Fusione nucleare

Fusione nucleare. La fonte energetica definitiva, il Sacro Graal dell’energia, l’ultima frontiera dell’umanità. Parlare di fusione evoca immagini bucoliche di pace universale, abbondanza, prati verdi e arcobaleni colorati.

Mentre il mito della fonte di energia pulita e illimitata è vecchio come la civiltà umana, di fusione nucleare si parla da decenni. Da oltre 60 anni infatti la fusione nucleare è vista come l’erede naturale della fissione e, come tale, oggetto di ricerche. La fusione è stato raggiunta (sub break-even) in laboratorio e nella bomba a idrogeno. Ciononostante, l’applicazione commerciale di un reattore a fusione nucleare è da decenni “appena dietro l’angolo”, almeno secondo gli addetti ai lavori e alcuni esperti. Intendiamoci, che decenni di studi e eserciti di dottorandi non siano stati sufficienti a comprendere e controllare il processo di fusione non implica necessariamente che non ci riusciremo mai. Dopo decenni di promesse, però, forse è necessario fermarsi e fare un po’ di chiarezza.

I numeri della fusione

La fusione nucleare non va confusa con la più famosa e già commercializzata fissione nucleare delle centrali convenzionali. Schematizzando brutalmente, nella fissione nucleare si usano elementi pesanti come l’uranio di cui si spaccano i nuclei (fissione, appunto) per formare nuclei più piccoli. La somma delle masse dei nuclei risultanti dalla fissione dell’uranio è inferiore alla massa iniziale. La massa mancante viene rilasciata sotto forma di energia cinetica. In pratica, nella fissione nucleare viene liberata una parte dell’energia di legame dei nucleoni, le particelle costituenti il nucleo dell’atomo (uranio, nel caso della fissione). Per stimare i guadagni di energia dei processi nucleari, fissione o fusione che siano, ci si riferisce all’energia di legame per nucleone propria di ogni elemento. Il grafico sotto mostra i valori energetici, con indicati alcuni degli elementi più importanti o comuni per i processi nucleari.

Maggiore l’energia di legame per nucleone, più stabile e più difficile da manipolare risulta il nucleo atomico. Il ferro (Fe) ha una delle più alte energie di legame per nucleone, sopravanzato solo da un isotopo del Nickel.Non è un caso che circa un terzo dell’intera massa planetaria sia composta da una lega di ferro e nickel. Sul lato sinistro della curva, a sinistra del ferro (Fe), la fusione di elementi leggeri come l’idrogeno (H) o il litio (Li) porta ad un guadagno netto di energia, mentre a destra del ferro è necessario rompere (fissione) elementi pesanti come l’uranio per risalire la curva fino al valore di picco del ferro. In altre parole, la fusione produce energia netta per gli atomi più piccoli del ferro, mentre la fissione ha bisogno di elementi più pesanti del ferro per generare energia netta.

L’energia di legame per nucleone si misura in Mega-electron-Volt (MeV) corrispondenti ad una frazione assai piccola (10-20) di chilowattora (kWh). Dato che una utenza media casalinga consuma 3.500 kWh all’anno, qualcuno potrebbe dedurne che le energie in gioco siano insignificanti e che la fusione è una perdita di tempo. Niente di più errato. Il punto è che le energie descritte fin qui si riferiscono all’energia per atomo. Maneggiando il combustibile in grammi, ne esce che da un grammo (un-grammo) di deuterio è possibile ottenere circa 100.000 kWh di energia, equivalenti al consumo anno di circa 50 famiglie. Per confronto, da un grammo di uranio, con la fissione nucleare si ricava meno di un decimo della stessa energia, mentre l’energia chimica delle fonti fossili è un milione di volte più bassa. Altrimenti detto, l’energia nucleare è ben più potente di qualsiasi fonte fossile possiate immaginare e la fusione è la più generosa delle soluzioni nucleari conosciute.

Combustibile

deuteriotrizioI due cicli di fusione per i quali siamo in grado di produrre il combustibile fanno utilizzo di deuterio (D o H2) e/o trizio (T o H3). Il deuterio constituisce lo 0.01% dell’idrogeno presente in natura ed è quindi abbondante in qualsiasi cosa contenente idrogeno (come l’acqua, ad esempio). Il trizio, invece, è praticamente inesistente in natura perché è un elemento instabile e decade spontaneamente. Manco a farlo apposta, allo stato attuale delle tecnologia, i limiti fisici delle reazioni di fusione D-D sono semplicemente inarrivabili, per cui non c’è nessuna speranza di usare le reazioni D-D per produrre energia. Tocca quindi usare le reazioni D-T. In altri termini tutti gli sforzi attuali per ottenere una reazione di fusione si concentrano su una tecnica per la quale non ci sono risorse naturali disponibili.

Da dove si può ricavare il trizio? In breve, dal litio. Non è un mistero per nessuno che il litio sia un elemento relativamente scarso sul pianeta ma molto pregiato, soprattutto per le batterie delle auto elettriche e l’accumulo dell’energia in generale. Quanto litio servirebbe per fornire energia al pianeta con la fusione nucleare? Presto detto. Ogni reazione D-T comporta il rilascio netto di circa 20 MeV di energia termica. Sono allora necessari 1032 atomi di litio per produrre trizio a sufficienza per soddisfare la domanda energetica annua mondiale. Tradotto in tonnellate, stiamo parlando di circa il 5% della produzione mondiale di litio annua. Le riserve di litio attualmente conosciute basterebbero dunque per 9.000 anni di trizio. Molto più del petrolio.

