Custodi dell’ambiente

Il simbolismo pauperista ha conquistato gli italiani. Partiamo da qui. Negli ultimi tempi abbiamo potuto osservare Papa Francesco e lo stile neo-francescano e deputati italiani che salgono al Quirinale a piedi. Chiaramente il simbolismo è importante, ma quando cessa di avere un significato reale e diventa un esercizio di marketing a fini elettorali o propagandistici? Non la si prenda come una critica a chi usa i piedi per andare al Quirinale anzichè un’auto blu, ci mancherebbe. È un discorso molto più generale, sulla crescente esposizione di simboli pauperisti e sul loro utilizzo ad hoc, spesso fuori bersaglio, delle ultime settimane.

Parte uno: energia e povertà. Pochi giorni fa un articolo di The Oil Drum commentava il miglioramento delle condizioni di vita in India, dove fino a pochi decenni fa una larga parte della popolazione viveva in condizione di povertà disperata. Un po’ come in tutti i paesi del mondo, la transizione indiana è avvenuta grazie alla industrializzazione su larga scala del paese. Fondamentale è stato l’impiego di grandi quantità di energia e risorse naturali per la crescita continua del settore produttivo industriale. Tutto bello? Non proprio. Purtroppo i limiti fisici di approvvigionamento e accesso all’energia stanno causando non pochi problemi alla crescita indiana. Semplicemente detto, la rete elettrica indiana è fatiscente e non regge il carico crescente per l’aumento dei consumi. Il risultato è la generazione continua di black-out che rendono difficile gestire un qualsivoglia business in condizioni ottimali (i periodi di interruzione della corrente arrivano fino a 14 ore). La situazione è così critica che in alcuni luoghi i black-out sono entrati a far parte della quotidianità, con tutto ciò che ne consegue.

L’India è dunque alla disperata ricerca sul mercato di combustibili fossili per soddisfare il crescente fabbisogno energetico interno. A complicare le cose vi è il fatto che l’India è da tempo il più grosso acquirente di petrolio iraniano, tanto che le raffinerie indiane sono progettate per ricevere e lavorare il greggio iraniano, oggi oggetto di sanzioni internazionali. L’altro combustibile da cui l’India è dipendente è il carbone, di cui il paese possiede grandi riserve ma il cui sfruttamento non riesce a tenere il passo con l’incremento della domanda. Di conseguenza, l’India si trova a dover ricorrere sempre più all’importazione di carbone per usi termici e metallurgici con tutte le dipendenze dall’estero che questo comporta. Senza perderci nella geopolitica, le cose si riducono a questo: niente energia niente industrializzazione, niente industrializzazione niente miglioramento delle condizioni di vita (sanità migliore, scuole migliori, strade più sicure, pensioni più alte, eccetera). In altri termini, ed è il segreto di Pulcinella, senza disponibilità di energia e risorse naturali il meccanismo della crescita dell’economia produttivista moderna s’inceppa.

Parte due: Papa Francesco e il pauperismo francescano.

Vorrei chiedere, per favore a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo.

Questo è uno dei primi discorsi di Papa Francesco dopo la sua elezione. Sostenitore dello stile neo-francescano, semplice e umile, il nuovo Papa ha saputo già guadagnarsi un larghissimo favore in credenti e fedeli, assieme a una buona quantità di lodi sperticate. Il neo-pauperismo papale è stato raccolto da un mondo in grave crisi economica con gran fervore e bisogno ma con scarso spirito critico e, almeno fin qui, con altrettanto scarsi elementi fattuali. L’incitazione a farsi “custodi dell’ambiente” di Papa Francesco fa infatti molto politically correct ma poco altro. Primo perché distingue chi ha “ruoli di responsabilità” da tutti gli altri, uomini e donne di buona volontà, quasi accettando passivamente una distinzione del mondo tra “noi” e “loro”, tra chi ha in mano le leve del potere e chi non le ha. La conseguenza implicita è una certa indulgenza all’auto-assoluzione per quegli uomini e donne di buona volontà che non occupano posizioni di responsabilità. Insomma, niente potere liberi tutti. Come se per vendere l’auto e andare a piedi servisse il permesso del direttore generale. Secondo perché è ovvio che ognuno ha a cuore l’ambiente attorno a sé, governanti inclusi, a meno di non abbandonarsi alla logica del siamo tutti peccatori, logica per la quale l’opportunità fa l’uomo ladro e che individua i maggiori peccatori in coloro che occupano ruoli di responsabilità (i ricchi, in pratica). Davvero a Dio importa quanti soldi ognuno ha sul conto bancario? Terzo, l’incitazione ad assumere uno stile di vita pauperistico nell’accezione comune si traduce in una esortazione papale ad accontentarsi di poco, a non esagerare, a essere dunque “custodi della natura” consumando di meno. Come se per una mucca d’allevamento o un pollo da batteria facesse una qualche differenza se m’accontento di acquistare un hamburger al supermercato invece che comperarne due. E come se l’aereo per volare in Brasile e partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù non fosse alimentato della stessa benzina o cherosene degli aerei per andare in ferie a Formentera.

