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  • Mercoledì 2 novembre 2022

La destra di Netanyahu ha vinto le elezioni israeliane

Per la prima volta da diversi anni il parlamento avrà una maggioranza netta, con una grossa componente di estrema destra

(AP Photo/Tsafrir Abayov)
(AP Photo/Tsafrir Abayov)
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La coalizione di destra guidata dall’ex primo ministro Benjamin Netanyahu ha vinto le elezioni parlamentari che si sono tenute martedì in Israele. Sono state le quinte elezioni in quattro anni: quelle precedenti non avevano prodotto alcuna maggioranza chiara. Netanyahu tornerà quindi primo ministro dopo un anno all’opposizione di un governo molto litigioso ed eterogeneo, caduto a giugno per tensioni interne alla maggioranza, che andava dalla sinistra alla destra nazionalista. Netanyahu è già stato primo ministro per un totale di 15 anni nella sua carriera politica.

A scrutinio quasi completato, la coalizione di destra dovrebbe ottenere 65 seggi parlamentari su 120, 4 in più di quelli necessari per formare una maggioranza di governo. Il partito di Netanyahu, il Likud, è risultato di gran lunga il più votato, come si attendevano i sondaggisti.

Al secondo posto è arrivato il partito centrista del primo ministro uscente Yair Lapid, mentre al terzo il cartello elettorale di estrema destra formato da Potere Ebraico e dal Partito Sionista Religioso: i commentatori politici israeliani li stanno indicando fra i principali vincitori di queste elezioni, dato che fino alle scorse elezioni erano ai margini della vita politica e potevano contare su pochissimi parlamentari.

Nel nuovo governo avrà verosimilmente un ruolo di primo piano il loro leader Itamar Ben-Gvir, noto attivista e avvocato di estrema destra, famoso da anni per le sue posizioni violente e razziste.

Parlando ai suoi sostenitori nella notte fra martedì e mercoledì, Ben-Gvir ha festeggiato l’ottimo risultato dell’alleanza elettorale di estrema destra dicendo che «è tempo di tornare padroni di questo paese». Ben-Gvir ha aggiunto che i suoi elettori «vogliono camminare per strada in sicurezza, non vogliono che i nostri soldati e i nostri poliziotti abbiano le mani legate, e chiedono di separare le persone leali allo stato di Israele da quelli che vogliono compromettere la sua esistenza». Ben-Gvir si riferisce soprattutto agli arabi-israeliani, contro cui da anni rivolge insulti e critiche razziste.

(AP Photo/Oren Ziv)

Netanyahu invece ha tenuto un discorso della vittoria molto più moderato. Dopo essere arrivato alle 3 di mattina nella sede del suo comitato, ha annunciato che formerà presto un governo «che si prenderà cura di tutti», dato che a suo dire Israele «rispetta tutti i suoi cittadini». Nel suo discorso Netanyahu non ha citato nessuna delle proposte più estremiste dei suoi alleati, fra cui ci sono diversi partiti che rappresentano la comunità ebraica ultraortodossa (Ebraismo della Torah Unito) e ortodossa di origine nordafricana e mediorientale (Shas).

Alcuni commentatori, come la giornalista Lahav Harkov del Jerusalem Post, sono convinti che prima di formare un’alleanza con i suoi alleati più estremisti Netanyahu cercherà di ottenere l’appoggio anche del partito centrista di Benny Gantz, ministro uscente della Difesa, che potrebbe causargli meno imbarazzi. Gantz ha promesso di non appoggiare un governo guidato da Netanyahu, ma le posizioni del suo partito e del suo elettorato non sono così distanti da quelle del Likud.

Il partito di Lapid, Yesh Atid (il secondo in assoluto), ha ottenuto il miglior risultato della sua storia con 24 seggi, ma la coalizione dei partiti tradizionalmente contrari a Netanyahu è arrivata molto al di sotto della soglia dei 61 seggi. Il Partito Laburista ha ottenuto 4 seggi, la sinistra radicale di Meretz potrebbe non entrare in parlamento: mancano alcune decine di migliaia di voti da scrutinare e per ora è sotto alla soglia di sbarramento prevista al 3,25 per cento dei voti. Rimarrà quasi certamente fuori Balad, un partito di sinistra che rappresenta gli arabi-israeliani.

A queste elezioni i partiti della comunità araba si sono presentati divisi, e dai primi risultati sembra che l’affluenza nei collegi abitati prevalentemente da arabi-israeliani ne abbia risentito. L’affluenza totale invece è stata la più alta da diversi anni: ha votato il 71,3 per cento degli elettori, il dato più alto dal 2015.