrare poca roba, ma ha completamente cambiato la mia attitudine verso lo smartwatch di Apple, che adesso mi pare un buon cittadino rispetto agli altri orologi meccanici o al quarzo che posseggo. Sta sul polso, non disturba, ma è pronto a notificare gli sms (che sono la cosa importante) o a far vedere l’ora. Le differenti “facce” dell’orologio, cioè i quadranti, si impostano in maniera più facile dal telefono usando l’app Watch e per mio gusto sono molto minimalisti. Quando sono in Italia mi interessa l’ora e basta, quando viaggio e sono all’estero in un altro fuso orario mi interessa avere anche un riferimento all’ora italiana (mentre l’ora principale di telefono ed orologio diventano quella locale).

Cosa dire di più? Se pensate serva, posso spiegare una cosa su come gestisco il flusso di comunicazioni che per lavoro e per diletto (senza contare lo spam) ogni giorno si riversano nella mia Inbox. Credo infatti sia un problema comune a molti. Partendo dalla presa di consapevolezza che io sono uno solo mentre i mittenti della posta sono miriadi, da tempo ho scelto di eliminare tutte le notifiche e ho adottato una draconiana politica “zero flag inbox” anche per quanto riguarda la posta elettronica. L’idea è che i social e tutto il resto scelgo io quando guardarli, non sono loro che vibrano o messaggiano a loro piacimento per avere la mia attenzione né sul telefono né al polso o sul computer. Stesso criterio per i gruppi, i canali e le chat su Telegram e Whatsapp (quest’ultima, poi, la sto abbandonando).

Invece, per la posta elettronica faccio in modo di guardarla quando voglio io con i miei tempi (senza nessun automatismo di notifica a parte i pochi utenti selezionati nella lista VIP, sostanzialmente i familiari) e il triage è immediato e spietato: non apro i messaggi ma segno come già letti tutti quelli che non mi interessano già dall’oggetto e mittente del messaggio stesso. In questo modo ne faccio fuori ogni giorno qualcosa come 250–300.

Gli altri messaggi, ma parliamo di una cinquantina al massimo, li guardo velocemente aprendoli e li divido in tre categorie: quelli in realtà inutili, quelli a cui rispondere subito in meno di due minuti, e quelli che mi serviranno più avanti per cose più complesse. I primi li abbandono al loro destino nella pancia attualmente da 45 giga del mio servizio di posta, ai secondi rispondo immediatamente e in modo telegrafico, i terzi li evidenzio e poi ogni giorno dedico del tempo a passare attraverso la lista di quelli evidenziati oppure li uso quando mi occupo dell’attività a cui fanno riferimento.

Tutto questo non c’entra niente con l’orologio di Apple, apparentemente, ma spiega perché ho sostanzialmente eliminato le notifiche dalla mia vita e quindi anche dal quadrante dell’Apple Watch. Per quanto riguarda infine i quadranti “incasinati” di complicazioni che ti dicono quanta batteria hai, il meteo da tre coordinate diverse, il livello delle attività, il terzo, quarto e quinto fuso orario, le quotazioni in Borsa e dio solo sa cos’altro, ne faccio volentieri a meno esattamente come ne faccio a meno sull’iPhone e sul Mac. Sia perché ho un gusto più essenziale per gli oggetti e le interfacce, sia perché li trovo un inutile dispendio di batteria e cicli di processore. Intendiamoci, mi piace che ci siano perché sono potenzialmente utili, ma quelli che trovo attualmente utili sono molto pochi e solo a seconda del momento. Quindi, anziché sovraccaricare un quadrante con tutte le complicazioni che potenzialmente mi possono interessare, preferisco invece avere già pronti sette o otto quadranti molto puliti e con una sola complicazione o due al massimo, da usare a seconda dei vari contesti, e semplicemente passare da un quadrante all’altro.

Il nuovo Apple Watch Series 2 per questi motivi mi piace molto e lo trovo un “orologio” (non uno smartwatch) elegante e molto ben fatto, che mi fa piacere avere al polso e che non sento rubi spazio perché meno interessante di altri orologi che posseggo o utilizzo. E mi piace anche il fatto che si possa riprogrammare per il polso destro o sinistro, con corona girata a destra o sinistra: essendo mancino mi piace poterlo spostare al polso destro senza sentirlo per questo “sbagliato”.

L’alternativa sarebbe un Panerai “Destro”, ma il mio livello di reddito mi consente una piccola collezione di Casio, Seiko e Swatch, che ci vuole più tempo a elencare le marche che a contare gli orologi in questione: Apple Watch è di gran lunga il più costoso di tutti loro sommati.

Poi, se voglio richiamare quello che secondo me è il difetto principale dell’Apple Watch, è quello che ha a che fare con la sensibilità dell’interfaccia. Soprattutto in inverno, con maniche lunghe, golf e giacconi, ogni volta che si sfiora lo schermo succedono cose: si cambiano quadranti, si attivano funzioni, si vedono succedere cose singolari. Per questo sfrutto una caratteristica della Serie 2, cioè la funzione impermeabilità, che blocca il quadrante per quando si va in piscina o al mare (l’acqua calda potrebbe infatti essere “sentita” dal touch come un tocco e far partire funzioni mentre si nuova). È un modo un po’ fatto in casa, ma funziona molto bene soprattutto rispetto al modo blocco dell’orologio (comune a tutti gli Apple Watch) che invece quando tocchi il quadrante salta direttamente alla funzione di inserimento del codice, impedendomi di vedere che ore sono.

È anche per questo che considero la Serie 2 più che adatta per i miei gusti e per il mio uso: è impermeabile e ci posso andare in piscina, ha il Gps che facilita la navigazione anche dell’iPhone, ha lo schermo molto più luminoso del precedente e si vede bene anche di giorno.

Antonio Dini

Giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Scrive di tecnologia e ama volare, se deve anche in economica. Ha un blog dal 2002: Il Posto di Antonio