Passeggiate romane: due mostre da non perdere

Ci sono molte buone ragioni per non perdere due mostre (ancora) in corso a Roma.

La prima è “Genesi” di Sebastião Salgado al Museo dell’Ara Pacis fino al 15 settembre. La seconda è “Pensare per immagini, icone paesaggi, architetture” di Luigi Ghirri al Maxxi, fino al 27 ottobre.

Breve elenco delle buone ragioni di cui sopra. La prima è che sono due mostre importanti, dense e corpose, di fotografi considerati universalmente maestri indiscussi e fondamentali. La seconda è che entrambi offrono, con generosità, la loro visione del mondo. La terza è che, in entrambi i casi, questa “visione” è meticolosa: costruita fotogramma per fotogramma e sebbene, per i due autori, attinga a differenti concezioni e linguaggi, entrambi offrono un’idea di mondo.

L’ultima ragione, molto personale, è che se Salgado è stato il maestro per cui, molti anni fa, al tempo di “Workers” o forse anche prima, ho scoperto e amato la fotografia, Luigi Ghirri è inesauribile maestro di questa mia confusa maturità.
Ne consegue che i diversi modi di rappresentare il mondo m’interessano.
Sublime, è l’aggettivo che descrive tutta l’opera di Salgado. La sua fotografia è perfetta, cattura la scena con la luce naturale che solo lui sa vedere e restituire nelle stampe meravigliose che conciliano con il bianco e nero sapiente della tradizione più alta della fotografia documentaria.
Il mondo di Salgado è immenso: i soggetti, in questo caso la natura potente del nostro violentato pianeta, sono senza tempo. Sembrano i protagonisti di un tempo primordiale, quello precedente alla nostra comparsa.
Sono mammiferi, piante, montagne e orizzonti dei Poli opposti e di luoghi incontaminati. L’autore è un esploratore, un viaggiatore nel tempo e nello spazio illeso dalla “mano dell’uomo”. Affreschi, in cui la denuncia di ciò che potremmo perdere, continuando a sfruttare le risorse naturali in modo inconsulto inseguendo il profitto, si confonde nella bellezza di ciò che abbiamo di fronte.

La poetica della fotografia di Salgado è magnifica e stupefacente, ma pecca di ridondanza nell’esubero di stimoli che offre.
Le troppe immagini esposte creano un effetto stucchevole e ripetitivo in cui quelle straordinarie vengono presto sostituite da varianti sul tema. Un affollamento che non giova allo sguardo dello spettatore, che non lascia il tempo alla riflessione ma costringe ad andare avanti in una marcia forzata dentro la meraviglia terrestre. Vale la pena non perdere questa esposizione che, dopo questa tappa romana, girerà mezzo mondo accompagnata dal prezioso catalogo (ed. Taschen) e da una serie tazze, magliette, quaderni e ogni diavoleria del merchandising.

Le intenzioni degli autori, Sebastião e Lélia Wanick Salgado – che è la curatrice da sempre di tutta la sua opera – sono eccellenti e lo sforzo per realizzare quest’opera è indiscutibile. Non sono certa che quest’opera, monumentale e epica, induca la riflessione ma piuttosto l’ammirazione e il piacere dello sguardo.

Fino al 15 settembre al Museo dell’Ara Pacis

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“Pensare per immagini, icone paesaggi, architetture”,la mostra di Luigi Ghirri, già dal titolo dichiara le intenzioni e mantiene la promessa di mescolare con rara intelligenza pensiero, parola e immagine. È un’antologica toccante, emotiva, delicatissima. Un percorso aperto per chi conosce Ghirri e soprattutto, qui il merito dei curatori, per chi non lo conosce e non ne ha mai sentito parlare. Una mostra equilibrata, senza spocchia, che non insegue il giudizio dei critici e offre un percorso chiaro e ricco di 300 opere, quasi tutte vintage prints – oltre ai menabò, riviste, libri, dischi e tutto il materiale che il maestro collezionava – esposte regalando un itinerario didattico nel senso migliore del termine.
Un allestimento coerente con l’opera del maestro emiliano che, scomparso da più di vent’anni, ha lasciato un corpo di lavoro così importante che è materia di studio e di continuo approfondimento. Qui si gode delle sue riflessioni, della sua lucida consapevolezza, si scivola dentro il suo mondo senza accorgersene e quando ne usciamo, ci accorgiamo che il suo viaggio è diventato nostro, così ricco di echi e suggestioni che ci è familiare.

La visione di Ghirri la riassume lui stesso meglio di quanto potrei fare io.

Vedere come se fosse la prima e l’ultima volta, questo atteggiamento determinerebbe uno sguardo in profondità, meno superficiale, poco cronachistico, meno estetico o di mestiere, lontani dal cercare uno stato privilegiato, una immagine-momento assoluto, ma allungare ed allargare spazio e tempo dello sguardo, dare nuova profondità e anche nuovi sentimenti alle nostre percezioni.
(Paesaggio italiano 1989)

Imperdibile. Peccato, dover leggere e guardare i piccoli e grandi capolavori disturbati dall’audio della mostra attigua di Francesco Vezzoli. Una migliore separazione avrebbe giovato.
Fino al 27 ottobre al Maxxi.

Renata Ferri

Giornalista, photoeditor di "Io Donna" il femminile del "Corriere della Sera" e di "AMICA", il mensile di Rcs Mediagroup. Insegna, scrive, cura progetti editoriali ed espositivi di singoli autori e collettivi.