Nicoletta, che porta il TED a Roma sperando anche di svegliarci un po’

Il 30 settembre il TED sbarca a Roma. L’evento lo organizza Nicoletta Iacobacci, che Roma l’ha lasciata quando era ragazza, a 22 anni, per andare a New York e da allora ci segue da lontano. Io Nicoletta l’ho incontrata un paio di volte in giro per il mondo, l’ultima a luglio, a Edimburgo: e mi ha fatto subito una impressione potente. E’ una donna tosta, fiera di essere geek (come lei stesse scirve sul suo blog), preparata e grintosissima che un po’ sei orgoglioso di quel che combina all’estero, e un po’ ti dispiace che non stia qui a darci una mano. Per esempio a fare una tv migliore. Le ho chiesto di raccontarsi per i lettori del Post e per tutti coloro che il 30 settembre vorranno vedere che effetto fa il TED a Roma e magari ispirarsi per cambiare le cose.

Intanto, chi sei? Un cervello in fuga che torna? Cosa fai esattamente?
Non sono un cervello in fuga che torna: vivo all’estero da molti anni. I miei affetti piu’ importanti pero’ sono in Italia e quindi ci torno spesso.
Chi sono:
o Ho cambiato molte vite: da costumista per il teatro (quello d’epoca con costumi veri , realizzati in sartoria) a producer per la RAI (TG2/Mixer, quasi mai in video) a new media expert
o sono una curiosa che non e’ mai stanca di imparare (oggi studente, al primo anno di ricerca per un PhD in filosofia della comunicazione)
o mi reputo una change maker (anche detta troublemaker, disruptor) perche’ porto innovazione e rompo gli schemi . Anche se ho cambiato 3 paesi, lavorando in 3 lingue differenti, ho avuto la fortuna di seguire sempre la mia passione e i miei interessi. (E’ difficile definire il tuo lavoro quando “fai innovazione”.)
o Sono Head of Multiplatform all’European Broadcasting Union e vivo a Ginevra da quasi 6 anni. Sono andata all’estero a vent’anni, sono tornata per un breve periodo in Italia, ma non sono riuscita a rimanere. Fare innovazione in Italia e’ molto faticoso.
o Curo eventi sul futuro del servizio pubblico, l’ultimo che ho creato e’ il TV Summit .
o Facilto collaborazioni tra le TV pubbliche europee con i vari Google, Facebook, Creative Commons, e adesso TED con il progetto TED Open TV.
o Studio nuovi format, cerco di identificare progetti prototipali, e promuovo e gestisco coproduzioni Europee, cercando di innovare/modificare il business model, il copyright e le figure professionali (che non possono essere le stesse di 20 anni fa!)
o Da qualche anno sono advocate del transmedia: partecipo spesso in qualita’ di speaker o moderatore a conferenze internazionali del settore, faccio parte della giuria degli international Emmys e curo workshop sul transmedia per i membri EBU.
o al momento sto gestendo la prima coproduzione internazionale di fiction partecipativa (tanto per non usare il “transmedia”); coproduzione piuttosto complicata ed ambiziosa, perche’ non abbiamo precedenti: paesi regolati in maniera diversa; I.P. dei contenuti generati dai Social Networks da regolare e proteggere, confini cancellati dalla rete, quindi problemi di copyright e di linguaggio, etc. o per la prima volta la storia si sviluppa in rete e non in tv. Purtroppo i broadcaster, anche i nordici (che ad oggi sono i piu’ innovativi) non vogliono perdere il controllo dello scheduling, della messa in onda hanno
paura dell’incontrollabilità della rete, quindi e’ molto difficile coinvolgerli in un progetto che non ha una resa sicura e puo’ essere imprevedibile.

Come vedi l’Italia da fuori? Cosa vedi?
o Banalmente: a parte il gossip della politica, che all’estero, ahime’ e’ veramente imbarazzante, sono amareggiata per la condizione disperata dei giovani. Mi piacerebbe portare qualche idea nuova, infondere un po’ di entusiasmo e passione: molti dei tools per essere creativi oggi sono a disposizione e sono gratuiti quindi vorrei spronare i nuovi cervelli all’azione.

Qual è la tua definizione di transmediale e perché ci cambia la vita?
Il “transmedia” e’ un sistema che permette di raccontare una storia grazie all’uso di più mezzi di comunicazione, digitali e reali, in maniera non lineare. Storie e personaggi vivono in un universo multipiattaforma, privo di un inizio e una
fine, dove il tempo ha un ruolo secondario. E le storie cambiano e si declinano diversamente a seconda di come vengono consumate. I protagonisti hanno o possono avere una vita antecedente alla loro “parte” nella storia; possono sviluppare altre narrative e continuare ad esistere anche alla fine del racconto. Perche’ ci cambia la vita? La narrazione transmediale e’ fortemente partecipativa: il pubblico viene coinvolto attivamente e spinto ad appartenere a comunita’ che facilmente possono diventare proattive. Comunita’ che, se ben guidate, possono cambiare il mondo, vedi l’Arab spring.

