Tabacci: dia retta, no

In un’intervista sul Corriere della Sera di oggi Bruno Tabacci risponde a chi gli chiede di dimettersi da deputato in seguito alla nomina ad assessore nella nuova giunta milanese di Giuliano Pisapia. La richiesta non fa una piega, ma Tabacci dice di non esserne convinto.

«Ci sto pensando e lo valuterò nei prossimi giorni con il sindaco. In Parlamento ci sono fior di onorevoli di destra e sinistra che ricoprono incarichi di sindaco e presidente di Provincia: avrebbero fatto arrossire qualsiasi parlamentare della prima Repubblica. Ma non escludo di assumere un’iniziativa in questo senso. Anche se…»
Anche se?
«Anche se credo sia utile mantenere un canale aperto con Roma. È stato lo stesso Pisapia a dirmi che bisognerebbe inventarsi un contatto con la Capitale. Ritengo che le persone intelligenti dovrebbero chiedermi di restare a Roma per discutere dei problemi del federalismo fiscale, del nodo del patto di stabilità che non premia i comuni virtuosi, della mancata integrazione dell’Ici. Io sono la voce del Nord. Sono stato il presidente della Regione e l’autonomismo lombardo ha sempre rappresentato la mia stella polare» .
Se resterà parlamentare quanto tempo dedicherà a Milano?
«Andrei a Roma solo il martedì per il voto e mercoledì. Il resto del tempo lo passerò a Milano. Anche il sabato mattina»

Tabacci è una persona capace e onesta e non ci sono da sospettare nelle sue parole seconde e più meschine intenzioni (nemmeno spero quella di non voler cedere un seggio all’UDC ora che Tabacci è nell’API). Ma il suo argomento non sta in piedi: non si fanno gli interessi degli elettori che ti hanno mandato in parlamento lavorando in parlamento due giorni alla settimana e praticamente solo per usare il proprio voto. E non si fanno gli interessi dei milanesi che ti hanno come assessore sottraendo due giorni alla settimana al lavoro di assessore (l’annuncio del sabato mattina non è un gran vanto, onorevole: siamo in tanti a lavorare il sabato anche di pomeriggio, e da lei ce lo aspettiamo). E non si fanno gli interessi di un buon modello di correttezza e di un rinnovato rapporto tra cittadini e politici prendendo due importanti stipendi per due ruoli pubblici. Se anche l’elaborato argomento di Tabacci sulla “voce del Nord” avesse qualche senso concreto, non è sufficiente a giustificare la deroga a un rifiuto dei doppi incarichi che in Italia sono fin troppo abusati: si dimetta da deputato, altrimenti non ci fa una bella figura. Questo gli chiedono le persone più o meno intelligenti.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).