Che cosa cambia tra i sondaggi, il voto e il dopo

Tripla premessa sui sondaggi sulle elezioni europee, perché non vengano presi come oracoli.
La prima riguarda l’insidia statistica annidata nel rischio di forte astensione, che potrebbe superare il 40 per cento: con un calo significativo del numero dei votanti attivi, anche le previsioni più attendibili possono ballare essendo pur sempre frutto di raffronti con sondaggi ed elezioni precedenti.

La seconda premessa è che la campagna elettorale non è ancora iniziata, e sta scendendo solo ora in campo colui che ne sarà protagonista, cioè Beppe Grillo. Cinquestelle è già dato molto bene dai sondaggi e nessuno può escludere che il tour del fondatore porti valore aggiunto. Non tanto quanto avvenne nel 2013 per le politiche, ma comunque in misura significativa.

La terza premessa, in contraddizione con la seconda, per ricordare che nelle elezioni con le preferenze i grillini, coi loro candidati estemporanei, hanno sempre pagato pegno contro altre liste più “rodate”. E per le europee la lotta per le preferenze è dura.

Fatte le debite avvertenze, quando tutti gli istituti in un discreto arco di tempo continuano a registrare una tendenza costante, il dato acquista attendibilità. E parliamo ovviamente della crescita del Pd, addirittura più d’un punto a settimana nelle ultime due. C’è chiaramente un effetto Renzi, che è positivo e rimarrà tale, con l’ovvia speranza da parte del Pd di un’ulteriore crescita a ridosso della realizzazione dei primi impegni di governo (soprattutto i famosi 80 euro in busta paga). Vedremo come il premier saprà giocare in apparente distacco dalla campagna elettorale di partito, in realtà incrociandosi con essa sul messaggio della riconquistata autonomia rispetto all’Europa delle burocrazie. L’offensiva tv è già massiccia, i dati di audience sono sempre incoraggianti.

La grande incognita sono i flussi in libera uscita dal centrodestra, dell’esistenza dei quali è prova indiretta l’ansia nel campo di Forza Italia alla vigilia della scadenza giudiziaria del 10 aprile. Si può immaginare che chi si distaccca da Berlusconi non vada a premiare immediatamente uno tra Renzi e Grillo. Il che rafforza la previsione sull’astensione e già ci proietta, nel dopo-europee, in un quadro politico perfino più fluido di adesso: come reggerà Forza Italia all’urto? Chi sarà messo meglio per avvicinarsi al suo elettorato messo in freezer, e quando vorrà provare a farlo?

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.