L’anno comincia pene

Rubens. Da bambino voltavo pagina subito, mi faceva un po’ senso.

1° gennaio – Circoncisione di Gesù.

Fingiamo di lavorare in una cancelleria un trentun dicembre del millequattrocentoquarantanove – quasi millequattrocentocinquanta. Il vostro principe si sposa e voi dovete mandare biglietti di inviti a tutte le corti d’Europa. La data – il primo marzo – dovrebbe corrispondere in tutto il continente; non è ancora arrivata la riforma gregoriana a complicare le cose. Ma l’anno qual è? Eh. Dipende.

Se scrivete a qualche signore di Firenze, o a un pari d’Inghilterra, è ancora il primo marzo del ’49: da loro il capodanno si festeggia il venticinque marzo. In fondo ha un senso, visto che gli anni si celebrano dalla nascita di Cristo, e per i cristiani la vita comincia col concepimento… Se però invitate anche qualche dignitario di altre città toscane, come Pisa, attenzione: da loro è già il primo marzo 1450. Pure a Pisa capodanno è il 25 marzo, ma dell’anno prima: anche questo se ci pensate ha un senso, se Gesù nasce il 25 dicembre, deve essere concepito nove mesi prima, non tre mesi dopo. Anche per i veneziani sarà già il 1450, non potete sbagliare: loro festeggiano il capodanno proprio quel giorno lì, il primo marzo. Per i bizantini, i pugliesi e i sardi invece è ancora il ’49, e continuerà a essere il ’49 fino ad agosto – e anche questo, se ci pensate, ha un senso, anzi forse nel torrido mediterraneo è la cosa che ha più senso di tutte: l’anno vero comincia il primo settembre. In Spagna è già il ’50, con loro tutto sommato non si sbaglia mai, basta ricordare che l’anno comincia una settimana prima, il 25 dicembre. Il vero problema è se scrivete ai reali di Francia. In Francia infatti gli anni si contano dalla Pasqua di Resurrezione di Nostro Signore, e anche questo potrebbe avrebbe un senso (ma non bisognerebbe detrarre 33 anni al computo?) non fosse per la complicazione che ogni anno la Pasqua cade in un giorno diverso. Che razza di casino. Perché? Possibile che per arrivare a sincronizzare i capodanni dell’Europa Occidentale abbiamo dovuto aspettare fino al Settecento? Come potevano resistere i nostri antenati, a tutta questa confusione e incertezza?

Resistevano benissimo. Avevano altre priorità: la maggior parte di loro nasceva viveva e moriva nello stesso luogo; la necessità di intendersi con i forestieri su curiosità come la numerazione dell’anno in corso non li toccava. Siamo noi a vivere l’ossessione della simultaneità, a sentirci obbligati a festeggiare tutti negli stessi giorni se non negli stessi minuti e secondi, con dirette sincronizzate da orologi atomici. L’incubo dell’Anno Mille come ce lo racconta Carducci, con le folle terrorizzate dall’arrivo del primo gennaio manco fosse l’apocalisse maya, “raccolte in gruppi silenziosi intorno a’ manieri feudali, accosciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e ne’ chiostri”, è una bufala ottocentesca: la maggior parte degli europei non aveva la minima idea di che anno fosse. Era il tot anno dalla nascita del tal re o imperatore o papa o figlio maschio o vacca da latte; per sapere quanti anni fossero passati dalla nascita di Gesù bisognava chiedere al prete, lui teneva il conto. Forse.

Comunque già alla fine del Seicento la diffusione del nuovo calendario gregoriano portò la maggior parte delle corti europee a uniformarsi (Venezia si arrese soltanto un secolo dopo, con Napoleone) e adottare il calendario che comincia il primo gennaio, secondo quello che è chiamato “stile della circoncisione”. Infatti se assumiamo che Gesù sia nato il 25 dicembre, il primo gennaio è il giorno in cui secondo la legge ebraica sarebbe stato circonciso. Dunque noi non contiamo gli anni dalla nascita di Gesù (25/12) né dalla sua procreazione/incarnazione (25/3), ma dal momento in cui è diventato a tutti gli effetti un ebreo. Il primo gennaio è poi diventato ben presto anche il giorno della festa di Maria madre di Dio, ma il sospetto è che sia stato un espediente per dissimulare una verità ovvia quanto imbarazzante: Gesù era un ebreo. Circonciso.

