«Buongiorno a tutti»

Ieri c’era Renzi al Raiti, una scuola elementare della mia città.

Il Raiti è in via Pordenone, un quartiere da sempre popoloso e popolare (borgata Santa Lucia), con una chiesa in pietra chiara (santa Lucia fuori le mura) che ospita un Caravaggio scuro (il seppellimento di santa Lucia) e con una piazza ampia e luminosa (piazza santa Lucia), dove c’è sempre stato tanto spazio per i giochi dei bambini: mia nonna ci faceva girare un cerchio, sorvegliata dai suoi zii e dagli altri adulti del quartiere, io ci giocavo a pallone e tutto intorno si sedevano le persone anziane a commentare la partita e a mangiare semenza.

Da qualche tempo invece a piazza santa Lucia, nel tardo pomeriggio, si gioca a cricket.

Le mazze sono un po’ improvvisate oppure molto logore perché hanno viaggiato chissà quanto. Sulle panchine, a commentare la partita, non ci sono i genitori dei ragazzini indiani (che forse sono rimasti in India o forse lavorano fino a tardi per mandare un po’ di soldi in più ai parenti lontani), ci sono sempre gli stessi anziani di prima, qualcuno addirittura è rimasto seduto là sin dai tempi miei.

Non capiscono niente di cricket, non sanno manco le regole o lo scopo del gioco, però fanno la stessa cosa che facevano con noi quando giocavamo a pallone: criticano, dicono che la mazza non si tiene in quel modo lì, che così il tiro esce fuori mollo, ti chiamano col fischio e quando ti avvicini ti fanno segnali per spiegarti che la postura è tutta sbagliata, ti dicono come devi mettere i gomiti per non colpire fuori tempo, e siccome masticano semenza e sputano le scocce per terra, non si capisce neanche cosa dicono.

L’anziano siracusano è così, non fa mai il tifoso, è sempre uno spettatore critico: pure allo stadio, quando il Siracusa ancora militava in categorie professionistiche (io al massimo mi ricordo la C1, ma ai tempi di mio nonno fummo addirittura in serie B per una o due stagioni), loro si sedevano in gradinata e quando c’era un fallo laterale chiamavano col fischio i terzini di fascia. Le prime volte, quelli, poverini, si avvicinavano, e per qualche decina di secondi ascoltavano increduli le farraginose disposizioni tattiche di questi vecchietti, oltretutto rese incomprensibili dal masticare semenza. L’arbitro se ne accorgeva e ammoniva il giocatore per perdita di tempo.

Da quest’anno, al Raiti ci va pure mia cugina, sei anni, fa la prima, una bambina che mi terrorizza: risolve le parole crociate senza schema insieme a mia nonna.

Le suggerisce la grafia corretta per i termini stranieri, quelli che mia nonna non ha mai imparato a scrivere bene, oppure risponde a botta sicura sulle definizioni in cui è super esperta: se mia nonna legge dinosauro a tre corna, lei subito dice triceratopo, e poi aggiunge che tuttavia, a dispetto del nome, il triceratopo non ha tre corna, bensì quattro, dunque la definizione non è corretta.

A mia nonna questa cosa piace, si inorgoglisce. A me mette l’ansia. Forse perché sono un insegnante, e con una bambina di sei anni che parla così nessun insegnante può sentirsi al sicuro.

Le maestre del Raiti devono essere per forza molto brave, se la vedono con lo zainetto di mia cugina da cui esce un diorama del triceratopo, e con quello del suo compagno di classe da cui fa capolino una mazza da cricket col manico un po’ sbreccato.

Ieri, quando Renzi è entrato in questa scuola e ha detto buongiorno a tutti , mia cugina di sei anni e gli altri bambini hanno cantato in coro una canzoncina a ritmo di blues.

Francesco Merlo su Repubblica dice che sembrava una scuola nord coreana, che siamo i soliti siciliani pronti a saltare sul carro del vincitore, anzi del dittatore: una cosa da centro Africa, da pupi siciliani hanno scritto altri.

