C’è chi dice che le donne non siano adatte a fare startup: dimostriamogli che sbaglia…

Le startup sono un fenomeno solo maschile? In questi anni me lo sono spesso chiesto e la risposta che mi sono dato è sempre stata: no. Non si tratta di una risposta ideologica, ma pratica, dettata dall’esperienza. Ho avuto la fortuna infatti di partecipare a tanti eventi con startup in gara e ho sempre notato un equilibrio fra maschi e femmine, e sempre più spesso dei team misti che mi sembrano la cosa migliore dal punto di vista della funzionalità. Ai blocchi di partenza quindi posso dire che c’è una sostanziale parità. Le cose cambiano molto al traguardo. Infatti quando come giornalista sono andato in cerca di startup di successo, cioè che fossero partite e che avessero ottenuto finanziamenti di venture capital, consacrazione sul mercato e magari anche una exit milionaria, qui il discorso era totalmente diverso. Qui, al traguardo, c’erano – quasi sempre – solo maschi. Perché? Non avevo una risposta quando mi sono imbattuto in un bel post di Alberto Onetti. Alberto Onetti è un professore di innovazione all’università dell’Insubria ed è il chairman della fondazione Mind the bridge, che si occupa con buoni risultati di creare un ponte fra l’Italia e la Silicon Valley. Insomma Onetti è uno che sa. La sua Mind the bridge per esempio, nell’ultimo report sulle startup italiane rivela che nell’87 per cento dei casi sono un affare per maschi. “Non è un problema solo italiano” avverte Onetti riportando il contenuto di una ricerca molto più ampia condotta sul database di Startup Genome da Pemo Theodore.
La ricerca americana sostiene che mentre non c’è una minore propensione delle donne a fare impresa, anzi, come amministratori delegati spesso ottengono risultati migliori dei maschi in termini “fatturato per capitali investiti”; invece c’è un “gender gap” per le startup, ovvero per “il segmento delle imprese innovative ad alto potenziale di sviluppo il cui sviluppo passa attraverso capitali di terzi”. Perché accade? Per alcuni sostanziali differenze caratteriali, risponde la ricerca. Onetti ne elenca alcune
– le donne hanno una minore propensione al rischio, sono più prudenti.
– le donne sono più pragmatiche e quindi non pensano abbastanza in grande.
– le donne hanno più difficoltà a chiedere soldi a terzi (i venture capitalist).
– le donne sono più trasparenti, ovvero più sincere: vuol dire che chiedono esattamente i soldi di cui hanno bisogno mentre gli uomini tendono a chiedere il doppio nella speranza di ottenere la metà.

Non so se queste differenze esistano e pesino davvero (ma Onetti sembra dargli molto credito augurandosi però un 2012 all’insegna di startup femminili). So che mi piacerebbe scoprirlo. Mi piacerebbe scoprire storie così da raccontare. Per esempio: dove sono andate a finire le aspiranti startupper che ho presentato in questi anni? Andrò a cercarle. Sarebbe importante capire se in qualche modo stiamo ostacolando le giovani di questo paese a fare una impresa o se piuttosto “non vogliono” o “non ce la fanno” come certi luoghi comuni vorrebbero farci credere.
In questo contesto mi è molto piaciuta la risposta che al post di Onetti è arrivata da Gioia Pistola, una startupper molto grintosa che ho incontrato qualche mese fa in Toscana e che mi aveva colpito per la sua determinazione. Scrive Gioia Pistola: “Personalmente, alla domanda, should we generalize about gender? Io rispondo si per alcuni versi: pragmatismo, empatia, tenacia, abitudine a fare il doppio dei task, caratterizzano le donne sul lavoro e nella vita in generale. Rispondo no perchè la generalizzazione è il primo passo per pensare in modo sterile senza guardare tutte le variabili in campo. Per l’esperienza che sto vivendo gestendo una startup, posso dire che la componente femminile al comando da un boost notevole, anche nel fundraising e nella tenuta dello stress, e mi auguro per me stessa di dimostrare una forte voce femminile nel campo dell’innovazione tecnologica nel campo mobile”.
In bocca al lupo Gioia. E mi associo, modificandolo un po’, all’augurio del professor Onetti: che quest’anno ci regali un’ondata di startup, anche femminili. Ne abbiamo bisogno se davvero dobbiamo far ripartire l’economia e creare posti di lavoro.

(post scritto per Repubblica Sera, riproposto qui per gentile concessione)

Riccardo Luna

Giornalista, sono stato il primo direttore dell'edizione italiana di Wired e il promotore della candidatura di Internet al Nobel per la Pace. Su Twitter sono @riccardowired Per segnalare storie di innovatori scrivetemi qui riccardoluna@ymail.com. La raccolta dei miei articoli per Wired è un social-ebook scaricabile da www.addeditore.it.