A Perugia non c’è la pena di morte

Ieri uno dei due pubblici ministeri che conducono l’accusa contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito ha detto di loro: «Sono giovani ma hanno ucciso. Sono giovani ma hanno ucciso. Hanno ucciso per nulla». Per nulla. Non c’è il movente? Non importa: per nulla. Lo stesso pm poi ha detto: «Per questo vanno condannati al massimo della pena che per fortuna in Italia non è la pena di morte». E questo che c’entra? Vuol dire che siccome uno dei due imputati è americano deve ritenersi fortunato? Guarda, sei fortunata che qui da noi non c’è la pena di morte mentre in quel paese da dove vieni…

L’altro pubblico ministero, che ha condotto le indagini fin dal primo momento, ha detto: «Se li assolvete, scapperanno all’estero». Se li assolvono, sono innocenti, e da innocenti e liberi non scappano, vanno dove vogliono andare. Dopo quattro anni di carcere. Lo stesso pm ha detto: «Per cambiare l’immagine di Amanda Knox la famiglia ha speso un milione di dollari». Mi sembra una cifra notevole, non so se sia vero. Quanto ai risultati, però… Vorrei aver fatto una rassegna stampa dal novembre 2007 a oggi. Il giorno dopo l’arresto per i giornali il caso era chiuso, a prova di bomba. C’erano i colpevoli certi, i due baby killer dalla faccia pulita, bei mostri in miniatura da sbattere in pagina. Da allora è stato così.

L’altro giorno una persona mi chiedeva “Ma tu davvero pensi che siano innocenti?” come se fosse la cosa più strana del mondo. Ho risposto «Sì» e lei ha ribattuto «E i festini?», «Ma quali festini?» «Quelli droga e sesso» «Ma quali festini droga e sesso?» «Quelli, quelli lì». Questo è rimasto: immaginari festini a base di droga e sesso, ne parlarono i giornali per qualche settimana poi lasciarono perdere anche loro. Però la cosa è rimasta sottopelle, eccome se è rimasta. Un’altra persona mi ha detto, «Certo, Sollecito è figlio di un medico, se la caverà». Mah.

Meredith Kercher è stata dimenticata in questo processo, la vittima è sullo sfondo, in secondo piano. La sua famiglia ha una dignità estrema, credo abbia assistito sbigottita al processo d’appello. La mamma di Meredith ha detto: «Nel primo processo le prove erano inoppugnabili, adesso le prove non ci sono più. Che cosa è successo?».

Una settimana fa l’accusa ha detto alla giuria: «Guardate a questo processo con gli occhi della mamma di Meredith». Ma la giuria, da che diritto è diritto, deve guardare con gli occhi della giuria, equilibrata e imparziale. Deve guardare le prove e le testimonianze. Deve guardare i fatti, dovunque siano e verso qualunque strada portino.

Lunedì ci sarà il verdetto, questa storia è stata trasformata in uno scontro tra Italia e Usa, tra due sistemi di giustizia, tra due modi di vedere la stampa e l’atteggiamento dei giornali durante un processo. Ma non c’è nessuno scontro. C’è una ragazza assassinata, un ragazzo condannato in via definitiva per quell’omicidio e due altri ragazzi che aspettano di sapere il loro destino. In mezzo ci sono le perizie scientifiche che, in questi mesi di processo d’appello, hanno detto molto, per chi è stato a guardare e ad ascoltare.

Stefano Nazzi

Stefano Nazzi fa il giornalista.