Vendere sogni

Personalmente non ho trovato niente di scandaloso nella scelta di una scuola privata come location per le riprese dello spot ministeriale “Porta a scuola i tuoi sogni” per la promozione della scuola pubblica, su cui si sono subito sollevate vivaci polemiche. Anzi devo confessare di aver trovato positivo che si mettesse in campo una comunicazione per ricostituire l’orgoglio dell’identità di una scuola pubblica devastata dai tagli e sottoposta, per anni, a un’opera di delegittimazione e di dequalificazione.

Tornare a parlare dei valori e perché no del sogno di una scuola pubblica efficiente e al passo tecnologico dei tempi mi sembra così importante che sono disposto anche a passar sopra al fatto (lo so, è una mia battaglia persa) che per far questo si debba utilizzare il linguaggio pubblicitario di uno spot. Mi va bene. Capisco perfettamente che comunicando è necessario buttare il cuore al di là dell’ostacolo, è inutile raccontare i mille problemi che tutti conosciamo (in una città certamente attenta all’istruzione come Firenze devo acquistare annualmente la carta igienica per i miei figli e la carta per le fotocopie), mettiamo l’accento su ciò che invece potrà essere la scuola pubblica in un prossimo futuro e sul valore, mai abbastanza ribadito, dello studio. Se al ministero dell’Istruzione che ha finora perseguito la disarticolazione della scuola pubblica c’è un ministro che finalmente ha un’idea diversa, non c’è bisogno di aspettare che i problemi della scuola vengano tutti risolti per poter parlare del suo futuro. Diamo fiducia al ministero.

Ma poi leggo che, forse, la scelta della scuola privata di Milano deriva dalla necessità di girare lo spot il sabato e il sabato le scuole (pubbliche) sono chiuse. Ma come? Al ministero vogliono farci sognare una scuola migliore e non sono in grado di attivare quel minimo di partecipazione, e perché no, di competizione tra istituti, insegnanti e lavoratori della scuola per trovare una sede agibile al sabato? Non è forse chiaro al ministro che se la scuola pubblica continua a funzionare nonostante tutto, ciò si deve anche all’impegno di tante persone che continuano a crederci e che sarebbero disposte, probabilmente, fra le tante attività volontarie, anche a perdere un sabato?

Per far questo ci sarebbe voluto forse un po’ di tempo, ma si sarebbe dato un segno tangibile, non solo comunicativo, della voglia di cambiamento attraverso un coinvolgimento partecipato del mondo della scuola e questo nella sfera reale e non solo sul blog. Se invece il concorso del ministero si deve ridurre a dare l’incarico a un’agenzia di pubblicità senza alcuno altro sforzo, allora no, il messaggio non è più credibile. È la solita fuffa. Anche se d’autore.

Gianni Sinni

Grafico, si occupa di comunicazione responsabile