Non si gioca più

Adesso basta, non si gioca più. Finite le sedute di autocoscienza a palazzo Grazioli. Finiti gli ultimatum seguiti dal nulla. Finito il lancio di guano fra falchi e colombe. Finite le intimazioni di Brunetta dall’alto di non si sa quale podio. Finite le stupidaggini di Schifani su colpi di stato e attentati alla democrazia.
E finita soprattutto, visto che è questa la scintilla della crisi, la pagliacciata delle false dimissioni di massa, una firmetta apposta su un foglio senza valore da parlamentari sicuri che nessun capogruppo potrà mai schiodarli dal loro scranno.

Giorgio Napolitano ed Enrico Letta mettono Berlusconi e il suo nevrastenico partito di fronte alla realtà: se vogliono continuare a partecipare al governo del paese devono rassegnarsi ad accettare le sentenze e le conseguenze delle sentenze, separando – come perfino lo stesso Berlusconi s’era impegnato a fare appena due mesi fa – la vicenda processuale dai destini del governo e dell’Italia.
Se il Pdl è in grado di compiere questo salto senza nascondersi agli occhi dei propri elettori dietro una cortina di frasi roboanti, bene. Detto stasera sembra impensabile che accada, ma la paura può generare imprevedibili atti di coraggio.

Altrimenti ognuno per la sua strada, a cominciare da Letta che sta semplicemente, con coerenza e dignità, dando seguito a ciò che aveva annunciato: non rimarrà attaccato alla poltrona a ogni costo.
Se il «chiarimento» dovesse avere questo esito (nell’ora in cui scriviamo il più probabile), state certi che da sinistra si leverebbe un sospiro di sollievo tanto forte da spostare le montagne.
La fine del tentativo di Letta dopo appena cinque mesi potrà essere deleterio per l’Italia e per la percezione che se ne ha all’estero: i segnali da questo punto di vista sono inequivocabili, fra rialzo dello spread e crolli in Borsa.

L’agenda delle cose da fare resterà con tanti spazi vuoti, assai superiori ai risultati conseguiti.
Ma nulla potrebbe essere più dannoso, e offensivo per il paese, che consentire il dispiegarsi sfrenato degli effetti della disperazione berlusconiana: se Alfano e i suoi non sanno fare di meglio che eccitarsi in raduni autoconsolatori, ne pagheranno le conseguenze.
Forse in elezioni ravvicinate, oppure nel corso di un processo politico-istituzionale più tormentato, tutto da inventare. Ma almeno nella chiarezza. Cioè, senza che ci si debba più mischiare fra pazzi e savi.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.