Invece studiare

Esistono alcune naturali forme di invidia tra generazioni (o istinto a mettere sotto tutela), che si esprimono soprattutto in determinati momenti. Una di queste si manifesta in modo evidente quando una generazione più vecchia invita la generazione più giovane a non studiare, a lasciar perdere i libri, cercando di convincerla che sia tempo perso e che non serva a nulla.

Rivolgersi poi ai genitori, invece che ai ragazzi, come nella lettera aperta della confindustria di Cuneo, aggiunge addirittura un elemento arcaico alla comunicazione – al di là delle intenzioni, che possono anche essere state molto buone e non le giudico –, un che di ottocentesco, di libro Cuore, di tutela (che però funziona, perché sono poi i genitori, della stessa generazione di chi ha scritto la lettera, a contribuire alla decisione finale dei figli) e certamente c’è anche un po’ classismo, perché non credo proprio che i figli dell’avvocato di Cuneo andranno a fare gli operai, neanche volendolo.

Io mi rivolgerei invece ai ragazzi e alle ragazze invitandoli a prendere decisioni coraggiose e responsabili. Li inviterei certo a pensare al lavoro, al proprio lavoro, ammesso che per ciascuno di loro il tempo di una decisione di questo tipo sia già arrivato.

Però li inviterei anche a studiare, sapendo che il tempo dello studio non è solo preparazione al lavoro, ma è l’occasione unica di misurarsi con cose difficili, con cose “inutili”, ma belle, con cose che cambiano il modo di vedere il mondo. Vi ricapiterà uno spazio dedicato a questo, un tempo pensato soprattutto per questo?

Li inviterei a riflettere sul fatto che la realtà è un’idea che si negozia, non è un peccato che si sconta, e non può essere un perimetro imposto da altri e accettato senza repliche. Tutta la vita negozierete la vostra realtà con qualcuno o con qualcosa. Volete andare al negoziato a mani vuote?

Forse li spingerei a considerare quanto sia sbagliata quella frase – molto giusta – di Gramsci: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”. Noi avremo sicuramente bisogno della vostra intelligenza, e ne abbiamo già bisogno, ma la vostra intelligenza è vostra. E dei figli che avrete.

Li inviterei a ragionare sul fatto che se anche non fosse vero – e non lo è – che nella vita basta volere, basta prepararsi, basta fare tutto bene per realizzare i propri desideri, è però anche vero, come diceva il poeta, che alcuni nella vita hanno un grande sogno e non riescono a realizzarlo, e altri non hanno nessun sogno e non riescono a realizzare neanche quello.

Li inviterei anche a pensare che, forse, chi oggi scrive che c’è bisogno di migliaia di operai – e ha ragione ed è vero -, domani potrà scrivere che non c’è più bisogno di loro, e non potrete aspettare quel momento per assumervi le vostre responsabilità.

Fate gli operai specializzati – mestiere che in tanti settori dà molte soddisfazioni -, se è la vostra strada, oppure tentate di fare i commercianti, i fioristi, i medici, gli ingegneri, i manager, gli storici dell’arte o gli artisti.

Date retta ai vostri genitori, ma non consentite loro di farvi perdere tempo con scelte che sembrano razionali, ma non necessariamente lo sono. Date meno retta a chi vi propone dei dati, anche corretti, ma disinteressandosi di tutto quello che avete davanti e sta a voi intraprendere. Usate quei dati, e cercatene anche altri, ma partite da voi.

Pensateci bene, con coraggio e responsabilità, perché coraggio e responsabilità sono ciò di cui abbiamo veramente bisogno.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.