Nel proclamarsi davvero seguace della dottrina di San Francesco, il Papa non potrebbe esimersi dallo schierarsi *apertamente* contro l’assioma fondamentale dell’economia moderna produttivista, e cioè che le risorse naturali sono lì per essere prese dall’uomo e trasformate in benessere umano. Assioma tutto umano, non privo di risvolti etici, che nella moderna società produttivista oggi tutti danno per scontato. Petrolio e inquinamento a parte, davvero si pensa che le mucche da cui vengono prodotti gli hamburger siano felici di passare la loro vita in un recinto di due metri quadrati aspettando la macellazione? Ovviamente una dichiarazione del genere equivarrebbe a mettersi contro l’intero sistema economico mondiale. Vallo a dire a un venezuelano, un argentino o un brasiliano – i cui capi di stato erano presenti all’elezione di Papa Francesco – che trivellare petrolio non è esente da implicazioni etiche e che il mondo non ruota attorno al bisogno umano, cosa che San Francesco predicava ma che la Chiesa Cattolica ben si guarda da fare da almeno dieci secoli. Semplicemente detto, la dottrina di San Francesco stabiliva che l’uomo non è al centro del creato come normalmente si interpreta dalla Bibbia, e che all’ambiente va portato il medesimo rispetto che portiamo a noi stessi. Per San Francesco, la scelta della povertà non rappresentava tanto un atto di rinuncia, quanto uno spogliarsi delle cose materiali prive di significato vero. Se questo vuol dire rinunciare a iPod, Facebook o volare in Brasile, beh, davvero scambiare commenti in tempo reale sulla fetta di torta che avete mangiato ieri mattina aggiunge un significato imprescindibile alla vostra vita? Così avrebbe risposto San Francesco.

Parte tre: decrescita pauperista. Inevitabilmente qualcuno ha tentato di etichettare il nuovo Papa come grillino o decrescista. Gira in metrò, non ha la croce d’oro, ha il pulmino, la chiesetta, paga il conto dell’hotel, eccetera. Questi tentativi derivano dal recente successo elettorale del Movimento 5 Stelle che ha portato all’attenzione dei media i temi economici e ambientali della decrescita. La recente partecipazione a Ballarò di Maurizio Pallante, fondatore del Movimento della Decrescita Felice, ne è la dimostrazione plastica. Sulla decrescita questo blog ha già dato. Certo è che, nonostante il successo elettorale del Movimento 5 Stelle, le ricette economiche della decrescita risultano ancora incomprensibili ai più – i balbettii e le imprecisioni di Pallante a Ballarò non hanno certo aiutato – con l’inevitabile risultato di tradurre la decrescita in una sorta di medioevalismo immiserito e utopico. Trainati dal successo di Grillo, un po’ tutti i partiti hanno rilanciato la green economy a colpi di sostenibilità. Peccato che la declinazione di sostenibilità usata dalla politica poco o nulla abbia a che vedere con l’ambiente e si riferisca invece alla sostenibilità per le finanze pubbliche.

Il punto che Pallante non riesce a chiarire è che la decrescita semplicemente non può essere perseguita nel sistema economico produttivista moderno, figlio dell’antropocentrismo social-economico-religioso per cui l’uomo è autorizzato in qualità di re del creato a possedere e disporre liberamente di terre, animali, vegetali e minerali, come meglio preferisce. Come detto, questa è una scelta di carattere etico, certamente quella adottata ma non l’unica, per la quale vendere una vacca al mercato è assolutamente normale ma vendere uno schiavo allo stesso mercato è moralmente inaccettabile. Semplicemente, la società (e l’economia) moderna accetta questa separazione perché a noi va bene così: la mucca non protesta (ma le mucche protestano?), viene macellata e trasformata in hamburger con le cui tasse dalle attività correlate si costruiscono le scuole. Tutti contenti, mucche a parte.

Conclusione. Ecco, forse a questo punto lo avrete capito, farsi custodi della natura inteso come opporsi alla costruzione di centrali a carbone non sposta poi molto del rapporto antropocentrico moderno tra uomo e natura, almeno non finchè fedeli e non fedeli continueranno ad alimentare loro malgrado il sistema economico produttivista basato sullo sfruttamento intensivo e sistematico dell’ecosistema terrestre. Anche abbracciassimo tutti il pauperismo papale e consumassimo meno, l’aumento del numero di persone porterebbe comunque il sistema a incocciare i limiti fisici. Per ergersi davvero a “custodi della natura” in ossequio al ruolo che compete loro, Papa Francesco e il Vaticano non potrebbero che schierarsi apertamente contro la possibilità da parte dell’uomo di possedere le risorse naturali. Questo equivarrebbe niente meno che a un nuovo viaggio verso la terra promessa sulle orme di Mosè, che trentacinque secoli fa rifiutò l’iniquità dell’etica umana del tempo che considerava normale la schiavitù del suo popolo e attraversò il deserto. Senza la ridefinizione del concetto di risorsa naturale nell’economia moderna, parlare di ambiente, sostenibilità e superamento dell’economia tradizionale è niente più che un pio desiderio, con buona pace di Pallante, decrescisti e custodi dell’ambiente.

Filippo Zuliani

Fisico, ingegnere, analista e acciaista. Vive e lavora in Olanda, tra produzione industriale e ricerca universitaria. Sul suo blog parla di energia, materie prime, materiali, trasporto più qualcosa di economia e storia. Sperabilmente con senno.