Ora il deuterio. Quando ne serve? considerando i soliti 20 MeV ottenuti da una singola fusione D-T e un consumo energetico medio annuale di 1011 Joule l’anno per persona – la media degli Stati Uniti – ne risultano 1023 atomi di deuterio per persona all’anno per alimentare la fusione D-T necessaria. Come detto, il deuterio costituisce lo 0.01% dell’idrogeno presente in natura e abbiamo allora bisogno di 1027 atomi di idrogeno all’anno per persona per vivere di fusione nucleare. Numeri alla mano, stiamo parlando di circa 60 litri d’acqua all’anno. Una doccia. Altrimenti detto, usando la fusione nucleare in ciclo D-T come fonte energetica, avremmo abbastanza deuterio per alimentare il pianeta per miliardi di anni.

Confinamento

Il maggior ostacolo fisico all’ottenimento della fusione nucleare è la barriera coulombiana elettrostatica. I protoni sono carichi positivamente e, lo sapete tutti, cariche uguali si respingono. Per attivare la fusione nucleare bisogna portare i protoni a distanza molto ravvicinata (10-15 metri) e dunque vincere la repulsione elettrostatica. Questo richiede che le particelle vengano sparate una contro l’altra ad enormi energie cinetiche o, altrimenti detto, con temperature enormi. Per l’esattezza, la fusione D-T richiede una temperatura di 45 milioni di gradi, ben al di sopra della temperatura di fusione di qualsiasi materiale. Nessun materiale resiste sopra i 6.000 gradi senza liquefarsi e parlare di 45 milioni di gradi non è nemmeno divertente. Lo schema principale perseguito oggi per la fusione nucleare è quello del confinamento magnetico di un vessel di contenimento del plasma, che prende il nome di tokamak. In pratica, la traiettoria delle particelle cariche contenute nel plasma viene deviata tramite un campo magnetico fino a chiuderla su se stessa, in modo da confinare il plasma in uno spazio toroidale. Senza il contenimento magnetico, il ​​plasma perderebbe le particelle ad alta velocità, spegnendosi rapidamente.

Scendendo più sulla terra, va notato come la fusione D-T coinvolga anche neutroni ad alta energia che, essendo particelle prive di carica, non possono essere confinate da un campo magnetico come invece accade con il plasma. I neutroni ad alta energia sono pericolosi, causano danni strutturali al vessel di contenimento e tendono a legarsi ai nuclei pesanti presenti in processi spesso radioattivi. Insomma, anche nella fusione i problemi tecnici e i rischi non mancano, anche se sono generalmente meno gravi della fissione.

Prospettive

Attualmente il più importante esperimento di fusione nucleare è senza dubbio quello del progetto ITER. ITER sta per reattore sperimentale termonucleare internazionale ed è un tokamak in costruzione in Francia, con il sostegno scientifico e finanziario della comunità internazionale. Il costo totale dovrebbe aggirarsi sui 20 miliardi (!). L’obbiettivo di ITER è raggiungere un burst di 480 secondi di 500 MW di potenza – equivalente a circa 70 MWh di energia termica prodotta – per l’anno 2026. Per darvi un metro di paragone, l’Italia consuma circa 300 TWh all’anno di energia elettrica, 40 milioni di volte di più. Al momento non esiste un piano per catturare il calore generato dal tokamak di ITER e produrre energia elettrica. Siamo ancora allo stadio sperimentale.

In memoria storica, le tempistiche dell’energia nucleare si sono sempre dilatate assai rispetto alle previsioni iniziali. Il recente divorzio tra ENEL e EDF per la realizzazione di un reattore a fissione EPR (European Pressurized Reactor) a Flamanville, in Normandia, e degli altri cinque impianti da realizzare in Francia, a causa di ritardi (quattro anni) e incrementi nei costi (5 miliardi) ne è la dimostrazione plastica, l’ultima di una lunga serie. Anche se l’esperimento ITER avesse il successo sperato, staremmo comunque parlando del 2026 per concludere la fase sperimentale e dunque di altri decenni prima di vederne una applicazione commerciale di massa. Insomma, la fusione nucleare è un piano a lunghissimo termine, qualcosa di paragonabile alle colonie marziane, se volete, e di cui è virtualmente impossibile fare previsione di successo o insuccesso. Semplicemente, non abbiamo mai fatto nulla del genere, con tutte le incertezze che questo comporta.

Questo ovviamente non significa che ITER sia un progetto senza speranza. Significa invece che le dichiarazioni degli addetti ai lavori che la tecnologia a fusione è “appena dietro l’angolo” va inquadrata in un orizzonte pluri-decennale, possibilmente secolare. Tutto considerato, allo stato attuale della tecnologia, sembra molto più semplice ottenere energia dal sole tramite pannelli fotovoltaici o collettori termici. Allora perchè le rinnovabili, al contrario della fusione nucleare, non evocano le stesse immagini di pace e abbondanza universale? Le ragioni sono certamente tante, una su tutte è certamente l’idea del controllo totale della potenza. Se un pannello solare si limita a raccogliere l’energia del sole, quando c’è, come già facevamo nel medioevo con l’agricoltura, con la fusione nucleare e il tokamak stiamo di fatto creando qualcosa di simile a un sole in terra. Energia pulita, illimitata, inesauribile, sempre a nostra disposizione per qualsiasi cosa si desideri, che è un’altra cosa. Forse vi riusciremo, forse no. Certo è che la fusione nucleare è un problema di complessità superiore al normale. Se oggi è necessario un anno di studio intenso per padroneggiare la tecnologia delle centrali a carbone e cinque anni per la fissione nucleare, quanti anni di studio saranno necessari per operare la tecnologia di un tokamak a fusione nucleare?

Filippo Zuliani

Fisico, ingegnere, analista e acciaista. Vive e lavora in Olanda, tra produzione industriale e ricerca universitaria. Sul suo blog parla di energia, materie prime, materiali, trasporto più qualcosa di economia e storia. Sperabilmente con senno.