Prima di Moreno: Luigi Nono

Come ricavato dalle informazioni caricate sotto il video: “Le prime immagini sono relative alla occupazione di alcuni alloggi da parte dei proletari e allo sgombero per mano della polizia”. Poi, intorno al minuto 1:35, parte quello che l’utente YouTube ha ribattezzato, in modo molto azzeccato e divertente, “il cazziatone di Luigi Nono”.

Luigi Nono è stato un grande e celebre compositore di musica d’avanguardia, tra i primi in Italia ad occuparsi di musica elettronica, sperimentando. Un cazziatone, si sa, è invece una sorta di orazione dagli intenti ammonitori e pedagogici, pronunciata con tono severo.

Nella circostanza documentata ci troviamo, verosimilmente, in una vecchia festa dell’Unità o in un contesto analogo. Probabilmente negli anni ’70. Intorno al minuto 1:20 partono i fischi del pubblico. Per questo Nono decide di staccarsi dai nastri magnetici e prendere parola. «Mi rendo conto del perché dei fischi e mi rendo conto anche di una certa difficoltà», dice, ma insiste, determinato e gramsciano: «dobbiamo essere convinti e coscienti che dobbiamo usare tutti i mezzi della cultura, dobbiamo usare tutti i mezzi! Non solo le chitarre…». E potremmo parafrasare, pensando a Moreno e alla sua discussa esibizione alla festa democratica di Genova: «non solo il rap commerciale, la musica commerciale, la produzione conformista del suono, i contenuti e i personaggi prodotti nella tv commerciale di massa». Non solo. «La cultura», afferma Nono in finale di cazziatone, «comunista è un fatto serio, è un fatto […] che impegna la grande intelligenza. Può essere difficile, ma ricordatevi che abbiamo bisogno di tutta l’intelligenza nostra».

La cultura è un fatto serio, infatti, e, se preoccupa e turba, l’aggettivo “comunista” può pure cadere, senza che la sostanza della frase si spezzi o ne risenta. Alla fine quel pubblico operaio e semplice, ma istintivamente gramsciano, cioè istintivamente consapevole dell’importanza della cultura per la liberazione di sé in quanto essere umani e come classe, si riconosce nell’ammonimento di Nono, nella potenza e qualità, bellezza morale delle sue parole. Dai fischi, così, si passa a un lungo applauso scrosciante. E ripensandoci: non è tanto il rap commerciale, il mainstream o la musica commerciale, il punto. No. Il punto è che nelle élite di questo Paese, in chi forma il gusto, nella tv, nei suoi opinion leader diffusi, specie in rete, si è imposto da troppo tempo, in chiave ironica e postmoderna, un abbraccio, un pregiudizio positivo verso la cultura pop.

Nel recente caso in questione, potremmo sintetizzare: Moreno? E perché no? Uno sdoganamento indiscriminato e compiaciuto, insomma, della cultura pop. Al di là di Moreno e del caso in questione. Meglio ancora se nelle sue versioni più basse: il rap conformista e il gangsta rap da classifica, Sanremo, le fiction Rai e i talent show da commentare su Twitter in chiave ironica, colta e postmoderna. Mescolare l’alto e il basso, con intelligenza oppure con semplice sarcasmo, è da vent’anni la più importante regola e drive culturale. Non solamente in Italia. Nel pubblico più avvertito e trendsetter come in chi produce cultura, comunicazione, immagine. Entusiasmandoci e accalorandoci sempre di più, e sempre più ironicamente, per l’estetica più bassa. Sono certe élite espanse, specie twitstar e sottobosco, che stanno prolungando ed estenuando questo clima culturale, nient’affatto nuovo ma usurato e usurante, di approvazione ironica e indiscriminata per la cultura pop. Un deficit di serietà, nel commento, nell’analisi, e una preferenza per la battuta sagace e ironica, che sui social diventa gara d’arguzia. Come se vivessimo un nuovo ‘700 e tardo barocco, epoca della conversazione vuota ma brillante, con Twitter che, magari, assume un’interfaccia e sembianti grafici rococò, su fondo oro. In mezzo il pubblico dei festival e la narrativa midcult, che pure va benissimo, dando ossigeno e denaro all’editoria.

E ha fatto benissimo anche il PD a invitare Moreno. Per portare giovani e pubblico nel proprio recinto, per ragioni di cassa, perché Moreno non è affatto un appestato, perché la lezione postmoderna sull’alto e il basso resta una conquista fondamentale di apertura ed estetica democratica applicati al gusto e alla formazione di valore. Il problema è che l’appestato è diventato, con la sua idea suprema, sovrumana e coraggiosa di linguaggio, di arte e di bellezza, Luigi Nono.

Ivan Carozzi

Ivan Carozzi è stato caporedattore di Linus e lavora per la tv. Ha scritto per diversi quotidiani e periodici. È autore di Figli delle stelle (Baldini e Castoldi, 2014), Macao (Feltrinelli digital, 2012), Teneri violenti (Einaudi Stile Libero, 2016) e L’età della tigre (Il Saggiatore, 2019).