Le intercettazioni tra Briatore e Santanché che non dovevano essere trascritte

L’11 giugno, come riportato dal Post, La Repubblica, copiando quanto già fatto dal Secolo XIX, ha pubblicato alcuni stralci di intercettazioni telefoniche avvenute tra Flavio Briatore e l’onorevole Daniela Santanché. Il caso merita una riflessione che tocca due aspetti nevralgici di questo mezzo di ricerca della prova. Il rispetto della normativa che disciplina le intercettazioni e il rispetto del divieto della loro pubblicazione. Divieto già oggi stabilito dalla legge, ma mai rispettato.

Flavio Briatore è indagato a Genova per un’ipotesi di evasione fiscale. Un’ipotesi di evasione fiscale legata alla proprietà o meno dell’imbarcazione “Force Blue”.
Nel corso di tale indagine, di natura prettamente documentale e in corso da più di un anno, la procura di Genova chiede e ottiene di ascoltare le telefonate di Flavio Briatore.
La polizia giudiziaria, su delega del Pm, ascolta centinaia di telefonate e tra queste si concentra su quelle tra Briatore e la Santanché. Le ascolta tutte e le trascrive tutte. Tutte. Comprese quelle non penalmente rilevanti, comprese quelle non utili ai fini dell’indagine. In altre parole, l’invasione nella privacy è totale e, soprattutto, senza controllo. Il Pm non esercita alcuna cernita, alcuna selezione tra le conversazioni penalmente rilevanti e quelle innocue, e quindi, private. L’uso del classico “omissis”, è ignorato.

Ma non finisce qui. Nel mucchio di chiacchere, Briatore e la Santanché parlano anche di Berlusconi e dei sui suoi bunga bunga. Chiacchiere. Chiacchiere nel vero senso della parola. Ma poco importa. Vengono prese tutte e tutte inviate alla Procura di Milano che, ovviamente, le acquisisce. Infine, la ciliegina: quasi contemporaneamente il Secolo XIX e poi La Repubblica, violando la legge, pubblicano tutte le intercettazioni di Briatore e della Santanché. Sia quelle con una minima parvenza di utilità, sia quelle innocue e quindi inviolabili.

Difficile, davvero difficile fare peggio. Difficile violare tante norme di legge in un sol colpo, senza ovviamente risponderne e senza suscitare un minimo di sdegno tra i nostri ben pensanti “Giornalisti”. Un caso questo che non è il solo e che ci racconta una verità. La legge sulle intercettazioni telefoniche è un’ottima legge. Basta leggere gli articoli 266 e seguenti del codice di procedura penale per accorgersene. Come risponde ai principi costituzionali il divieto di pubblicazione delle intercettazioni, previsto dall’art. 114 del codice di procedura penale.
Resta un problema, di non facile soluzione. Quella sulle intercettazioni è una buona legge che però troppo spesso non viene applicata. Con le intercettazioni si verifica la stessa patologia presente nell’abuso delle misure cautelari in carcere. Violazioni di legge. Violazioni di buone leggi. E tutto questo cosa ci dice? Non basta una riforma, la migliore, per far funzionare un sistema. Servono persone che sappiano applicare quella legge. Già le persone.

Riccardo Arena

Riccardo Arena cura la rubrica Radiocarcere in onda il martedì e il giovedì alle 21 su Radio Radicale.