I cristiani invece non sono circoncisi – la maggioranza, almeno.

Il disegno riproduce le incisioni sulla tomba di Ankh-Mahor. Però potrebbe anche trattarsi di una depilazione rituale, il dibattito è aperto (no ironia).

Per la verità, nessuno glielo proibisce. Ma Paolo di Tarso, il vero propulsore del primo messaggio cristiano nel mediterraneo, mette bene in chiaro che la circoncisione non è richiesta. Paolo in quanto ebreo era circonciso, ma predicava perlopiù ai Greci. Difficilmente il suo Verbo avrebbe attecchito, se avesse preteso dai suoi fedeli l’asportazione del prepuzio. I Greci erano sempre stati particolarmente avversi alla pratica, un segno di barbarie secondo loro. Erano stati i sovrani ellenisti a proibire la circoncisione anche in Palestina. La proibizione ovviamente contribuiva a fare di un antico rito tribale il segno indelebile della resistenza di un popolo alla globalizzazione imposta dal potere imperiale. C’erano ovviamente anche i collaborazionisti che cercavano di ricostruire una parvenza di prepuzio stiracchiandosi la pelle lungo il corpo cavernoso, una specie di riportino sul pisello: il primo libro dei Maccabei li definisce chiaramente come venduti alle potenze straniere. Uno dei possibili effetti dei loro tentativi fu la radicalizzazione della pratica: se prima forse si poteva anche asportare solo la sommità del prepuzio, da lì in poi ci si mise a scoperchiare il glande in modo irreparabile.

Quando nasce la circoncisione? Non si sa, ma la si ritiene di gran lunga l’operazione più diffusa e più antica condotta su un corpo umano. C’è un’incisione molto esplicita, su una tomba egizia, databile tra il 2300 e il 2400 avanti cristo (2399 per i pisani). Pare che gli egizi si circoncidessero tutti, anche il loro dio del sole si era circonciso. La circoncisione potrebbe essere stata inventata prima della scrittura e quindi appartenere alla preistoria. Non siamo nemmeno sicuri se sia stata inventata in un luogo solo e poi trasmessa a popoli lontanissimi (medio-orientali ma anche bantù, polinesiani, aborigeni australiani, pre-colombiani), oppure sia stata adottata in luoghi diversi per motivi diversi. E rimane l’interrogativo di fondo: perché popoli non dico senza antibiotici, non dico senza disinfettanti, ma senza nemmeno lame di acciaio o di ferro, decisero che bisognava a tutti i costi separarsi da quella pellicina per altri versi così comoda?

Con una lametta così in Congo te lo sbucciavano nel 1900… dopo Cristo? *DOPO* CRISTO? FERMATE IL MONDO VOGLIO SCENDERE L’UMANITA’ È UN BRANCO DI SCIMMIE SADICHE CON UN POLLICE DECISAMENTE TROPPO OPPONIBILE.

