I santuari illegali di Napoli

I sigilli giudiziari apposti alla cappella “spontanea” che stava sorgendo in pieno Rione Traiano a Napoli in memoria di Davide Bifolco sono il primo timido segnale di minimali principi di legalità che provano a imporsi. Veramente poco, ma è qualcosa.
A chi, lontano da Napoli, osservava nei giorni scorsi che, se in quella città si fossero edificate cappelle per tutti i morti ammazzati per strada, si sarebbe dovuto elaborare un nuovo piano regolatore, hanno risposto le cronache locali: a Napoli è già così. La città è già disseminata di piccoli o grandi santuari, eretti nei luoghi dove si sono svolte mortali sparatorie di camorra: una peculiare forma di ricordo, nella quale al lutto dei famigliari e degli amici si associa e si intreccia la rivendicazione del clan di appartenenza. Un “segno” di presenza e controllo del territorio. Incontestato, in effetti, perché nessuna autorità si azzarda a rimuovere altarini e cappelle, per quanto platealmente abusive.

Si dirà che non è certo questo il problema più grave di Napoli.
È vero fino a un certo punto. Per le organizzazioni criminali i simboli del potere sono anche questi, e sono importanti. Specularmente, ognuno di essi è agli occhi dei cittadini emblema dell’assenza, dell’impotenza, dell’espulsione dell’autorità pubblica. Come si pretende di costruire credibilità e consenso intorno alla lotta anticriminalità, se innanzi tutto si perde la lotta sui simboli?

Qui la fragilità delle classi politiche locali diventa plateale. Si stenterebbe a credere, parlando di Napoli, che sia governata da un ex magistrato con la fama di duro. Ma il discorso vale in misura diversa per quasi tutte le metropoli meridionali.
Oggi De Magistris incontrerà la famiglia di Davide, estranea all’abusivismo funerario. È un’ottima iniziativa, è importante rimanere in sintonia col sentimento di dolore e anche con la percezione di un’ingiustizia per l’esito sproporzionato di un intervento di polizia. Come è stato importante che Renzi si sia fatto vedere, e torni, nella Terra dei Fuochi o a Scampia. Umanità e fermezza, applicazione della legge ma anche delle semplici regole urbane, un mix di atteggiamenti per provare a rompere il legame omertoso fra chi esercita e chi subisce la violenza quotidiana. Serve anche questo, oltre alla lotta anticriminalità di alto livello, per estirpare la letale civiltà parallela che cerca di gettare le sue fondamenta di cemento.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.