Io ho chiesto a mia cugina se per favore mi faceva leggere il testo della canzoncina, lei mi ha detto che potevo, però solo a patto di non eccedere in analisi ermeneutiche e meno ancora sovra interpretare il testo alla luce della recente dialettica politica interna al partito democratico.

Si vabbe’, dammi il foglietto e stai zitta. Poi mi sono girato verso sua madre e le ho detto: tu a questa la devi fare benedire, lo vedi che è posseduta?

Mia cugina per ripicca mi ha dato del triceratopo, poi però mi ha spiegato che ieri mattina a visitare la sua scuola c’era il presidente del consiglio dei ministri in carica, cioè il presidente di tutti, dei bambini appassionati di enigmistica e dinosauri e di quelli fanatici del cricket, e pure dei pensionati ghiotti di semenza, e che quindi era bello, oltre che giusto, cantargli benvenuto presidente, perché se cantare una canzoncina di benvenuto che dice muoviam la testa, facciamo festa significa essere servili, allora significa che quello non è il presidente del consiglio, cioè il rappresentate delle istituzioni democratiche di questo paese, perché al presidente del consiglio che rappresenta le istituzioni democratiche di questo paese tu il benvenuto glielo puoi e glielo devi dare, e se invece è un dittatore, allora significa che noi non siamo una democrazia, ma se siamo o non siamo una democrazia non lo possono stabilire i bambini del Raiti: non ci possono chiedere una definizione così difficile, ha detto mia cugina, oltretutto ieri non c’era manco la nonna ad aiutarmi, io le parole crociate ancora non so farle così bene.

E quindi come l’hai risolta? le ho chiesto sentendomi sempre più a disagio.

Lei mi ha detto che come si diventa presidenti del consiglio in Italia, quanti italiani rappresentino o no il governo e il presidente del consiglio, per il momento è un argomento che la appassiona assai meno di quante corna ha il triceratopo, per cui ha fatto quello che avrebbe fatto qualunque bambino quando entra in classe un presidente del consiglio che dice buongiorno a tutti.

– E cioè? le ho chiesto io.

– Cioè dargli il benvenuto con una canzoncina allegra.

– E perché?

– Perché ha detto a tutti.

– Io tua figlia non la capisco, mi fa le sciarade, ho detto a sua madre.

– Non ha detto buongiorno solo a quelli che mi hanno votato e mi voteranno ancora, ha detto buongiorno a tutti, s’è spazientita mia cugina piccola.

– Ah, ho detto io.

Poi sono andato a comprare una busta di semenza e mi sono seduto insieme a lei davanti al monitor per guardare il video dell’esibizione.

– Sì però non si canta così. La postura è tutta sbagliata, e poi la nota dovevate prenderla più alta, lo vedi che in certi punti stonavate, quello là sulla destra, per esempio, dovrebbe piegare di più le ginocchia, è completamente fuori tempo.

– La finisci di sputare le scocce per terra? E poi quando parli con quei così in bocca non si capisce niente, mi ha detto mia cugina piccola.

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Testo:

Facciamo un salto…Battiam le mani

ti salutiamo tutti insieme Presidente Renzi

Muoviam la testa…Facciamo festa

A braccia aperte ti diciamo Benvenuto al Raiti!

I bambini, gli insegnanti, i bidelli

e poi l’orchestra lasceremo improvvisar così

Siamo felici e ti gridiamo

Da oggi in poi, ovunque vai, non scordarti di noi

dei nostri sogni, delle speranze

che ti affidiamo, con fiducia, oggi a ritmo di blues

Le ragazze, i ragazzi, tutti insieme

alle tue idee e al tuo lavoro affidiamo il futuro

e poi di nuovo ancora insieme noi camminiamo ci avviciniamo

e un girotondo noi formiamo sempre a tempo di blues

 

Mario Fillioley

Ho tradotto libri dall'inglese in italiano. Poi ho insegnato italiano agli americani. Poi non c'ho capito più niente e mi sono messo a scrivere su un blog con un nome strano: aciribiceci.com