Il divario digitale da Mediaworld

L’Italia tecnologica, più che su Internet, andrebbe osservata dentro il centro TIM dietro casa mia. Immagino che lo stesso accada dentro i negozi Tre, Vodafone o Wind. I luoghi nei quali si acquistano telefoni, computer, servizi Internet ed altri gadget tecnologici (e quindi anche le grandi catene dell’informatica di consumo) sono oggi la principale frontiera sociologica del Paese digitale.

Il negozio che conosco io è gestito da due signori sorridenti e gentilissimi, prodighi di consigli ed informazioni: spesso la fila per parlare con loro, acquistare abbonamenti o cellulari, arriva fuori dal piccolo negozio.

Quando è il suo turno la signora anziana davanti a me chiede come mai il suo cellulare nuovo non abbia dentro Facebook. Il giovane uomo qui accanto nel frattempo sta chiedendo all’altro commesso quanto del suo bundle mensile di dati per Internet (1 Giga) vada sprecato per “scaricare un film”.

Tocca venire da queste parti per farsi un’idea meno imprecisa della complessità della tecnologia, di come aspetti che noi normalmente consideriamo banali non lo siano per nulla. Il commesso paziente indica alla signora come si scarica la app di Facebook (la signora è concentrata ma non mi pare abbia capito) poi le spiega che comunque per creare un account serve un indirizzo email. Un indirizzo email? Io non ho un indirizzo email – gli risponde la donna – io vorrei solo Facebook per vedere le foto delle mie nipotine.

Stare sulla frontiera tecnologica non è semplice, serve molta pazienza e tanta gentilezza. È un lavoro che ha qualcosa del buon samaritano e qualcosa del cinico arrampicatore: come tutti i lavori si può fare bene o malissimo. Si può educare faticosamente alla tecnologia i propri clienti o utilizzare la tecnologia per prenderli in giro e guadagnarci dei soldi.

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Circola molto in questi giorni questa foto scattata in un negozio Mediaworld: elenca i costi delle prestazioni di assistenza alla clientela per eseguire procedure che a noi forse sembrano intuitive e semplicissime. Di fronte a questa immagine gli sciocchi su Internet si indignano tout court per l’esosità delle richieste (ma di nuovo si tratta di una faccenda di prospettive, molte di simili prestazioni sono semplici solo per quelli che le sanno fare) quelli dotati di senso pratico capiscono al volo che il tempo lavorativo dei commessi ha un costo e non può essere interamente assorbito dagli aiutini alla vasta clientela che non sa.

Nel negozio dietro casa mia a un certo punto hanno dovuto prendere provvedimenti: se tu vieni a chiedermi di eseguire una lunga procedura al call center dell’operatore telefonico, un’operazione che potresti fare da solo ma che non sai o non hai voglia di fare, io posso anche farla per te ma sarò costretto a chiederti una cifra per il servizio. Nessuno ti obbliga a richiedere a Mediaworld di applicarti la pellicola protettiva sul cellulare nuovo ma se ti venisse in mente di chiederlo sappi che il costo è 2,99. È ridicolo? È troppo? Certo, ma se la domanda è ridicola perché il prezzo non può esserlo?

Il confine fra cura del cliente e servizio aggiuntivo è labilissimo: dentro la cura del cliente sta anche il prezioso lavoro di alfabetizzazione informatica che un semplice addetto di un grande magazzino potrà fare verso la massa di persone che si avvicinano a Internet – attraverso di lui – senza nemmeno i più basilari rudimenti. Non sarebbe male se lo Stato detentore del peggior digital divide d’Europa immaginasse qualche maniera per presidiare una simile frontiera. Magari non sostituendosi a chi oggi aggiunge la pellicola al cellulare nuovo per 2.99 euro, magari inventandosi qualcosa di nuovo ed inedito, magari immaginando un’assistenza antidigital divide negli uffici comunali o nelle scuole. Si potrebbe insegnare moltissimo alla signora che vuole vedere le nipotine su Facebook o al giovane incolto digitale che utilizza il traffico dati di un mese per scaricare un film.

Magari iniziando dalle basi. Configurare uno smartphone, un tablet o un notebook per navigare in rete è solo apparentemente una faccenda semplice e alla portata di tutti. Anche come lo si farà, quali app verrano scaricate e quali siti web suggeriti, avrà un ruolo importante. Dentro quella misconosciuta complessità risiedono alcuni dei freni peggiori allo sviluppo di questo Paese. Forse sarebbe il caso di cominciare a metterci le mani.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020