Il sale della Terra digitale

Ma i programmatori, dove sono finiti? È da anni che parliamo di innovazione che implica l’incontro tra creatività e tecnologia, tra codice e fantasia, ma alla prova dei fatti salta fuori che mancano proprio i programmatori. È da un po’ che ci penso e che lo temo, però da qualche giorno è diventata una domanda alla quale ho anche una parziale risposta empirica. I programmatori scarseggiano proprio. Perché?

Facciamo un passo indietro. Qualche giorno fa il mio editore digitale, Bookrepublic, mi ha chiesto di dare una mano per comunicare il suo nuovo progetto: iCodex. È un Hackaton di innovazione culturale, cioè una gara che dura tutto il giorno (10-11 giugno) aperta a tutti (basta essere maggiorenni) e che vedrà competere gruppi di tre/quattro persone che devono costruire un progetto finalizzato a migliorare il modo di pensare, creare, offrire e fruire i prodotti culturali.

Le tre persone sono: un ideatore (cioè la persona che ha avuto l’idea innovativa, a prescindere dalle competenze tecnologiche), un visual designer (quello che ha idee per creare una interfaccia originale ed efficace) e uno sviluppatore (quello che fa la magia del codice).

Si tratta di una gara vera: due team (migliore idea e miglior progetto) vinceranno ciascuno tremila euro. I team in tutto saranno al massimo 30. Ci sono tutta una serie di regole e modalità (qui) ma questo è in buona sostanza il nocciolo.

Cosa è successo? Che mancano poco più di quattro settimane al via e, mentre i creativi sono già in overbooking, ancora non si sono iscritti abbastanza programmatori (e visual designer, che oggi devono avere anche competenze tecniche e non solo grafiche). Insomma, nell’alchimia dell’innovazione, mancano quelli che scrivono codice, il sale della terra digitale.

L’innovazione in questo caso è declinata nel settore culturale con il fine generare un impatto significativo nei modi di fare, pensare, vivere e condividere cultura e valorizzare il patrimonio storico-artistico del nostro Paese. Non è un obiettivo secondario: è anzi una delle aree strategiche allo sviluppo dell’Italia. Pensare che non ci siano programmatori a cui interessa lavorare in maniera innovativa e creativa in questo settore mi stupisce e mi lascia molto perplesso.

Cosa manca? Cosa non riusciamo a comunicare nei circuiti sociali di chi produce codice? E soprattutto, perché?

Antonio Dini

Giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Scrive di tecnologia e ama volare, se deve anche in economica. Ha un blog dal 2002: Il Posto di Antonio