Un medico italoamericano contemporaneo di Carducci, Peter Charles Remondino, ipotizzava che fosse nata come una forma soft di evirazione, il terzo stadio di un lungo percorso verso la civiltà. Nella prima fase i barbari asportavano il fallo dei cadaveri sconfitti e lo esibivano come un trofeo (lo fanno ancora i giovani berberi per impressionare i genitori della fidanzata, annota Remondino); nella seconda fase cominciano a risparmiare la vita degli sconfitti e a schiavizzarli, ma non possono rinunciare a mutilarne i genitali e quindi li castrano; la castrazione tuttavia è una pratica complessa che spesso provoca infezioni e cancrene, specie quando tutto quello che hai è una conchiglia, in Polinesia, o un affare in bronzo affilato; e comunque anche la riproduzione degli schiavi può risultare utile, e quindi nella terza fase i barbari si limitano al taglietto del prepuzio. Lo stesso David avrebbe esibito al re Saul duecento prepuzi di filistei (contandoli uno per uno), e per il solito motivo: diventare suo genero. L’ipotesi è intrigante, ma già al tempo degli Egizi e dei Sumeri la circoncisione non identifica gli schiavi, bensì i sudditi liberi; potrebbe essere stata imposta da un imperatore o da un patriarca come un supremo segno di sudditanza. Il Dio di Abramo lo chiama più diplomaticamente “segno di un patto”, che a quanto pare non fa differenze tra schiavi e nati liberi:

All’età di otto giorni, ogni maschio sarà circonciso tra di voi, di generazione in generazione: tanto quello nato in casa, quanto quello comprato con denaro da qualunque straniero e che non sia della tua discendenza. […]  L’incirconciso, il maschio che non sarà stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente: egli avrà violato il mio patto (Gen 17,12 e 14).

Serpeggia forse già in epoca antica, e sicuramente nel medioevo, l’ipotesi che la circoncisione serva a prevenire un eccessivo piacere sessuale. La Bibbia non ne parla: che sia un modo per razionalizzare o attualizzare un antico rito tribale di cui si era perso il senso? Oggi la stessa teoria è cavalcata da chi lotta per proibirla: in realtà non ci sono prove che un maschi circonciso provi più o meno piacere – non è una cosa tanto semplice da dimostrare, non esiste un unità di misura dell’orgasmo maschile – e poi che esperimenti bisognerebbe condurre? Prendere un insieme x di maschi, farli copulare, circonciderli, ripetere la copulazione con le stesse partner che dovrebbero trovarsi nella stessa disposizione d’animo… si fa molto prima a trovare il bosone di Higgs, che infatti è stato già trovato. Bisogna dire che ancora oggi in molte zone interessate dal fenomeno (Asia centrale, Africa ) la circoncisione viene praticata con mezzi così rudimentali che non è solo a rischio il piacere, ma la stessa funzionalità.

L’associazione tra circoncisione e piacere sessuale, per quanto pseudoscientifica, ha avuto conseguenze importanti in epoca vittoriana.

Percentuali di circoncisi (oppure: carenza di prepuzi pro capite)

In questo periodo all’improvviso i medici anglosassoni scoprono che con quel piccolo taglietto si poteva prevenire l’alcolismo, l’epilessia, l’emicrania, l’equinismo, l’ernia, la gotta, la sifilide, e tantissime altre sindromi che, gira che ti gira, nascevano un po’ tutte lì, dove si annida lo smegma più ostinato. Come potessero pensare questi signori che la circoncisione scoraggiasse le pratiche masturbatorie non lo so; sospetto che anche loro non avessero fatto esperimenti sul campo; peraltro nello stesso periodo si raccomandava di prevenire le crisi di nervi delle dame con l’isterectomia. In ogni caso a inizio Novecento sia in Gran Bretagna che negli USA la circoncisione era consigliata da tutti i pediatri. I prepuzi tornarono di moda in Inghilterra dopo la Seconda Guerra Mondiale con la nascita del servizio sanitario nazionale, che portò l’esigenza di razionalizzare le spese: qualcuno si mise a studiare seriamente se valeva la pena circoncidere i bambini e scoprì che tutto sommato no, non ne valeva la pena. Negli USA la circoncisione continuò a essere a spese dei genitori, e i pediatri continuarono a consigliarla per un altro po’. Questa secondo me è un’interessante lezione sul liberismo e sulla socialdemocrazia, ma non voglio mettermi a parlare di politica sul Post. Mi basta che ragioniate su questo: anche la forma del vostro pisello, anch’essa è politica; un altro assetto sociale ve l’avrebbe fatto crescere in un modo diverso.

