Pippi Calzelunghe, Lupin e l’Europa

Finora non ho  scritto, qui su il Post, in risposta ad altri blogger o commentatori. E non ho aggiunto link di video o fotografie. Ma l’intervento del direttore Luca Sofri su “La cosa più difficile del mondo” mi spinge, per spirito di collaborazione, a pubblicare un ragionamento che per coincidenza avevo preparato qualche giorno fa, con l’unico fine di aprire una discussione con un amico.

Il tema è come rendere l’Europa una tematica interessante.

Ma quand’è che abbiamo cominciato a sentirci europei?

Cerco di resistere alle sirene della nostalgia, ma quello che tento di spiegare qui ha a che vedere con le fondamenta culturali (anche pop) di una generazione che ora, bene o male, finalmente si ritrova tra le mani qualche brandello di potere decisionale.

L’intervento s’intitolava:

“La Weltliteratur, Gustavo, Emil, Pippi Calzelunghe, Arsenio Lupin e Attenti a quei due”

Riflettevo, in seguito a letture e rivisitazioni forse troppo importanti, sul tema dell’identità europea.

Sì, Kundera e la Weltliteratur, il romanzo come elemento fondante della nostra cultura e via così. Ma, onestamente, oltre a Cent’anni di Solitudine, Siddharta, Il Giovane Törless  di Musil, La Montagna Incantata, L’Isola del Tesoro, Sandokan (nei libri di Salgari) – e tutte le belle e più o meno profonde letture che hanno formato una generazione di disgraziati ex-yuppie ora in crisi di mezza età e senza speranza di avere la pensione – è stato detto abbastanza sul ruolo di Gustavo nella Rai della tv dei Ragazzi?:

Ci riportava con quei tre capelli sul cranio pelato oltre una cortina di ferro infrangibile (se non dalle “battute di caccia” dei nonni che partivano in spedizioni solitarie, si perdevano in qualche bordello ungherese e acquistavano la selvaggina al confine prima di rimpatriare). Ci presentava uno stato d’animo, tra il malinconico e il sarcastico di cugini in realtà geograficamente vicinissimi, ma culturalmente quasi invisibili, se non fosse per la crociata di case editrici come e/o e Adelphi, cui si aggiunse Feltrinelli. E così si guardava a Est.

E poi, guardando a Nord, leggere Emil dai racconti di Astrid Lindgren, prima ancora che diventasse una serie tv (sceneggiato nel newspeak di allora), ma poi guardarlo e scoprire la vita di un coetaneo nella campagna svedese quanto ha contribuito a unire l’Europa (assieme a Pippi che il nome fa un po’ ridere Calzelunghe)?

Viaggiando in Francia (per guardare a Ovest), Belgio e Regno Unito a 15 anni, da solo, con l’Interail pass scoprii che quest’amore europeista non sempre era corrisposto. Il paese che mi dava un passaporto e i miei concittadini non erano poi così amati e soprattutto non molto rispettata la loro onestà.

Combattevo contro questa – purtroppo spesso giustificata – discriminazione, ma ciò non diminuiva il desiderio di fratellanza tra europei. Incontrare poi i figli dei camionisti belgi sulle spiagge di Jesolo, le ragazzine di Innsbrück e qualche coetaneo francese con cui si comunicava per riferimenti culturali musicali e pop corroborava l’impressione che ci fosse qualcosa in comune tra l’Umbria e il Galles.

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Prima ancora che i nostri fratelli più giovani scoprissero le gioie dell’Erasmus/Orgasmus a modo nostro ci cucivamo (dentro di noi, non fuori) il nostro abito europeo, che fossimo o meno consapevoli dell’esistenza di Altiero Spinelli, il cui cognome cannabinaceo riecheggiava la speranza di un’Europa almeno socialmente più libertaria.

Ad occhi non ancora adolescenti ebbe più importanza a farci scoprire cos’è un francese Monsieur Honoré de Balzac, Victor Hugo e le storie spiate sull’Enciclopedia del Tesoro della UTET…

Oppure lo sceneggiato tv su Arsenio Lupin?
O meglio ancora, Arsenio Lupin portava poi a Balzac e a Hugo. E viceversa.

Cosa ci fece scoprire il fascino dello stile inglese? La lettura di Sherlock Holmes, Charles Dickens e i suoi David Copperfield oppure (a parte l’agente 007 al cinema) l’importante serie tv di Attenti a quei due che ci rivelava anche le sottili differenze tra un British gentleman e un guascone americano?

Vero, la capacità di trasformare la mente e aiutare il carattere che ci dà il pensiero profondo della lettura non è paragonabile alla fantasmagoria dello stupore iconolatra: leggere un buon libro ci cambia  più di un telefilm, eppure questi telefilm (sceneggiati tv) costruirono in una generazione post-letteraria e pre-internettara un immaginario comune che non è solo e comunque fuffa – è una visione del mondo. Un mondo europeo.

Carlo Pizzati

Scrittore, giornalista e docente universitario. Scrive per "Repubblica" e "La Stampa" dall'Asia. Il romanzo più recente è "Una linea lampeggiante all'orizzonte" (Baldini+Castoldi 2022). È stato a lungo inviato da New York, Città del Messico, Buenos Aires, Madrid e Chennai. Già autore di Report con Milena Gabanelli su Rai 3, ha condotto Omnibus su La7. Ha pubblicato dieci opere, tra romanzi, saggi, raccolte di racconti brevi e reportage scritti in italiano e in inglese. carlopizzati.com @carlopizzati - Pagina autore su Facebook - Il saggio più recente è "La Tigre e il Drone" (Marsilio 2020),