Il bel film sulla campagna elettorale televisiva candidato all’Oscar

Ho visto NO, uno dei film candidati all’Oscar per miglior film straniero, vincitore per la regia a Cannes. Un bel manuale per vincere elezioni con la televisione, che trascende (volendo) tempi e luoghi che non sono i nostri, nemmeno alla lontana.
Siamo in Cile, 1988, ai tempi del referendum pro o contro Pinochet, al potere dal golpe del 1973. All’opposizione vengono concessi 15 minuti di televisione autogestita al giorno per un mese (da mezzanotte a mezzanotte e quindici) avendo il governo il controllo della stessa per il resto del tempo. Un’occasione storica che il film di Pablo Larrain (l’ultimo di una trilogia) ci racconta come non fu sprecata.

Lo slogan fu La alegría ya viene (l’allegria, la felicità stanno arrivando). Il contrario di quello che l’opposizione frammentata (16 partiti) ma unita nel denunciare i crimini di Pinochet intendeva realizzare agli inizi della campagna elettorale. Appariva a tutti ovvio che bisognasse parlare di omicidi, torture, sequestri messi in campo per anni dal governo di Pinochet. Invece NO. Suggerita, diretta da uomini della pubblicità, la messa in onda dei 15 minuti al giorno fu mutuata proprio dagli spot televisivi. Il linguaggio risultò vincente. Parlarono d’altro. Di futuro, ottimismo, evitando l’ossessione del generale golpista. Dando per scontato tutto.

Larrain, il regista, ha raccontato di avere scelto di girare con una camera U-matic del 1983 per non creare differenze tra i materiali di repertorio e il girato attuale. Il risultato “poverista” è un impasto documentaristico che ci consegna un bel trattatello su cui riflettere, anche oggi. Leggo che pezzi di opposizione cilena, che trionfò nel referendum, sono molto critici sul film. Non fu la pubblicità – dicono – a sconfiggere il dittatore. Non entro nella disputa. Furono molti allora che si batterono per il non voto perché la partecipazione al referendum avrebbe legittimato il regime. E sindacati e movimenti registrarono al voto 7.5 milioni di nuovi elettori.

Gael Garcia Bernal nel film è il pubblicitario Rene Saavedra, l’inventore dello slogan positivo, personaggio dilatato nella fiction, come fanno i film, da sempre. Saavedra scommette sull’emozione, fattore scardinante nella scelta del voto. Non sulla lista degli orrori subiti. Non fa cenno allo stesso Pinochet. Come non esistesse.

Il Wall Street Journal ha fatto notare che l’ottimista Reagan aveva adottato un messaggio simile. Altri risalgono a Kennedy e, in generale, allo “spirito americano”. Si parla spesso, a vanvera, di guru americani, intendendo quelli degli Stati Uniti. Pablo Larrain allarga all’altra America l’influenza dei guru in politica.

PS: Il favorito per miglior film straniero è l’osannato Amour. Io voto NO.

Andrea Salvadore

Vive a New York e fa il regista. Ha un blog, Americana Tv