Sulla giustizia ha ragione Marco Pannella

Milioni di processi penali che si trascinano per decenni. 200 mila prescrizioni ogni anno. Un solo politico che chiede giustizia. Vittime di reato che nei tribunali non ricevono risposte. Imputati colpevoli, che vengono condannati ad anni e anni di distanza dal reato commesso. Imputati innocenti che, forse, saranno prosciolti dopo un’attesa estenuante. Ma solo una persona si impegna per risvegliare l’assopito e indifferente Parlamento, chiedendo una riforma della Giustizia. 68 mila detenuti ammassati, maltrattati, nelle carceri. Centinaia di morti ogni anno nelle italiche prigioni. Migliaia di persone in carcere in attesa di giudizio. E solo una voce dice con fermezza: “basta a questa nuova Shoah”. Una giustizia non solo in crisi, ma impazzita. Un carcere non solo illegale, ma criminale. Un solo politico che solleva il problema del collasso in cui è piombato un potere sovrano dello Stato.

Forse la notizia vi giunge nuova, perché nessun telegiornale ne ha parlato. Il nome di questo politico è Marco Pannella. Pannella che, a soli 81 anni, è da 48 giorni è in sciopero della fame per chiedere una cosa ovvia, solo se fossimo in una democrazia e in uno Stato di diritto. Pannella chiede giustizia. Pannella chiede un’amnistia per la giustizia e per la Repubblica. Un’amnistia, che non sia un atto di mera clemenza, ma che apra una grande stagione di riforme per ridare efficienza al processo penale e legalità al sistema penitenziario. Giustizia per chi è vittima di reato e per chi è imputato. Giustizia per chi è detenuto in modo illegale e per chi in carcere ci lavora, come agenti di custodia e direttori penitenziari.

Pannella è pazzo? Pannella è il solito rompiscatole? Può darsi. Resta il fatto che Pannella ha ragione. La nostra è una giustizia impazzita. Un potere sovrano dello Stato che genera non certezza, ma incertezza. Incertezza nei tempi e nella qualità delle sue decisioni. La pena? È stata sostituita dalla misura cautelare, il carcere prima del processo. E, quando arriva, la condanna definitiva è tortura. È non rispetto della legge e quindi non rispetto della persona.

La politica, sia di maggioranza che di opposizione, resta indifferente al problema. Il sistema giustizia nel suo complesso è ignorato e non capito. Le soluzioni: sconosciute. In altre parole, non sanno cosa fare. Non sanno come risollevare la giustizia dal collasso in cui è sprofondata. Non hanno idee. Non è un problema da poco quello sollevato da Marco Pannella. La giustizia è forse l’ultimo dei problemi di una democrazia. Ma è anche la valvola di sfogo di una democrazia. E quando salta la valvola giustizia, salta la base di una democrazia e l’assetto di uno Stato di diritto. Il che non è poco.

Riccardo Arena

Riccardo Arena cura la rubrica Radiocarcere in onda il martedì e il giovedì alle 21 su Radio Radicale.