Comunque, sull’utilità medica della circoncisione, l’ultima parola non è ancora stata detta. Proprio mentre cadevano tutte le vecchie teorie sulle malattie infettive tradizionali, la lobby dei circoncisori trovava un atteso alleato nell’HIV. In questo caso gli esperimenti sono stati fatti – i volontari in Africa non mancavano – e hanno dato esito positivo. Per quel che sappiamo oggi, nelle aree dove è più facile contrarre il virus la circoncisione riduce il rischio di trasmissione vaginale (da femmina a maschio) più o meno del 50%. La trasmissione da maschio a femmina non è ridotta; su altre trasmissioni (ad es. rapporti anali) non abbiamo dati. Non sappiamo neanche esattamente il perché la circoncisione funzioni: il prepuzio, una volta richiuso sul glande potrebbe essere il rifugio ideale per il virus nella prima fase del contagio. Quindi, insomma, oltre a circoncidersi ci si potrebbe semplicemente lavare… ma stiamo parlando di Paesi caldi e poveri. E qui c’è la vera complicazione: in teoria la circoncisione potrebbe salvare vite umane, ma finché la si pratica con mezzi rudimentali, rischia di essere più nociva che salutare. In più c’è il rischio di alimentare una falsa sensazione di invulnerabilità: la circoncisione non sarà mai efficace come il preservativo.

Oggi si calcola che un maschio su tre in età adulta sia circonciso. Come ai tempi di Antioco Epifane, l’imperatore che proibì la circoncisione in Palestina, il mondo continua a dividersi tra popoli che lo considerano quasi necessario e altri che lo trovano un’usanza tribale da accantonare. Questo continua a causare piccoli e grandi choc culturali. Nel 2012 in Germania c’è stato un dibattito rovente, che probabilmente riprenderà nel nuovo anno. Da una parte musulmani ed ebrei, con le loro credenze millenarie. Dall’altra i nemici di ogni forma di mutilazione sui minori. E la circoncisione è una mutilazione, non c’è dubbio. Magari è la mutilazione meno invasiva, senz’altro non è paragonabile all’escissione o all’infibulazione o all’abrasione – ma non è neanche come bucarsi i lobi delle orecchie. Oltre al dolore, oltre al rischio di compromettere una funzionalità e un piacere, c’è il problema dell’irrevocabilità dell’atto: circoncidere un bambino (di otto giorni? di dodici anni? fa differenza?) significa imporgli una scelta. Ci sono dei giorni che la cosa mi risulta particolarmente barbara: è veramente qualcosa di tribale, decidere di imporre un segno indelebile su tuo figlio semplicemente perché è tuo. Ci sono altri giorni in cui mi guardo intorno e noto quanti segni portiamo, indelebili, tracciati sui nostri corpi e sui nostri caratteri dai nostri genitori; quanti segni sto lasciando anch’io, senza volerlo o volendolo fin troppo. Una pellicina in più o in meno fa tutta questa differenza?

Credo che alla fine sia una lotta tra religioni. La maggior parte dei musulmani e degli ebrei (non tutti) crede che la circoncisione sia necessaria; la maggior parte degli europei, e di me, crede che gli esseri umani siano liberi sin dalla nascita, e che nessuno, nemmeno i signori e le signore che li hanno generati, abbiano il diritto di modificarli, plasmarli, segnarli secondo la loro volontà. Questa idea è del tutto irrazionale, ed è negata ogni giorno da ogni evidenza; malgrado leggi sempre più restrittive (non possiamo più appioppar ceffoni in pubblico) abbiamo ancora le mani abbastanza libere sui nostri piccoli; ciononostante è un’idea forte, condivisa e sbandierata: giù le mani dai bambini, i bambini non si toccano, i bambini sono sacri. È una religione, anch’essa, il bambinismo. E sta lottando per vincere.

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.