Portami a Porta a Porta!

Ho visto le migliori menti di una generazione che non è la mia – anagraficamente ma anche ideologicamente – lamentarsi (indignarsi?) per la partecipazione del premier Monti a Porta a Porta. Corrado Stajano sul Corriere è “deluso e amareggiato”, la notizia lo fa “trasalire” perché “Porta a Porta non è il popolo italiano”. Michele Serra su Repubblica parla di “errore della continuità”, dal momento che il salotto di Vespa rappresenta da sempre “il primato del Palazzo sulla società”. Ermanno Rea sul manifesto “rabbrividisce” per questa “caduta di stile” che ci ricorda “quanto siano fuori luogo certi entusiasmi, encomi e panegirici nei confronti della sua persona prodigatigli a larghe mani da stampa e televisioni”.

Che Bruno Vespa e il suo programma muovano sentimenti di fastidio e – diciamolo – di schifo e rigetto, non è una novità. Non occorre essere snob, radical chic, o banalmente anti berlusconiani, è sufficiente un senso critico al minimo sindacale che abbia in memoria plastici di Cogne, contratti con gli italiani, eccetera eccetera.

Detto questo dove dovrebbe andare Monti, ammesso e concesso che la partecipazione a un talk show non sia un reato ma requisito base di una moderna democrazia? Da Fabio Fazio? A Ballarò con Floris? Nel Servizio Pubblico di Santoro o all’Ultima Parola di Paragone? Anche no, dai. Per una serie di ragioni che è superfluo spiegare, dal pericolo di accreditarsi verso programmi “squisitamente di parte” a quello ancora più forte di presentarsi in un contesto “di nicchia”. Anche se non sarà – come dice il mio amico Piccinini – “il più grande spettacolo dopo il più grande spettacolo dopo il weekend”, la partecipazione del premier Mario Monti a Porta a Porta ha un suo valore e una giustezza specifica che ha a che fare con la “continuità necessaria”. Ovvero, è cambiato il governo, non l’Italia. Per quello ci vuole tempo e non basta Monti: lui, come ha precisato ieri in conferenza stampa, è qui per salvare il paese dal baratro economico e stop. Nel mentre, aspettando che l’Italia magicamente si deberlusconizzi, non c’è tempo da perdere. Questa difficile manovra ha bisogno del consenso degli italiani e Vespa è il mezzo per provare a ottenerlo, non il fine. Porta a Porta ha una caratteristica specifica che con molta probabilità è la stessa che ha mosso Mario Monti e il suo staff in questa perigliosa scelta: il pubblico.

Gli spettatori di Vespa non sono in media – come rivelano le analisi di composizione del pubblico – istruiti come quelli dell’Infedele, informati come quelli di Ballarò o benestanti come quelli di Fazio. È un pubblico che in termini tecnici (e un po’ classisti) si definisce “più basso” e che quindi forse non si è visto la diretta della conferenza stampa ieri su Sky e La7, forse non ha letto i quotidiani stamattina né le discussioni sui blog. È quindi un pubblico che va informato, perché, come ricorda Monti, questa manovra economica – pesante e complessa, va spiegata per essere accettata. Sono sicuro che lui sarà in grado di farlo, non solo “nonostante Vespa” ma anche “grazie a Porta a Porta”.

Giovanni Robertini

Vive a Milano. Come autore televisivo ha fatto parte del gruppo di brand:new e di Avere Ventanni per Mtv; de L'Infedele e di Invasioni Barbariche (dove si trova ora) per La7. Ha pubblicato il libro "Il Barbecue dei panda - L'ultimo party del lavoro culturale"