Qual è la tua definizione della tv italiana?
Guardo poca televisione e quindi non ho una definizione per la TV italiana. Il fatto che la gran parte della sua offerta sia unicamente in lingua italiana mi sembra una grave limitazione rispetto a quanto avviene all’estero, però.

Il miglior esempio di tv del mondo.
Una volta era forse la BBC. Oggi non credo ci sia una TV leader. Esistono dei professionisti molto capaci e dei programmi a volte straordinari ma non la migliore TV. Bisogna anche dire che oramai, con la connected TV, la televisione sta perdendo il suo ruolo centrale, non e’ altro che un altro schermo in casa, quindi non parlerei piu’ di “televisione” ma di contenuti.

Indicami un italiano oltre a te che si occupa di transmedialita che
dovremmo conoscere.

Stimo molto Max Giovagnoli, professore allo IED, scrittore e transmedia storyteller. È stato tra i primi a pubblicare saggi su questi temi in Europa e a fare sperimentazione con i suoi romanzi. E forse non è un caso che io lo abbia
conosciuto all’estero. Oggi mi sta aiutando anche in questa avventura TED, dove, come speaker italiano, parlerà di come gestire l’immaginario di un racconto per ispirare la volontà di cambiamenti reali nelle sue audiences. Partendo anche in
questo caso dai giovani, una vera passione che ci accomuna.

Il primo TedxTransmedia si è tenuto a Ginevra. Perché portarlo a Roma?
Fare transmedia richiede coraggio, passione e magia che a mio parere sono i trademark di Roma. Il coraggio dei condottieri romani, la passione per il gusto della vita e la magia nei colori e nella bellezza di Roma. Questa e’ la ragione
formale. La motivazione passionale: sono romana e sento la necessita’ di portare un’idea nuova, di provare a rompere l’inerzia e ispirare qualche cambiamento.

Una giornata al MAXXI a parlare di transmedialita con discorsi in inglese:
non temi la sala vuota?

NO non temo la sala vuota, l’audience di TEDxTransmedia e’ internazionale. Il MAXXI e’ il luogo giusto e di per sé è un museo transmediale, dove l’architettura favorisce un’esperienza non lineare e permette alle diverse esposizioni di
intersecarsi e contagiarsi profondamente. Spero che ci siano anche degli italiani. L’anno scorso hanno partecipato da
Brasile, Australia, Sud Africa, Stati uniti, Canada. Capisco che fare un evento in inglese a Roma e’ rischioso, ma qualcuno deve pur tentare! A tutti gli effetti credo sia l’unico evento di respiro realmente internazionale organizzato su temi
di comunicazione e responsabilità sociale in Italia nel corso del 2011. Saranno presenti almeno 70 emittenti televisive e gruppi editoriali internazionali. Ci saranno grandi opportunita’ di network e di nuovi fermenti culturali, che spero si
tramuteranno in progetti concreti in un prossimo futuro. Il mio ruolo, ancora una volta, e’ quello di “facilitator”.
Il tema, “Socially Responsible Media” e’ di grande attualita’ e impatto. Chiederemo agli speaker di lanciare messaggi su come far evolvere il contesto sociale, economico, artistico e culturale in questo momento di grande cambiamento in tutto il mondo.

Pochissimi italiani hanno avuto la fortuna di assistere a un TED: cosa c’è di
diverso da una normale conferenza?

TED e’ un change agent, ti cambia la vita. Se hai la fortuna, appunto, di partecipare a TED, puoi gioire dell’intelligenza umana. I relatori non fanno la solita presentazione “corporate” sono guidati a dare il meglio di se stessi, a comunicare la loro idea che –vale la pena condividere- in maniera unica.L’euforia che si prova a TED e’ inspiegabile. Gli stimoli sono continui sia durante l’evento, sia nelle pause; si incontrano persone straordinarie e si impara moltissimo. E’ una cura intensiva di creativita’, di sapere, di rapporti umani. Non si va a TED per fare business, si va a TED per caricarsi dell’energia che ti
serve per i prossimi 6 mesi, fino al prossimo evento. TED ha elevato la qualita’ delle conferenze. Il programma e’ molto curato e il risultato e’ garantito. Nel 2009 TED ha lanciato il progetto TEDX che permette di organizzare eventi locali,
rispettando i canoni di qualita’ della conferenza madre. TED e’ un mezzo per distribuire conoscenza in maniera virale.

Come si fa a partecipare? E che tipo di persone vorresti in sala?
Per partecipare devi registrarti sul sito. In sala vorrei dei veri “doers”, coloro che hanno voglia di cambiare. Speroci siano anche degli italiani. Sarebbe un peccato portare TED a Roma con la solita comunita’ itinerante senza poter “ispirare” positivamente anche creativi, ricercatori e comunicatori del nostro Paese.

Riccardo Luna

Giornalista, sono stato il primo direttore dell'edizione italiana di Wired e il promotore della candidatura di Internet al Nobel per la Pace. Su Twitter sono @riccardowired Per segnalare storie di innovatori scrivetemi qui riccardoluna@ymail.com. La raccolta dei miei articoli per Wired è un social-ebook scaricabile da www.addeditore.it.